Secondo la legge federale, i lavoratori non possono essere licenziati per aver intrapreso uno sciopero e minacciare di farlo è illegale ai sensi del National Labor Relations Act. Molto duro il presidente dello UAW Shawn Fain che ha commentato: ‘Donald Trump si schiererà sempre contro i lavoratori che si difendono da soli e si schiererà sempre con miliardari come Elon Musk, che sta versando 45 milioni di dollari al mese per farlo eleggere. Sia Trump che Musk vogliono che la classe operaia si sieda e stia zitta, e ne ridono apertamente. È disgustoso, illegale e del tutto prevedibile da parte di questi due pagliacci’.
Una posizione che comunque non stupisce visto che da tempo il sindacato si è schierato contro Trump, appoggiando apertamente la democratica Kamala Harris.
In ogni caso, dopo l’intervento dello UAW, Musk è intervenuto criticando apertamente il presidente Shawn Fain, alludendo a due ex presidenti del sindacato che sono andati in prigione per corruzione e tangenti.
Walz, candidato vicepresidente per i democratici in tandem con la candidata presidenziale Kamala Harris, ha parlato a una platea di lavoratori pubblici a Los Angeles, una categoria che conosce bene dato che è stato lui stesso insegnante prima di diventare governatore dello stato del Minnesota. “Tanto per essere chiari – ha detto Walz – io e il Vicepresidente sappiamo esattamente chi ha costruito questo Paese: sono stati gli infermieri, gli insegnanti, i dipendenti delle amministrazioni statali e locali a costruire questa nazione. Le persone in questa sala hanno costruito la classe media. E non è solo un modo di dire, è un fatto: quando i sindacati sono forti, l’America è forte”. Poi l’affondo: “Sapete che la Vicepresidente Harris è cresciuta in una famiglia della classe media, e che da studentessa faceva i turni in un McDonald’s. Continuo a chiedermelo, come termine di paragone. Riuscite a immaginare Donald Trump che lavora in un McDonald’s cercando di preparare un McFlurry o qualcosa del genere? Oh, lui lo sa, lui lo sa. Non riuscirebbe a far funzionare quella dannata macchina per i McFlurry, se gli costasse qualcosa. Ma la Vicepresidente Harris ha quell’etica del lavoro, va al lavoro ogni singolo giorno per assicurarsi che le famiglie non si limitino a tirare avanti, ma vadano avanti.
Tulsi Gabbard, già deputato dem e considerata l’astro nascente della sinistra liberal americana, spiega in un’intervista a ‘La Verità’, perché ha lasciato il partito democratico e perchè considera Kamala Harris, la vice di Joe Biden, candidata alla Casa Bianca, “impreparata e pericolosa”.
Tulsi Gabbard, maggiore dell’esercito degli Stati Uniti ed ex membro della Camera dei rappresentanti dal 2012 al 2021, per diversi mandati, è finita al centro della cronaca per aver denunciato di essere stata pedinata dal Federal Air Marshal Service, agenzia che fa riferimento al Dipartimento della Sicurezza interna degli Stati Uniti.
Gabbard ha 43 anni ed è nata nelle Samoa Americane: in passato è stata anche candidata alla presidenza degli Stati Uniti con il Partito Democratico, che ha poi lasciato nel 2021. La donna sarebbe dunque finita all’interno del programma della Federal Air Marshals: individui sospettati vengono infatti pedinati e monitorati dal momento in cui entrano in aeroporto fino a quando non raggiungono la meta del loro viaggio.
Tulsi Gabbard ha raccontato di essere stata pedinata a Roma, dove si era diretta con il marito. I controlli aggiuntivi in aeroporto sono stati svolti però al ritorno, all’aeroporto di Fiumicino, dove è partita alla volta di Dallas, in Texas, per fare rientro negli Stati Uniti. La politica ha spiegato poi di essere stata perquisita più accuratamente anche prima di altri voli verso altre città americane come Atlanta e Orlando: si è poi resa conto di avere sul biglietto una dicitura “SSSS”, che vuol dire appunto “secondary security screening selection”.
