Quando il giornalismo protegge se stesso, tra diritto di privacy, diritto di cronaca e Codice Rosso

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Una brutta storia giornalistica, quella che vede coinvolti i colleghi del “Domani” e de “La 7“ Nello Trocchia e Sara Giudice, accusati di stupro di gruppo ai danni di una collega. I due, coppia nella vita, risultano indagati a Roma con l’accusa di violenza sessuale di gruppo; con l’aggravante prevista “nel caso di «sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa”. La notizia è stata riportata  dalla ‘la Verità’. La pm titolare dell’indagine avrebbe chiesto l’archiviazione del caso che a dicembre finirà sul tavolo del Gip, dopo l’istanza di opposizione presentata dalla presunta vittima, una collega.

La difesa dei due parla di “ricostruzione falsa” da parte del giornale che ha pubblicato la notizia, ma intanto la vittima ha fatto opposizione alla richiesta di archiviazione, chiedendo di essere ascoltata dai magistrati. I fatti si sono svolti il  2 febbraio dell’anno scorso, quando la vittima ha denunciato alla Mobile di essere stata vittima di una violenza. Era accaduto – racconta il quotidiano diretto da Belpietro- che qualche giorno prima, il 29 gennaio, dopo aver trascorso la serata in un pub a Trastevere per festeggiare il compleanno di Sara Giudice, intorno a mezzanotte i tre si lasciano andare a qualche effusione. “Qualche minuto più tardi – si legge – la vittima avrebbe bevuto da un bicchiere un sorso di rum o di whisky passatole da un soggetto non meglio identificato”. E qui i ricordi della presunta vittima si fanno sfuocati: i tre si ritrovano su un taxi verso casa dei due giornalisti in zona San Giovanni in Laterano. A quel punto la presunta vittima ha raccontato che la situazione si fa ambigua, che riceve un bacio dall’amica e i tre salgono in taxi. A bordo dell’auto bianca ha raccontato di essere stata baciata e palpeggiata dalla coppia, e di non essersi riuscita a opporre per la scarsa lucidità. Ma quando l’auto bianca si ferma in zona San Giovanni sotto l’abitazione della coppia, ha spiegato di essere riuscita a ritornare in sé e a risalire sul taxi per andare a casa. Secondo il pm che ha chiesto l’archiviazione, Giudice e Trocchia non si sarebbero in poche parole resi conti che la collega non era nelle condizioni psicofisiche di accordare il proprio consenso con chiarezza, ma non ci sarebbe stato nessun reato: la donna ha scelto di tornare alla propria abitazione e non è salita a casa con i due, vicenda chiusa.

Per quanto riguarda invece l’accusa di aver somministrato della droga alla donna, qui la situazione è più complessa: l’analisi delle urine che la presunta vittima ha fatto il giorno successivo, fa emergere la presenza di Ghb, la cosiddetta droga della stupro. Le successive contro analisi della procura però negano che la droga sia presente. Analisi però contestate dagli avvocati della donna, che hanno chiesto senza ottenerlo un nuovo test anche sui capelli della loro assistita che ha annunciato l’intenzione di fare ricorso contro l’archiviazione.

I legali dei giornalisti: ricostruzione falsa

Durissima la nota nei confronti del quotidiano La Verità da parte dei legali Grazia Volo e Virginia Ripa di Meana, che rappresentano i due giornalisti. “In merito all’articolo del quotidiano la Verità su una dolorosa vicenda privata che riguarda Sara Giudice e Nello Trocchia e una terza parte denunciante, con questo comunicato segnaliamo che la procura della Repubblica di Roma, dopo approfondite indagini durate diversi mesi, ha deciso di non esercitare l’azione penale e per questo ha chiesto l’archiviazione nei confronti di Trocchia e Giudice”, si legge nel comunicato.

“La ricostruzione odiosa e falsa dei fatti compiuta da La Verità e ripresa da altri media nazionali contrasta totalmente con le risultanze investigative che dimostrano la totale infondatezza della denuncia e della versione della denunciante. – prosegue – Gli articoli sono stati scritti nel disprezzo delle regole deontologiche che impongono la verifica delle notizie. Per conseguenza gli articoli contengono informazioni volutamente false. Per queste ragioni tuteleremo la reputazione dei nostri assistiti in ogni opportuna sede giudiziaria sia nei confronti della stampa che della denunciante, nei confronti della quale si profila il reato di calunnia”.

Violata la normativa sul Codice Rosso?

Sulla G.U. del 25 luglio 2019 è stata pubblicata la Legge 19 luglio 2019, n. 69 (recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”) denominata “Codice Rosso”, che ha avuto vigenza dal 9 agosto. Il testo include incisive disposizioni di diritto penale sostanziale, così come ulteriori di indole processuale.

La procedura

Tra le novità in ambito procedurale, è previsto uno sprint per l’avvio del procedimento penale per alcuni reati: tra gli altri maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale, con l’effetto che saranno adottati più celermente eventuali provvedimenti di protezione delle vittime.

Inoltre:

– la polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, riferisce immediatamente al pubblico ministero, anche in forma orale;

– il pubblico ministero, nelle ipotesi ove proceda per i delitti di violenza domestica o di genere, entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, deve assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato. Il termine di tre giorni può essere prorogato solamente in presenza di imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini, pure nell’interesse della persona offesa;

– gli atti d’indagine delegati dal pubblico ministero alla polizia giudiziaria devono avvenire senza ritardo.

