Sono bastate l’accelerazione di Forza Italia sullo ius scholae ad aprire un fronte rischioso a destra della premier e del governo Meloni, visto che, a conti fatti, Giorgia Meloni non è perfettamente salda a Palazzo Chigi e dovrebbe aver paura della famiglia Berlusconi e della posizione politica che potrebbero assumere.
Se Piersilvio o Marina decidessero di scendere in politica, 30 anni dopo la discesa in campo del Cavaliere, tutto potrebbe accadere.
L’intervista di Repubblica ad Antonio Tajani apre alcuni interrogativi che possono riguardare un futuro concreto in politica per i figli di Silvio Berlusconi, come dice la scelta di Forza Italia di puntare sullo ius scholae, una battaglia manifesto per una legge che da troppi anni la politica italiana rimanda e che indica un posizionamento trasversale per il nuovo partito che hanno in mente i Berlusconi: presidiare quell’area moderata e silenziosa che da troppi anni è senza leadership e non ama gli eccessi ideologici e l’inconsistenza sulle questioni concrete dei leader al potere negli ultimi anni. Quella di Forza Italia sullo ius Scholae ‘è una nostra visione della società e dell’Italia, non una priorità del governo. Diciamo quello che pensiamo su questo argomento. Noi siamo leali, ma dobbiamo anche guardare a un’Italia che cambia e, come centrodestra, non dobbiamo lasciare certi argomenti esclusivamente alla sinistra’, evidenzia il vicepremier Antonio Tajani.
Tajani, poi aggiusta la sua mira: ‘Difendiamo la nostra posizione, ma questo non c’entra nulla con la stabilità di governo’, dice a margine della messa con il cardinale Zuppi alla Route degli scout Agesci a Verona. Le proteste della Lega sull’iniziativa di Forza Italia hanno creato preoccupazione sulla tenuta della maggioranza di centrodestra, con FdI costretto al ruolo di mediazione, con parole più morbide rispetto a quelle di Salvini: ‘Non c’entra niente con la tenuta politica del governo – sottolinea Tajani -. Siamo partiti politici differenti, facciamo parte di una coalizione, ma teniamo fede ai nostri impegni. Non ho mai cambiato bandiera nella mia vita, figuriamoci se posso cambiarla con i capelli bianchi’.
C’è poi la posizione assunta da Giorgia Meloni riguardo la misura propagandistica sui cosiddetti extraprofitti delle banche, realtà realmente dannosa per i risparmiatori e che metterebbe in seria difficoltà un settore cruciale per l’economia come quello bancario. Realtà questa che ha fortemente insolentito Marina Berlusconi che ha espresso grandi perplessità riguardo alla tassa sugli extraprofitti delle banche. Secondo la presidente di Fininvest, questa misura rischia di rendere il Paese meno attrattivo per gli investitori esteri. La norma, contenuta nel decreto Asset, prevede un prelievo sulle banche, ma Marina Berlusconi ha sollevato dubbi sia sul metodo che sul merito. Inoltre, ha chiesto che il Parlamento riformuli la norma per renderla più equilibrata. Nel dettaglio, le proposte azzurre riguardano la specifica che si tratta di un prelievo una tantum, l’applicazione esclusiva al 2023, l’esclusione delle banche minori e il portare il tetto massimo allo 0,15% dell’attivo ponderato. Il governo starebbe realmente pensando a una tassazione sugli extraprofitti. Secondo fonti politiche, ci sarebbero infatti delle proposte al vaglio alla stregua di quanto accaduto nell’agosto 2023, quando l’idea prese forma in un Consiglio dei ministri, ma poi non se ne fece più nulla. La norma, secondo quanto emerse, potrebbe riguardare non solo le banche ma anche altre realtà, come assicurazioni e aziende. Forza Italia però è contraria. “Poco importa se è una tassa sugli extraprofitti o una misura una tantum: colpire le banche significa affondare le imprese. Siamo contrari a qualsiasi ipotesi di tassazione”, ha detto Raffaele Nevi, portavoce azzurro. E mentre dal governo smentiscono un provvedimento in tal senso, le opposizioni vanno all’attacco, parlando di un esecutivo “diviso dopo il voto europeo”. Eppure il Pd non chiude le porte a un’eventuale norma: “Se le risorse verranno destinate a sanità e altre priorità, siamo pronti a discuterne”.
Diritti e temi economici sono i due buchi neri del governo Meloni e su questo i Berlusconi dovrebbero puntare. Ma a fare la differenza sarà anche la classe dirigente che includeranno nel progetto. Nel 1994 Berlusconi aggregò intorno a Forza Italia alcuni tra i migliori intellettuali dell’epoca, senza curarsi della provenienza politica, che fossero stati comunisti, socialisti, democristiani, repubblicani. Pensiamo a Giuliano Ferrara, Lucio Colletti, Piero Melograni, Giuliano Urbani, Giorgio Rebuffa, Antonio Martino, Marcello Pera, solo per citarne alcuni. La forza di quella Forza Italia era la trasversalità, unita alla capacità e alla professionalità delle persone coinvolte, trasversalità che contraddistingue anche i fratelli Berlusconi, che non è che passino politicamente alle forze di sinistra ma che non hanno alcuna difficoltà a stringere la mano alla sinistra a metà campo, in virtù di provvedimenti e realtà politiche da promuovere e praticamente chiudere.
Altro elemento decisivo per imbastire una battaglia politica sono i fondi, e quelli certamente ai Berlusconi non mancano per imbastire una battaglia politica, come non manca il sostegno mediatico: come titolari del gruppo Mediaset, i Berlusconi sono gli unici a potersi opporre con efficacia alla Rai, mentre l’opposizione di centrosinistra non riesce nemmeno a far rispettare la scadenza di legge per il rinnovo del Cda. Gli eredi del Cavaliere, a conti fatti, sono gli unici a poter porre fine esperienza del governo Meloni.