Unione Europea e temi che mettono a rischio lo stato di diritto in Italia, tra i quali il premierato. Casellati: ‘Ascolto le ‘raccomandazioni’, ma in 2 righe di un documento corposo, i dubbi frettolosi di un costituzionalista, che ha parlato a titolo personale, sono irrilevanti’.

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Il rapporto annuale della Commissione Europea sullo Stato di diritto   nei confronti dell’Italia elenca tutti temi che per l’Unione Europea mettono a rischio lo stato di diritto in Italia.  Lo Stato di diritto è una forma di Stato che assicura la salvaguardia e il rispetto dei diritti e delle libertà dell’essere umano. Le norme giuridiche regolano i rapporti tra i cittadini e lo Stato, e devono essere applicate sia dai cittadini che dagli organi dello Stato. Lo Stato di diritto è quella forma di Stato in cui i rapporti tra quest’ultimo e i cittadini sono regolati da norme giuridiche. Lo stato di diritto garantisce che chi detiene l’autorità non agisca per soddisfare i propri capricci e capricci personali. Uno Stato di Diritto è e dovrebbe essere un luogo senza barriere, fisiche e sociali, dove al centro c’è la persona con il suo volto, il suo nome e le sue peculiarità. Lo Stato di Diritto in senso formale prevede la  ‘Separazione dei poteri’,  ‘Principio di legalità’, ‘Giurisdizione ordinaria e amministrativa’. Lo Stato di diritto in senso materiale parla di un vincolo all’osservanza delle leggi, che sarebbe inutile e inefficace,  se non fosse possibile garantire che le leggi stesse siano garanti dei diritti fondamentali. Pertanto gli elementi formali dello Stato di diritto vengono sviluppati ed estesi dagli elementi materiali dello stesso, in particolare attraverso l’adozione di norme che tutelano i diritti fondamentali.

Dalla riforma costituzionale che introduce il premierato alla riforma della Giustizia proposta dal Ministro Nordio, ma anche la “norma Costa” che vieta la pubblicazione di atti giudiziari, la mancanza di misure a sostegno della libertà di stampa e l’assenza di una regolamentazione sul conflitto di interessi.

Il documento era stato messo in attesa prima delle elezioni europee, presumibilmente per evitare di influenzare il voto, in un possibile tentativo di Ursula von der Leyen di ottenere il sostegno degli europarlamentari legati a Giorgia Meloni.

Tra i punti sollevati nel Rapporto sullo Stato di diritto, emerge una preoccupazione sulla proposta di riforma costituzionale che introduce il premierato. Il rapporto afferma che l’obiettivo della maggioranza è quello di garantire “più stabilità” al sistema istituzionale, ma “con questa riforma non ci sarà più la possibilità per il Presidente della Repubblica di cercare una maggioranza alternativa o individuare una persona fuori dal Parlamento come Primo ministro”. In sostanza, durante i momenti di emergenza, la possibilità di formare governi “tecnici” verrebbe eliminata; esecutivi spesso criticati, ma che in Italia hanno rappresentato una soluzione per superare situazioni di crisi.

La Commissione segnala, inoltre, l’assenza di una legge elettorale come un punto chiave mancante nella riforma. Critiche anche per l’eccessivo ricorso ai decreti legge da parte dell’esecutivo, che sono atti aventi forza di legge emanati dall’esecutivo e immediatamente efficaci, realizzati per risolvere situazioni straordinarie e urgenti ma sempre più spesso utilizzati per affrontare questioni politiche. Una pratica realizzata non solo da parte dell’attuale esecutivo ma anche dai suoi precedenti.

Un’altra questione sollevata riguarda la giustizia. Il testo sottolinea le preoccupazioni sollevate dai recenti provvedimenti che abrogano il reato di abuso d’ufficio e limitano l’applicazione del traffico di influenze.

Particolare attenzione viene dedicata alla libertà di stampa, con critiche dirette alla riforma Nordio e all’emendamento Costa.

Inoltre, la Commissione segnala un aumento degli episodi di minacce e aggressioni nei confronti dei giornalisti in Italia, con 75 incidenti documentati nei primi sei mesi dell’anno e una preoccupante crescita dei casi di intimidazione legale da parte dei politici. L’ultimo, il caso del giornalista de La Stampa aggredito a Torino da militanti di Casapound.

