Donald Trump torna ad opporsi alla cultura woke nelle scuole, e in un colloquio con la Fox News – lamenta il limite di sei settimane come «troppo breve» per consentire l’aborto in Florida, esprimendo dubbi sul sostegno all’Emendamento 4 che avrebbe portato il limite a 24 settimane sino a prendere una posizione netta: «Non appoggio il referendum in Florida», ha detto alla fine il candidato repubblicano alla Casa Bianca. La spiegazione è che benché Trump ritenga le «sei settimane» previste dalla legge proposta e promulgata dal governatore Ron DeSantis, troppo brevi, «i democratici radicali sostengono l’aborto tardivo». Quindi voterà contro.
Il Quarto Emendamento (Emendamento IV) alla Costituzione degli Stati Uniti fa parte della Carta dei diritti. Vieta perquisizioni e sequestri irragionevoli e stabilisce i requisiti per l’emissione dei mandati: i mandati devono essere emessi da un giudice o magistrato, giustificati da cause probabili, supportati da giuramento o dichiarazione, e devono descrivere in particolare il luogo da perquisire e le persone o cose da sequestrare.
Il comitato elettorale di Kamala Harris ha evidenziato come le divagazioni sul tema di Trump in realtà nascondano una visione contro l’aborto e che la dichiarazione finale «rende la sua posizione molto chiara: voterà per sostenere un bando all’aborto così estremo che si applica sin prima che una donna possa aver consapevolezza di essere incinta».
Per la prima volta da 50 anni l’America andrà al voto presidenziale senza avere l’ombrello della Roe versus Wade, cancellata nel giugno del 2022. Trump privatamente definì un problema per i repubblicani la sentenza della Corte Suprema anche se ha sempre pubblicamente rivendicato che alla cancellazione si è arrivati grazie alla sua nomina di tre giudici conservatori.
Nel 1999, quando aveva 53 anni, in un’intervista a Meet The Press Donald si definì “pro choice”; nel 2011 scioccò persino alcuni conservatori quando si etichettò come “pro-life” pronto a punire le donne che abortiscono. Le sue posizioni sono sempre state ondivaghe, dettate anche da esigenze elettorali. Nel 2016 scelse Mike Pence come vicepresidente poiché gli assicurava il sostegno della destra evangelica e “pro-life”. Ma dopo la sentenza Roe versus Wade, il tycoon ha sempre sostenuto che l’aborto era il tema singolo che avrebbe potuto far vincere o perdere un’elezione. Fu buon profeta: dalle elezioni di Midterm del novembre del 2022 a una serie di referendum locali e statali sull’accesso all’aborto (o su restrizioni), le posizioni “pro choice” hanno prevalso.
Secondo un sondaggio del New York Times/Siena, l’aborto è diventato il secondo tema (dietro l’economia) per importanza, ma la percentuale di americani che lo considera decisivo nella loro scelta è in aumento. Fra le donne il gap con i temi economici è appena del 2%; mentre l’elettorato maschile lo mette dietro l’immigrazione.
Quando in aprile la Florida accettò di tenere il referendum sulla legge restrittiva di DeSantis, subito gli strateghi video il guaio: non tanto quello per Trump di perdere lo Stato, quanto quello di doversi confrontare con un’opinione pubblica spaccata anche dentro il mondo conservatore.
Trump ha ricevuto la telefonata di Marjoirie Dannenfelse che guida il movimento Pro Life America: gli ha intimato di essere chiaro poiché «c’è confusione nella base su come la pensi». La stessa incertezza l’hanno misurata teologi evangelici come Albert Mohler e altri attivisti. Ma ora con la presa di posizione pubblica contro l’Amendement 4 della Florida Trump rischia di allontanare indipendenti e moderati favorevoli alla libertà di scelta delle donne, come spiega Karylin Bowman dell’American Enterprise Institute: «è un tema potente che favorisce il team Harris».
Lo scontro sull’aborto però non è così facile nemmeno per Kamala Harris. Ha una posizione chiara, riconoscibile e la base democratica è compatta. Tuttavia, in alcuni Stati con forte presenza di afroamericani come Georgia e North Carolina, i “maschi neri” non condividono la priorità posta nella difesa dell’aborto.