Durante la notte i carabinieri, coordinati dalla Procura delle Repubblica di Bergamo, hanno individuato, al termine di complesse e laboriose indagini, chi era l’individuo che si trovava a bordo di una bicicletta e si allontanava velocemente dalla scena del crimine dell’omicidio di Sharon Verzeni. E’ un 31enne italiano, disoccupato. È quanto si legge in una nota degli investigatori che spiegano che a carico dell’uomo ci sono “gravi indizi di colpevolezza, elementi probatori del pericolo di reiterazione del reato, di occultamento delle prove, nonché del pericolo di fuga”, che hanno determinato “la decisione del Pubblico Ministero di disporre un decreto di fermo di indiziato di delitto“. Moussa Sangare, residente a Suisio (con famiglia originaria del Mali). Prima è stato sentito come persona informata sui fatti, poi ha reso “dichiarazioni auto-indizianti”. In seguito il sospettato ha confessato: “Ho avuto un raptus improvviso. Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa”. Non conosceva Verzeni e non ci sarebbe alcun movente preciso per l’omicidio, tantomeno “religioso, nè terroristico”. E’ stata trovata la bici utilizzata per scappare dopo l’omicidio e anche l’arma del delitto, su indicazioni fornite dallo stesso indagato, vicino al fiume Adda. Lì aveva nascosto anche i vestiti che indossava la notte in cui ha ucciso Verzeni. Contestata la premeditazione: l’uomo è uscito di casa con quattro coltelli. “L’obiettivo era evidente, voleva colpire qualcuno”, ha evidenziato Maria Cristina Rota, procuratore aggiunto di Bergamo.
Omicidio Sharon Verzeni, fermato killer che confessa: “L’ho vista e l’ho uccisa”
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