Un capitolo del rapporto è dedicato anche alla Rai. Sulle prossime nomine ai vertici della tv pubblica e i dubbi sulla riduzione delle risorse destinate al servizio pubblico, l’Ue afferma che “l’efficacia di una governance che garantisca la piena indipendenza” è una preoccupazione di lunga data. Pertanto, suggerisce una riforma per evitare le interferenze politiche.

Il rapporto consiglia di garantire adeguati finanziamenti per permettere alla Rai di adempiere pienamente ai suoi compiti, con la tv pubblica che si ritrova ad avere un indebitamento netto nel 2023 pari a 568 milioni di euro; un passo in avanti considerando che negli anni scorsi il debito era superiore (nel 2022 era di 660,5 milioni).

La Commissione europea esprime anche qualche perplessità sull’applicazione della legge sulla par condicio, soprattutto durante l’ultima campagna elettorale: ad aprile venne approvato un emendamento dalla commissione di vigilanza della Rai che prevedeva venisse dato più spazio ai membri del governo durante la campagna elettorale, con le opposizioni che hanno contestato duramente questa decisione. In questo contesto, l’Unione Europea conta sul ruolo dell’Agcom per monitorare e garantire la corretta applicazione delle norme.

Dopo una lunga serie di critiche, il capitolo italiano del Rapporto sullo Stato di diritto si conclude con delle raccomandazioni, con l’Unione Europea che evidenzia che, rispetto al 2023, sono stati realizzati diversi progressi, come nella digitalizzazione del processo penale e sul conflitto di interessi, mentre non ci sono stati miglioramenti sulla disciplina delle lobby e sulle donazioni ai partiti tramite le fondazioni. Inoltre, non sono stati registrati progressi nemmeno nella riforma della diffamazione e nella protezione del segreto professionale per i giornalisti.

Sebbene queste raccomandazioni non abbiano carattere imperativo, per l’Ue la loro mancata attuazione prolungata potrebbe creare difficoltà al governo italiano.

“Nessuna legge è perfetta e tutto è strumentalizzabile. Ma le criticità prospettate mi appaiono francamente cervellotiche in assenza di una proposta di legge elettorale che non va pensata non in astratto, ma con riferimento alla scelta della nuova forma di governo”. Così la ministra Elisabetta Casellati torna a illustrare l’impianto della riforma sul premierato e smonta le critiche pretestuose delle opposizioni. La norma antiribaltone è trasparente. “Il presidente del Consiglio eletto, in caso di dimissioni, può sciogliere le Camere o passare la palla ad un parlamentare eletto in collegamento con la sua lista. Previsione – spiega in un’intervista al Messaggero – voluta proprio per evitare ribaltoni, trasformismi, giochi di palazzo. Sarebbe surreale pensare a una decisione che fa capo al premier non concordata con la propria maggioranza”.

Per Casellati è indubbio che l’impianto della riforma rafforzi la democrazia. “Il capo dello Stato mantiene intatte tutte le sue prerogative, anzi i poteri di garanzia e di controllo vengono rafforzati. Non c’è quindi nessun pericolo di deriva autoritaria, nessuna lacerazione del tessuto istituzionale. Stupiscono le strumentalizzazioni di questi giorni sul report della Commissione europea. È falso che abbia bocciato la riforma del premierato. Perché si è limitata a fotografarne i tratti in maniera marginale e a raccontare, in 2 righe di un documento corposo, i dubbi frettolosi di un costituzionalista, che ha parlato a titolo personale”.

Da sciogliere resta il nodo della legge elettorale. “Sto mettendo a terra vari sistemi elettorali – continua la ministra – per verificare quello che è più armonico con il premierato. Il modello siciliano è un’ipotesi che va considerata. Prevede una soglia minima di consenso del 40%. Soglia criticata aspramente dalle opposizioni come insufficiente per il premierato, a dispetto della giurisprudenza della Corte costituzionale. Nel Regno Unito, la cui forma di governo costituisce il paradigma mondiale delle democrazie parlamentari, il premier domina il Parlamento gestendo persino l’ordine dei lavori senza alcun controllo da parte del Re. Il laburista Starmer ha vinto con il 33,7% dei voti conquistando il 65% dei seggi. Le opposizioni in Italia hanno brindato a questo successo senza invocare lo spauracchio di derive autoritarie.

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