UE: siglato accordo con la  Serbia su migrazioni

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La Commissione europea ha siglato un nuovo accordo con Belgrado per rafforzare la cooperazione nel controllo delle migrazioni. L’accordo sottoscritto con la Serbia  mira a facilitare la cooperazione operativa tra Belgrado e l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera di “Frontex”. Il patto “permetterà a Frontex di effettuare operazioni congiunte e dispiegare il corpo permanente della guardia di frontiera e costiera su tutto il territorio della Serbia, compresi i suoi confini con i paesi non appartenenti all’UE”. La nuova intesa vuole essere un tassello importante di cooperazione operativa, iniziata nel 2021, nell’ambito della quale 111 agenti di Frontex sono stati impiegati in Serbia nei pressi dei confini con Bulgaria e Ungheria. Rispetto alla precedente normazione che consentiva all’agenzia europea di effettuare operazioni soltanto lungo i confini tra Serbia e stati membri dell’UE (Romania, Bulgaria, Ungheria, Croazia), con la regolamentazione la partnership è stata rafforzata, prevedendo la possibilità per Frontex di sostenere le guardie di frontiera serbe nel pattugliamento dei confini con Macedonia del Nord, Bosnia Erzegovina e Montenegro, ma, anche, nel controllo del confine con il Kosovo, che la Serbia non riconosce come stato sovrano. La Commissaria europea per gli Affari Interni, Ylva Johansson, ha evidenziato tutte le novità sancite dal nuovo accordo, sostenendo che “sotto la guida delle autorità serbe, sempre su loro iniziativa, Frontex d’ora in poi potrà sostenere le guardie di frontiera e forze dell’ordine serbe anche lungo i confini con la Bosnia Erzegovina e la Macedonia del Nord”. Per il governo di Belgrado, si legge in una nota ufficiale, “ogni poliziotto dell’UE che si unirà alla polizia di frontiera serba contribuirà a fornire un’ampia risposta alle sfide della lotta all’immigrazione irregolare”. Adesso, però, per rendere operativa la nuova intesa si attende l’approvazione del Parlamento europeo e del Consiglio dell’UE, che precederà la ratifica del parlamento di Belgrado. Ma la situazione migratoria nel Paese balcanico è, alquanto, complessa e strategica. Infatti,la Serbiaper la sua posizione geografica e suo confinare con alcuni stati membri dell’UE, è stata spesso il principale Paese di transito sulla rotta dei Balcani occidentali. Oggi, però, l’attuazione di tutta una serie di misure di sicurezza, sempre più rigide, introdotte negli ultimi anni con l’intento di deviare e rallentare i migranti, ha stravolto le dinamiche delle rotte migratorie. “Parte della pressione si è spostata dalle frontiere serbe al confine tra UE e Bosnia Erzegovina, dove nei primi undici mesi del 2023 il numero di attraversamenti illegali è aumentato di circa l’80% rispetto allo stesso periodo del 2022”, rende noto Frontex. Ma a ben guardare i dati resi noti dalle autorità serbe per i rifugiati e le migrazioni, nei primi quattro mesi di quest’anno il numero di migranti in Serbia è diminuito del 73 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Dei sedici centri di accoglienza per migranti e richiedenti asilo presenti sul territorio serbo, cinque strutture, ubicate nei pressi del confine con Croazia e Ungheria sono, attualmente, chiuse. A ciò va aggiunto che gli sfratti dai centri a causa del sovraffollamento sono diventati una prassi comune e almeno un centro ha smesso di prendere in carico nuove richieste di asilo. Da più parti si chiede che dovrebbe essere rafforzata grazie alla collaborazione con Frontex, in quanto la polizia serba è stata, più volte, accusata di respingere con violenza i migranti che tentano di entrare nel Paese. Lo scorso mese di febbraio un gruppo di circa una cinquantina migranti è stato costretto a lasciare il centro di accoglienza di Obrenovac, per poi essere respinto verso la Bulgaria. Tre mesi fa un giovane marocchino ha raccontato  di come alcuni agenti serbi abbiano picchiato tre giovani migranti e distrutto i loro cellulari, per poi costringerli a lasciare la Serbia. È emerso, anche, un video che mostra un gruppo di migranti costretti a spogliarsi prima di essere respinti dalla Serbia verso la Macedonia del Nord. In realtà testimonianze simili arrivano, anche, dalla Romania. Oggi, però, il