La ‘desistenza’ anti-destra spacca la Francia ma gratifica Emmanuel Macron

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I dati sono  chiarissimi: con l’exploit del Nuovo Fronte Popolare, Emmanuel Macron che si rialza e gode del caos e dell’ingovernabilità, Marine Le Pen che frena e scivola al terzo posto e restituisce la mappa di un’Assemblea Nazionale divisa in 3 blocchi e la formazione di un nuovo governo appare un rebus.

Il voto premia il Nuovo Fronte Popolare (Nfp). Il blocco di sinistra avrebbe tra 182 e 193 seggi, lontanissimo dalla maggioranza assoluta di 289 deputati. La coalizione presidenziale Ensemble, dopo il flop del primo turno, si risolleva issandosi a quota 157-173. Deludente il bottino del Rassemblement National: il partito di Le Pen, con Jordan Bardella che veniva accostato alla carica di premier, si fermerebbe a 136-144 seggi dopo il round condizionato dalle alleanze e dai patti di desistenza anti-destra. A completare il cuore di un’assemblea frazionata, i Repubblicani con 67 seggi. All’interno del Nuovo Fronte Popolare, la France Insoumise di Melenchon si aggiudicherebbe tra i 73 e 80 seggi. Il Partito socialista si attesta tra i 60 e i 64 seggi, i verdi tra i 33 e i 36 seggi e i comunisti tra 11 e 12 seggi, in base alle stime dell’Istituto Ipsos con il gruppo Talan per France Télévisions, Radio France, France 24/Rfi et Lcp-Assemblée nationale.

Nella maggioranza presidenziale, Renaissance otterrebbe dai 95 ai 98 seggi, il Modem da 32 a 34 seggi e Horizons di 25 a 26 seggi. Per il Rassemblement National e i suoi alleati, il RN si aggiudicherebbe tra i 124 e i 128 seggi e la frazione di LR di Eric Ciotti otterrebbe tra i 14 e i 17 seggi.

I seggi in Assemblea nazionale partito per partito

Secondo gli ultimi dati riferiti da Le Monde, il risultato elettorale in termini di coalizioni, che specie per il Nuovo Fronte Popolare sarebbe più opportuni chiamare cartelli elettorali, è stato questo: il Nfp ha ottenuto 182 seggi, Ensemble di Macron a 168 seggi, il Rassemblement National e alleati a 143 seggi, i Républicains a 45 seggi, altri di destra 15 seggi e altri di sinistra a 13 seggi. Se però si guarda allo specifico dei partiti il quadro restituito dalle urne è che il Rn ha preso 125 seggi, aumentando del 50% la sua precedente pattuglia parlamentare che era di 82 deputati, e i Repubblicani di Eric Ciotti ne hanno presi 17. Nell’Ensamble voluto da Macron, il partito del presidente ha preso 102 seggi a fronte dei 154 della precedente tornata, gli alleati di Modem ne hanno presi 33 a fronte dei precedenti 46, gli indipendenti di centro 3, Horizons dell’ex premier Philippe 26 contro 27, i restanti sono stati distribuiti tra altre forze minori. Infine il Nuovo fronte popolare, dove La France Insuomise di Mélenchon ha preso 74 seggi più tre di dissidenti (erano 72), il Partito comunista ha preso 9 seggi perdendone tre, i socialisti ne hanno presi 59 raddoppiando i precedenti 28, Generation.S ne ha presi 5 rispetto ai 4 precedenti e i verdi ne hanno presi 28 da 15 che erano. A questi vanno aggiunti una decina di deputati indipendenti di sinistra, una ventina di destra e 9 regionali.

Il premier Gabriel Attal ha dato le sue dimissioni e spetterà  al presidente Emmanuel Macron nominare un nuovo primo ministro che proporrà a sua volta la formazione del nuovo governo. “Emmanuel Macron ha il dovere di invitare il nuovo Fronte popolare a governare”, ha detto dopo la vittoria il leader degli Insoumis Jean-Luc Me’lenchon. In assenza di una maggioranza assoluta, i ribelli propongono di approvare parte del loro programma (aumento del salario minimo, blocco dei prezzi, abrogazione della riforma delle pensioni, in particolare) tramite decreto. Ma questo esecutivo potrà sopravvivere solo se non verrà votata una mozione di censura nell’Assemblea Nazionale. Un’alleanza con i Repubblicani potrebbe consentire ai macronisti di restare a galla. Secondo il conteggio di Elabe, sarebbero in tutto 231 i deputati tra Ensemble, Les Re’publicains, piu’ altri di destra o dell’UDI eletti all’Assemblea nazionale.

