La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, come noto, si piazza al primo posto nella coalizione “Nouveau Front Populaire”, che ha dominato le elezioni in Francia stravolgendo le aspettative della vigilia e i risultati del primo turno. Da ago della bilancia delle elezioni ad ago pungente per Macron e Le Pen, vera sconfitta di questa tornata elettorale.
Il segno identificativo di Mélenchon è la sua proverbiale posizione “anti-establishment”, un ruolo che negli ultimi era diventato appannaggio dei politici di destra e che ora viene incarnato dal leader della sinistra radicale francese
La sua carriera politica inizia ufficialmente nel 1976, quando si unisce al Partito Socialista (Ps), mostrando una profonda dedizione e quell’abilità oratoria che lo contraddistingue ancora oggi.
Nel corso degli anni, Mélenchon occupa diverse posizioni all’interno del Ps e nel 1986, a 37 anni, diventa senatore per la prima volta, continuando poi a ricoprire cariche di rilievo, tra cui quella di ministro delegato all’Insegnamento dal 2000 al 2002 sotto il governo di Lionel Jospin. Tuttavia, le crescenti divergenze ideologiche con la linea centrista del partito, in particolare con i moderati François Hollande e Ségolène Royal, nel 2008 portano il radicale Mélenchon a lasciare i socialisti definendoli “troppo liberali”. È in questo momento che fonda il Parti de Gauche (Partito della Sinistra), che successivamente confluirà in La France Insoumise (La Francia Ribelle).
La France Insoumise, fondata nel 2016, è il partito con cui Mélenchon ha potuto esprimere appieno la sua visione politica. Il movimento si distingue per la sua forte opposizione al:
Neoliberalismo;
Austerità;
Globalizzazione sfrenata.
Nelle candidature per le elezioni presidenziali, il partito di Mélenchon ha ottenuto risultati sempre più rilevanti.
Le idee politiche di Mélenchon sono profondamente radicate in una visione di sinistra radicale. Il leader di Nfp promuove un’economia basata sulla giustizia sociale, la redistribuzione della ricchezza e il potenziamento dei servizi pubblici.
Tra le sue diverse e convinte posizioni anti-establishment, spicca la proposta di uscire dalla Nato, molto delicata in questo contesto geopolitico.
Filosofo e appassionato di letteratura, Mélenchon ha scritto oltre una decina di libri, principalmente saggi filosofici che esplorano la condizione umana e la sua visione politica. Il fondatore di Lfi è molto vicino alla cultura popolare e partecipa attivamente a fiere di videogiochi e fumetti, così come a mostre d’arte contemporanea. Tutti elementi che, insieme alle sue idee politiche, lo avvicinano ai giovani under 35.
Senz’altro, si tratta di una figura che non lascia neutrali: nel 2018, durante una perquisizione della polizia nella sede di La France Insoumise, Mélenchon reagì con veemenza, urlando “La République, c’est moi!” (“La Repubblica sono io!”) plasmando nel ventunesimo secolo “L’État, c’est moi!” (“Lo Stato sono io!”) di Luigi XIV. L’episodio sfociò quasi in una rissa e portò a una condanna per Mélenchon: tre mesi di detenzione, una multa di 8.000 euro e la sospensione dalla Massoneria, di cui era membro dal 1983.
Nonostante le critiche ricevute, ha sempre mantenuto una posizione coerente con i suoi valori radicali. “Rimanere fedeli ai propri ideali è l’unica via per il vero cambiamento”, dice Mélenchon, una posizione a cui gli elettori non sono più abituati “da quando – citando il capolavoro di Ivano Fossati – il trasformismo è diventata un’esigenza”.
A Parigi la gauche radicale guidata da Jean-Luc Mélenchon si prepara alla crociata antiisraeliana ai Giochi Olimpici.
“Siamo a pochi giorni da un evento internazionale che si terrà a Parigi, i Giochi Olimpici. E sono qui per dire no, la delegazione israeliana non è la benvenuta a Parigi. Gli atleti israeliani non sono i benvenuti ai Giochi Olimpici di Parigi. Dobbiamo usare questo evento e tutte le leve che abbiamo per mobilitarci”. Così Thomas Portes, deputato dell’ultrasinistra. Prima del comizio antisionista in un raduno propalestinese nella Seine-Saint-Denis, intervistato da Le Parisien ha detto che la diplomazia francese “deve esercitare pressioni sul Cio affinché la bandiera e l’inno israeliani non siano ammessi durante questi Giochi Olimpici, come avviene per la Russia”. Anche il compagno di partito Aymeric Caron la pensa così: “La bandiera israeliana, macchiata dal sangue degli innocenti di Gaza, non dovrebbe essere sventolata a Parigi”.
Il clima per la delegazione israeliana, partita per Parigi in vista dell’apertura dei Giochi di venerdì, è pessimo. Nel weekend alcuni atleti hanno ricevuto minacce di morte e telefonate minatorie. Il primo messaggio inviato per mail è firmato da un’entità che si è identificata come “l’Organizzazione di Difesa del Popolo” (che non esiste). “L’Organizzazione per la Difesa del Popolo annuncia che intende danneggiare qualsiasi presenza israeliana alle Olimpiadi. Se verrete, tenete conto che intendiamo ripetere gli eventi di Monaco 1972”. Anche il portabandiera della Cerimonia di apertura, il judoka Peter Paltchik, e il nuotatore Meiron Amir Cheruti, hanno ricevuto inviti ai loro funerali.
“Ci sentiamo come emissari dello Stato di Israele. I nostri atleti, ognuno di loro è qui per realizzare i propri sogni, ma c’è un altro livello, di missione nazionale”, ha detto Yael Arad, presidente del Comitato Olimpico di Israele: “La delegazione spera ovviamente di tornare in Israele con delle medaglie, ma la nostra prima vittoria è che siamo qui, che non ci siamo arresi, che dal 7 ottobre abbiamo partecipato a centinaia di gare. Ciò che ci guida è la bandiera di Israele”.
Yonathan Arfi, presidente del Consiglio rappresentativo degli ebrei di Francia, ha detto che dal 7 ottobre France Insoumise legittima Hamas e “sta mettendo un bersaglio sulla schiena degli sportivi israeliani”. Poi ha ricordato gli undici atleti israeliani uccisi dai terroristi palestinesi ai Giochi Olimpici di Monaco nel 1972. Il ministro degli Esteri francese, Stéphane Séjourné, ha definito le parole del deputato di France Insoumise “irresponsabili e pericolose” affermando che la delegazione israeliana «è benvenuta». Il ministro dell’Interno francese, Gérald Darmanin, ha aggiunto che le prese di posizione di Portes “puzzano di antisemitismo” e ha annunciato un dispositivo di sicurezza rafforzato h24 per gli sportivi israeliani.