I punti di forza e le debolezze della democrazia americana

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L’attentato, per fortuna fallito, a Donald Trump durante il comizio in Pennsylvania , da condannare unanimemente , mette in evidenzia di nuovo le fragilità di una democrazia , quella degli USA, che come disse Jon Kennedy , è un esperimento affidato nelle mani degli americani. Volendo analizzare i punti deboli e quelli forti di questa straordinaria democrazia, non posso non riferirmi al libro di un grande politologo e filosofo francese, Alexis de Tocqueville che nel 1835 e poi nel 1840 , scrisse un celeberrimo saggio : La democrazia in America. Nel libro , il filosofo e politologo francese mette in evidenza le debolezze e i punti di forza di quella democrazia Compie un viaggio negli Stati Uniti per capire gli usi e i costumi alla base di quell’ordinamento di Stati e ne trae queste argomentazioni . La democrazia americana , come del resto le società democratiche moderne, sono caratterizzate da un dispotismo non tirannico: il problema della tirannia della maggioranza non si esaurisce con il fatto che i pochi devono sottostare al volere dei molti, ma anche con il fatto che i molti devono dominare l’opinione pubblica , spingendo la società verso un pensiero unico. La tirannia della maggioranza non è una tirannia materiale che ha come obiettivo i corpi, ma una tirannia strisciante che si incunea nel pensiero , generando dei perenni esclusi , cioè coloro che hanno posizioni estreme lontane sia dalla maggioranza , sia dalle minoranze. Ma la democrazia ha in se degli antidoti : il primo è lo spirito delle leggi, il secondo è l’associazionismo ottima contromisura alla tirannia della maggioranza, in quanto capace di aggregare persone intorno ad un’idea e attaccare il pensiero unico. In questi ultimi anni la democrazia americana è a corto di antidoti, e l’esperimento di affidarla nelle mani degli americani sembra vacillare. L’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021ne è un esempio così come come lo è stato il dibattito tra i due candidati alla Presidenza , del fine giugno scorso. La crisi della democrazia americana soffre , come quella di tante altre democrazie, di una crisi endemica dei partiti, ma in America si amplifica perché parliamo della più grande potenza del mondo e come tale se non gestita potrebbe avere effetti devastanti per l’intero pianeta. Il partito democratico americano , mai come in questo momento, sta vivendo una crisi identitaria che porta a grandi divisioni interne. Biden , candidato alle prossime presidenziali, versa in condizioni psico fisiche non ottimali, ma non vuole farsi da parte , nonostante le pressioni che vengono dal basso e dall’alto, che coinvolge i donatori e i deputati, i leaders e il mondo democratico. In questa situazione è possibile una vittoria dei repubblicani che gli permetterebbe conquistare la maggioranza sia alla Camera che al Senato. Se Biden si convincesse e decidesse di rinunciare , i democratici potrebbero scegliere un nuovo candidato, più giovane, magari donna. A questo punto Trump apparirebbe un personaggio politico del passato , figlio di una stagione politica archiviata dalla storia , ormai in declino. Un esponente democratico della nuova generazione, con l’appoggio di Obama, Clinton e dello stesso Biden, si potrebbe presentare agli occhi dell’opinione pubblica americana , come l’erede di quella politica che è capace di aggregare e che ha fatto vincere sempre i democratici, a partire da Roosevelt e Kennedy. Certo il tempo che resta è poco, ma prolungare quest’agonia vorrebbe significare, spianare la strada a Trump verso il secondo mandato. Quindi una nuova candidatura sarebbe la vera novità di questi mesi. Dovrà prevalere la legge della real politik.

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