Kamala Harris, il suo piano per l’economia Usa e la sua strategia economico finanziaria

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Kamala Harris-Robin Hood imposta la sua linea economica che si basa sul ‘togliere ai ricchi per dare ai poveri’. In termini di tasse si presenta così la proposta di Kamala Harris, in perfetta scia di Joe Biden, da sempre favorevole a un incremento delle aliquote non solo sulle imprese ma anche sui Paperoni americani. Ed in perfetto contrasto con Donald Trump che ha più volte sostenuto che qualora venisse rieletto abbasserà ulteriormente le imposte sulle corporate Usa al 15% dopo averle già ridotte da un massimo del 35% all’attuale 21% durante il suo primo mandato.

Più tasse alle imprese. L’obiettivo di Harris è aumentare l’aliquota al 28%, un livello di tassazione che porrebbe gli Stati Uniti in controtendenza rispetto ai trend mondiali e tra i Paesi occidentali con le aliquote sulle imprese più elevate.

Come tassano gli altri. Tanto per fare qualche esempio in Inghilterra l’aliquota è al 25% e in Italia al 24%, mentre la tassazione media delle imprese dei Paesi Ocse è ancora più bassa e si aggira intorno al 21%, anche perché dal 2000 ad oggi si è sempre assistito ad una riduzione della tassazione passando da una aliquota media del 28,5% al 21,7 nel 2019, per poi attestarsi sui medesimi livelli fino al 2024 in cui l’asticella si è fermata al 21,1%.

“A differenza di Donald Trump, il cui programma Project 2025 farebbe lievitare il deficit, aumenterebbe le tasse sulla classe media di 3.900 dollari e farebbe precipitare la nostra economia in una spirale di recessione, il piano di Harris è un modo fiscalmente responsabile per riportare il denaro nelle tasche dei lavoratori e garantire che i miliardari e le grandi aziende paghino la loro giusta quota”, ha dichiarato un portavoce della campagna elettorale della Harris al Financial Times.

Tre proposte. Il suo programma si basa su tre cardini: 1) ridurre le tasse per la classe media, soprattutto delle famiglie con i figli a carico per le quali prevede un’esenzione fiscale fino a 6mila dollari per il primo anno di vita di un bambino; 2) aumentare gli incentivi per l’acquisto della prima casa con un contributo fino a 25mila dollari e fermare gli acquisti di case in blocco da parte degli speculatori finanziari 3) calmierare i prezzi gonfiati delle imprese alimentari che hanno alimentato la corsa dell’inflazione.

Quanto valgono le tasse alle imprese. A differenza di quanto si potrebbe pensare, le tasse sulle imprese nei Paesi sviluppati non pesano molto in percentuale sul totale delle entrate fiscali. A fronte di una media dei Paesi Ocse, intorno al 16%, negli Stati Uniti le imposte sulle corporation non contribuiscono oltre il 6%, in linea con Francia e Germania, meno della Gran Bretagna 8%, ma più dell’Italia 4%. In Cina, invece, il contributo delle imprese al gettito fiscale totale è intorno al 20%.

Nuove entrate. Un aumento dell’aliquota dell’imposta sulle società potrebbe contribuire ad aumentare le entrate del governo statunitense da destinare ai programmi annunciati da Harris, ma dovrebbe comunque superare il voto sia al Senato, dove i democratici hanno la maggioranza, sia alla  Camera in mano invece ai repubblicani.

Il Committee for a Responsible Federal Budget (Comitato per un bilancio federale responsabile) ha calcolato che l’aumento dell’aliquota al 28% porterebbe in dieci anni a un incasso aggiuntivo di un miliardo di dollari a fronte di una stima di spesa di 1,7 miliardi di dollari in 10 anni per coprire i costi delle proposte di Harris, soprattutto per pagare i crediti d’imposta più elevati per i bambini.

La Harrisnomics è il nuovo piano economico proposto dalla vicepresidente Kamala Harris, in vista della sua candidatura presidenziale. Presentata a Raleigh, North Carolina, questo piano ambizioso mira a creare un’economia delle opportunità per tutti gli americani, indipendentemente dalla loro origine o condizione economica. Secondo Harris, il suo approccio economico non è solo una questione di crescita, ma di costruzione di un sistema che permetta a tutti di prosperare.