Parlando con il giornalista investigativo Matt Taibbi, ha spiegato che gli agenti hanno controllato ogni centimetro dei suoi bagagli, ispezionando con attenzione la biancheria intima, i blazer, ogni singolo capo e anche i suoi dispositivi elettronici, che sono stati fatti accendere uno per uno. Gabbard, come spiegano i media americani, potrebbe essere stata inserita nel programma per via delle sue idee non in linea con quelle dell’amministrazione Biden in politica estera.
L’ex deputata dem, spiega i motivi della sua scelta: “Sono entrata nel Partito democratico perché ho visto un grande partito popolare che dava valore alla libertà di parola, lottava per le libertà civili e traeva ispirazione da leader come il presidente John Fitzgerald Kennedy e Martin Luther King Jr. Il partito a cui mi sono unita più di 20 anni fa non esiste più. Oggi, il Partito democratico è controllato da una congrega elitaria di guerrafondai svegliata che stanno facendo a pezzi il nostro Paese, razziando ogni questione e minando le nostre libertà, concesse da Dio e sancite dalla nostra Costituzione”.
Gabbard affronta la questione della candidatura di Kamala Harris: “Kamala Harris non è adatta e non è qualificata per essere il nostro comandante in capo e sarebbe pericoloso se prendesse decisioni su guerra e pace. Inoltre la Harris ci ha mostrato, come senatrice e vicepresidente degli Stati Uniti, esattamente chi è. Metterà il suo interesse personale prima di quello delle persone che dovrebbe rappresentare. Non esiterà a usare come arma il Dipartimento di giustizia e le forze dell’ordine per attaccare i suoi oppositori politici e promuovere i suoi interessi”.
L’ex esponente democratica parla della crisi del partito e di quanto accadde nel 2016: “Il Partito democratico di oggi non crede nella democrazia o nel permettere agli elettori delle primarie di avere voce in capitolo su chi vogliono che sia il loro candidato. Hanno truccato le primarie nel 2016 a favore di Hillary Clinton contro Bernie Sanders. Nel 2020 ho sperimentato in prima persona come hanno lavorato con i media mainstream per selezionare i candidati tra cui volevano che gli elettori scegliessero e quali volevano che fossero cancellati, diffamati e distrutti. E nel 2024, in molti Stati, o non hanno tenuto le primarie o non hanno permesso che ci fossero nomi di sfidanti sulla scheda. Non sorprende che la nomination di Harris sia stata essenzialmente un’incoronazione in cui persino gli elettori delle primarie non hanno avuto voce. Il Partito democratico era solito sostenere il benessere delle comunità americane e si rivolgeva a persone di ogni estrazione sociale. Oggi è gestito da una cricca di guerrafondai d’élite alimentata da una vigliacca che non si preoccupa del popolo: si preoccupano solo del potere per loro stessi”.
La Silicon Valley continua a perdere pezzi importanti in favore del Texas, nuovo centro di accoglienza delle aziende tech, grazie a un fisco più leggero e una burocrazia più snella. Il fondatore e Ceo di Tesla Elon Musk ha annunciato che trasferirà le sedi della piattaforma social X e della compagnia aerospaziale SpaceX, dalla California in Texas. La mossa, presentata come una reazione contro le politiche sui transgender dello stato della California, giudicate dal tycoon troppo liberali, arriva pochi giorni dopo che Musk ha dato il suo sostegno a Donald Trump come candidato alle presidenziali. La prima azienda sarà trasferita da San Francisco a Austin, in Texas. SpaceX si trasferirà dal suo quartier generale da Hawthorne, in California, in un’area del Texas vicino Brownsville dove SpaceX ha ampliato il suo sito di produzione e lancio di satelliti e razzi. In passato Musk aveva già avuto diversi contenziosi con il governo della California, dove si trovano tutte le principali aziende informatiche degli Stati Uniti, e aveva già spostato la sede della sua azienda di auto elettriche Tesla da Palo Alto, in California, ad Austin. A febbraio aveva spostato la sede legale di SpaceX in Texas, ma non la sede centrale, che era rimasta a Hawthorne. Le decisioni di Musk fanno seguito alla mossa del governatore democratico della California Gavin Newsom, di firmare una nuova legge che mira a impedire alle scuole di divulgare informazioni alle famiglie se i loro figli si identificano come gay o transgender, senza chiedere prima il consenso degli studenti.