Intanto, al presidente arrivano i messaggi perentori di chi si reputa vincitore senza discussioni. “Abbiamo ottenuto un risultato che ci dicevano fosse impossibile”, dice Jean-Luc Melenchon, leader di La France Insoumise che fa parte del NFP, chiedendo che “la volontà del popolo venga rigorosamente rispettata” e parlando di “sconfitta” per Macron e la sua coalizione.

All’interno del Fronte, però, non mancano i distinguo. L’NFP “è la prima forza dell’Assemblea nazionale ma, diciamolo, non abbiamo la maggioranza assoluta”, dice il leader socialista Raphael Glucksmann, dopo il successo della coalizione di sinistra. “Dovremo imparare a discutere e a dibattere”, afferma, sottolineando la necessità di una “rivoluzione culturale” nel Paese. “Siamo obbligati a comportarci da adulti e i governi del 49,3 appartengono al passato”.

Il ‘grande sconfitto’ di questo secondo turno è sicuramente Bardella, arrivato a queste elezioni come premier ‘in pectore’ e costretto ancora una volta probabilmente all’opposizione. Bardella è deluso e non  nasconde la rabbia per un cartello elettorale che ha impedito al RN di conquistare il governo: “Un’alleanza del disonore getta la Francia tra le braccia dell’estrema sinistra di Jean-Luc Melenchon. Il Rassemblement National incarna più che mai l’unica alternativa e sarà al fianco del popolo francese. Non vogliamo il potere fine a se stesso, ma per restituirlo ai francesi, stasera è caduto un mondo vecchio e nulla può fermare un popolo che ha ricominciato a sperare’.

“La marea continua a salire, la nostra vittoria è solo rimandata”, dice Marine Le Pen a Tf1 dopo il deludente risultato. “Ho troppa esperienza per essere delusa da un risultato che raddoppia il numero dei nostri deputati”, rimarca la leader nazionalista francese, secondo cui “se non fosse per questo accordo innaturale tra Macon e l’estrema sinistra, il Rassemblement National avrebbe la maggioranza assoluta”.

Chi invece festeggia è l’ex presidente socialista, Francois Hollande, vincitore nel suo collegio e quindi eletto all’Assemblea nazionale: “Ho deciso di candidarmi qui in Correze, dove ho sempre tratto la mia legittimità. Ho sentito che il mio dovere, nonostante le cariche che ho ricoperto, era quello di fare tutto il possibile per impedire all’estrema destra di andare al potere, ma anche di aprire un percorso di speranza”, dice escludendo un ruolo in relazione all’esecutivo: “Non sono candidato” per formare il nuovo governo.

  COMMENTI

Sta tutto nei numeri il paradosso della politica francese e del suo sistema elettorale visto che  il Rassemblement National, che è stato complessivamente sconfitto ed è l’unica forza esclusa dai ragionamenti sulla difficilissima formazione del prossimo governo, è in realtà il primo partito dell’Assemblea Nazionale. Da solo ha ottenuto 125 seggi a fronte dei 102 di Renaissance di Macron e degli appena 74 di Lfi di Mélenchon.

punto chiave di questa fotografia, però, non sono i numeri, ma il “da solo” che, nel contesto della conventio ad excludendum così cara oltralpe, determina lo scenario con cui si misura oggi la Francia.

Marine Le Pen lo ha chiarito nel suo commento al voto subito dopo la chiusura delle urne: “Siamo il primo partito di Francia. La marea sale, non è salita abbastanza in alto oggi, ma continua a salire”, ha aggiunto parlando all’emittente Tf1 e chiarendo che “ho troppa esperienza per essere delusa da un risultato in cui raddoppiamo il nostro numero di deputati”. Non si tratta di un semplice “contentino”, del modo in cui una forza sconfitta cerca di consolarsi e darsi forza, ma di un dato politico che va letto nel complesso di un quadro in cui i vincitori alle urne, così profondamente percorsi da divisioni e ostilità reciproche, si misurano con tutte le premesse per la sconfitta alla prova di governo.

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