“Voglio un’economia in cui ogni persona, non importa da dove venga, abbia una reale possibilità di successo“, ha affermato Harris durante il comizio. “Questa è l’economia delle opportunità, e la costruiremo insieme.“

I punti salienti della Harrisnomics

La Harrisnomics si distingue per alcune proposte chiave che mirano a riequilibrare il potere economico negli Stati Uniti. Un elemento centrale del piano è la lotta contro le corporation petrolifere, che Harris accusa di aver tratto profitto eccessivo a discapito dei consumatori. A tal proposito, la vicepresidente ha promesso di introdurre una legislazione che blocchi l’aumento dei prezzi e imponga una maggiore trasparenza da parte delle aziende.

Altro punto focale della Harrisnomics è il sostegno alla Silicon Valley. Harris prevede incentivi fiscali e investimenti strategici per favorire l’innovazione tecnologica, considerata essenziale per mantenere la competitività economica degli Stati Uniti a livello globale. Tuttavia, il piano non ignora le esigenze delle classi più vulnerabili: Harris ha proposto un sistema di assistenza sanitaria gratuita per i più poveri, una mossa destinata a ridurre le disuguaglianze nel settore della salute.

Un altro pilastro della Harrisnomics è il piano per affrontare l’emergenza abitativa. Harris ha promesso la costruzione di tre milioni di unità abitative a prezzi accessibili entro la fine del suo mandato. Questa proposta ambiziosa mira a risolvere la crisi abitativa che colpisce soprattutto le classi medie e basse. Inoltre, Harris intende reintrodurre il credito d’imposta sui figli, una misura che aveva già dimostrato la sua efficacia durante la presidenza Biden, ma che è scaduta lo scorso anno.

Nonostante le critiche ricevute, soprattutto da parte dei conservatori, Harris difende il suo piano come un mezzo per garantire un futuro più equo e sostenibile per tutti. “La mia amministrazione lavorerà per eliminare le disuguaglianze, proteggere i consumatori e creare un’economia stabile grazie a regole chiare e trasparenti“.

Gli oppositori. Non tutti però sono d’accordo con Kamala. La Business Roundtable, un gruppo di lobby aziendale, ha stimato che la riforma fiscale di Trump del 2017 ha determinato il ritorno negli Stati Uniti di 2,5 trilioni di dollari di utili internazionali. Ha esortato i politici a mantenere un’aliquota fiscale sul reddito delle società “non superiore al 21%”.

Alcuni economisti, soprattutto di destra o vicino a Trump, invece, sono allarmati e criticano le misure per il fatto che potrebbero portare a un’eccessiva regolamentazione dell’economia da parte del governo e all’introduzione di dannose distorsioni del mercato sotto forma di controllo dei prezzi.

“Tutti gli economisti sanno che il fatto che il governo fissi i prezzi è un errore molto, molto grande”, ha dichiarato Kevin Hassett, ricercatore presso la Hoover Institution dell’Università di Stanford che ha presieduto il board dei consiglieri economici sotto Donald Trump.

Michael Strain, direttore degli studi di politica economica presso l’American Enterprise Institute di centro-destra, che in passato ha criticato Trump e le sue politiche economiche, ha definito così “poco seria” la proposta sui prezzi da danneggiarsi da sola.

Harris tuttavia per vincere le elezioni cerca di parlare agli elettori colpiti dal caro vita, non si cura delle critiche degli analisti e contestualmente ha cambiato il suo approccio verso la Corporate Usa, in passato più aggressivo: durante la sua vicepresidenza quest’anno ha avviato colloqui regolari con le grandi imprese (Jp Morgan, Visa, Microsoft etc) e ha ottenuto il sostegno di oltre 200 venture capitalist che a luglio hanno sostenuto pubblicamente la sua candidatura, affermando che la Silicon Valley e altre industrie sarebbero crollate senza “istituzioni forti e affidabili”.

In pratica la Harris non vuole scontentare nessuno e imposta la dinamica di dare  un colpo al cerchio e uno alla botte per arrivare al traguardo.

Un piano economico può spostare molti voti alle elezioni, in una fase complicata come questa: lo sa bene Kamala Harris, che si gioca le sue carte con una agenda che sta suscitando diverse perplessità tra gli esperti, in quanto viene considerata irrealistica e populista. Peraltro, la maggior parte delle proposte principali richiede l’approvazione del Congresso, quindi potrebbero essere fermate, inoltre non viene specificato come verrebbe pagata quella che viene definita una costosa lista dei desideri in una fase in cui il debito federale aumenta rapidamente, sebbene la candidata democratica abbia chiarito di voler chiedere agli americani benestanti e alle aziende di pagare di più.

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