governo serbo ha aperto nuovi punti di controllo nei pressi dei confini con Ungheria, Bosnia Erzegovina, Macedonia del Nord e Bulgaria, proprio mentre dall’inizio di maggio, agenti di Frontex, italiani e tedeschi hanno iniziato a operare nel nord del Paese. Secondo un rapporto diffuso da EUobserver sembrerebbe che i migranti che attraversano la rotta balcanica, a causa dell’eccessiva prescrizione di farmaci, solitudine e mancanza di strutture sanitarie adeguate, rischiano di sviluppare una dipendenza da farmaci utilizzati per trattare epilessia, ansia e attacchi di panico. Secondo testimonianze raccolte in loco da attivisti sembrerebbe che “anche quando qualcuno lamenta mal di testa o insonnia, i medici rispondono somministrandogli immediatamente forti antidepressivi e ansiolitici”. Purtroppo, oggi, in Serbia l’assistenza sanitaria è considerata inadeguata anche a causa del sovraffollamento e della carenza di servizi e operatori sanitari. L’ultimo accordo sottoscritto, in ordine di tempo, tra Serbia e Frontex prevede l’esternalizzazione della gestione delle frontiere europee nell’ambito del Piano d’azione  per la cooperazione con i Balcani occidentali in materia migratoria. Una prassi questa che si inserisce in una lunga serie di accordi siglati tra UE e paesi terzi allo scopo di rafforzare le frontiere esterne dell’Europa. A maggio scorso, in seguito al disco verde del Parlamento europeo, il Consiglio dell’UE ha approvato il Patto sulla migrazione e l’asilo, stabilendo nuove norme per la gestione delle migrazioni e per un sistema comune europeo di asilo. Il nuovo Patto punta sulla cooperazione con i Paesi di origine e di transito dei migranti, con particolare attenzione ai Balcani volendo “facilitare le operazioni di rimpatrio verso i cosiddetti ‘paesi terzi sicuri’ e di rafforzare l’esternalizzazione del controllo delle frontiere al di fuori dell’UE”. Come dire una nuova e particolare attenzione rivolta ai Paesi dei Balcani che attraverso questo nuovo accordo viene rafforzata dal Piano d’azione che mira a sostenere gli stati membri esposti a pressioni migratorie lungo la rotta balcanica. La Commissione europea fa sapere che l’obiettivo del piano è quello di rafforzare il controllo delle frontiere, garantire procedure di asilo rapide, combattere il traffico di migranti e intensificare la cooperazione con i partner dei Balcani occidentali in materia di migrazione e gestione delle frontiere. Negli ultimi anni, l’UE sulla scorta dell’adozione di questi piani, ha voluto rafforzare i partenariati nella regione, firmando nuovi accordi di cooperazione nella gestione delle frontiere tra Frontex e Moldavia (2022), Macedonia del Nord (2023), Montenegro (2023) e Albania (2024). Pare, però, che come sostengono, le inchieste di BIRN  Solomon  che, parallelamente a quanto accade in Serbia, gli agenti di Frontex, pur essendo al corrente, ignorano i respingimenti in Bulgaria e Albania. Va detto, però che gli accordi sottoscritti fino a oggi e il potenziamento delle misure di sicurezza hanno contribuito a ridurre del 71 per cento il numero di arrivi irregolari dalle frontiere nei Balcani occidentali nei primi cinque mesi del 2024. Ma nonostante il calo migratori, la rotta dei Balcani da decenni resta è uno dei percorsi più battuti e pericolosi verso l’Europa. Solo nel 2023, secondo i dati diffusi da Frontex, sono stati circa 100 mila gli attraversamenti irregolari delle frontiere nei Balcani occidentali. D’altro canto, però, considerando la difficoltà di accertarne il dato sembrerebbe che il numero preciso dei morti lungo la rotta balcanica sia decisamente sottostimato; Secondo  “Missing Migrants” dal 2014 a oggi sarebbero 377 le persone scomparse nel tentativo di attraversare i Balcani. Secondo Frontex alla fine della crisi migratoria del 2015, la rotta balcanica è stata attraversata da 764 mila migranti diretti verso l’Europa. Gli ultimi accordi, come quello sottoscritto con la Serbia, evidenziano i tentativi dell’UE di controllare i flussi migratori e, in ultima analisi, di fermare i migranti lontano dai confini degli stati membri, nonostante la rotta balcanica continua a essere percorsa da chi cerca di raggiungere l’Europa in cerca di migliori fortune e per scampare alle atrocità delle guerre.

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