Misure cautelari e di prevenzione

E’ stata modificata la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nella finalità di consentire al giudice di garantirne il rispetto anche per il tramite di procedure di controllo attraverso mezzi elettronici o ulteriori strumenti tecnici, come l’ormai più che collaudato braccialetto elettronico. Il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi viene ricompreso tra quelli che permettono l’applicazione di misure di prevenzione.

Un punto che è al centro dell’atto firmato dal legale della donna, anche lei giornalista, assistita dall’avvocato Alessandro Gentiloni Silveri. Nell’atto in particolare si lamenta proprio il fatto che alla luce della normativa sul ‘codice rosso’, la presunta vittima sarebbe dovuta essere sentita entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato mentre non è stata ascoltata durante tutta la fase delle indagini preliminari, ad eccezione di alcuni particolari forniti per la consulenza tecnica. Al contrario invece dei due giornalisti  indagati, che hanno reso entrambi interrogatorio sui fatti.

Nell’opposizione all’archiviazione, la cui udienza è fissata per il 10 dicembre prossimo, il legale della giornalista chiede al giudice di ordinare al pm di formulare l’imputazione nei confronti di Trocchia e Giudice. In subordine, nell’atto si chiede di nominare nuovi consulenti tecnici per compiere le analisi sul campione di urine prelevato alla denunciante e di sentire la persona offesa e alcuni testimoni che erano presenti alla serata in un pub a Trastevere. La parola ora passerà al gup di Roma che dovrà decidere sulla richiesta di archiviazione formulata dalla procura.

I parlamentari di Fratelli d’Italia intervengono sulla notizia.  “Ci lascia perplessi la decisione della Procura di Roma che avrebbe chiesto l’archiviazione – dice Elisabetta Lancellotta capogruppo di Fdi in commissione Femminicidio – Stupisce che, in contrasto con le norme sul Codice Rosso, la presunta vittima delle molestie sessuali non sia stata convocata per essere ascoltata’. ‘Allo stesso tempo – aggiunge – constatiamo la diversità di trattamento riservato dalla stampa a questo caso rispetto ad altri analoghi; notiamo quanta riservatezza sia stata utilizzata nei confronti dell’identità degli accusati e riguardo le accuse, a differenza di quanto fatto abitualmente proprio dalle testate giornalistiche dei due giornalisti coinvolti. Tuttavia, molti dubbi rimangono su questa brutta vicenda, e mi chiedo se anche l’Ordine dei giornalisti senta il bisogno di andare a fondo a quanto accaduto”. Lancellotta si riserva di presentare un’interrogazione al ministro competente ‘perché se ci sono dei colpevoli non rimangano impuniti’.

“Prendiamo atto che per La7 e per Domani, e quindi anche per i giornalisti coinvolti, il rispetto della riservatezza e segretezza delle indagini, specie quando si tratta di una ‘dolorosa vicenda privata’, è pieno e quanto mai assoluto – dice Susanna Campione, senatrice di Fi, anche lei componente della commissione Femminicidio – Spiace però rilevare che questo non vale e non è accaduto in altri casi di denunce di stupro a cui invece è stata data grandissima rilevanza, addirittura ancora prima che si aprissero le indagini o il processo vero e proprio’. ‘Non vorremmo che questo atteggiamento garantista, che da avvocato ritengo doveroso, da parte delle due testate sia prevalso perché questa vicenda riguarda due loro giornalisti. Come funziona, quindi, per loro questo diritto di cronaca? -conclude Campione – Nessun diritto alla privacy quando si tratta del resto del mondo e invece riservatezza assoluta che rasenta l’omertà e la disinformazione quando riguarda i propri?”.

Il giornalismo è di fronte a una sfida difficile. Ci si aggancia alla notizia, o alla supposta notizia recitando, com’è successo altre volte, il ruolo di vittima e reiterando una frequente polemica contro i poteri forti, la magistratura, la sinistra, i giornalisti e quant’altro e recitando la pantomima dell’ingiusto attacco altrui da cui ci si difende con indignazione e andando al contrattacco.

Come si dovrebbe comportare una testata giornalistica di fronte a una notizia non vera o comunque non vera fino a prova contraria,  oppure verificare che ci sia davvero un’inchiesta in corso, che sia stata iscritta al registro degli indagati o che abbia ricevuto un avviso di garanzia. Se la notizia è vera si approfondisce il caso giudiziario e si dà conto delle polemiche. Se invece la notizia appare soltanto un rumor, si pone il problema se darla lo stesso.

Certamente è giusto darla perché il giornalismo non può ignorare anche un rumor. Tuttavia, nel darla, andrebbe continuamente ricordato che al momento si tratta di una notizia non confermata, e quindi per ciò stesso inesistente, o che potrebbe essere anche una fake news a tutti gli effetti.

Inoltre, la testata giornalistica non dovrebbe neppure farsi trascinare nel gorgo di una fake news poi commentata ad uso esclusivo di una parte.  Ma a una notizia vera e comprovata, il silenzio o il gioco a nascondino non sembra una linea di condotta accettabile.

Se non si ricorda questa semplice verità, nello stesso contesto in cui viene riportata la non notizia o la falsa notizia, non si fa buon giornalismo. Alla fine la conclusione è questa: qual è il miglior giornalismo? Quello che riporta, senza prendere le distanze, accuse o notizie infondate lanciate ad arte,  o quello che ricorda, quando ciò accade, anche mentre riporta le parole di chi si sente leso, che le accuse lanciate o le notizie riportate non sono appunto comprovate? Ai lettori l’ardua sentenza…

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