Macron, con l’aiuto di Le Pen, nomina Michel Barnier primo ministro. Jean-Luc Mélenchon si oppone e chiede per oggi una forte mobilitazione

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Giovedì il presidente francese Emmanuel Macron ha nominato primo ministro l’ex commissario europeo Michel Barnier, dopo settimane di stallo e discussioni tra le principali forze politiche francesi. Barnier ha 73 anni e fa parte del partito dei Repubblicani, di orientamento conservatore. In passato è stato più volte ministro, e dal 2016 al 2021 ha ricoperto il ruolo di capo negoziatore dell’Unione Europea per l’attuazione di Brexit.

In un comunicato, Macron ha detto di aver incaricato Barnier di «formare un governo di unità al servizio del paese» e di averlo scelto perché lo ritiene la persona che ha più probabilità di riuscire a ottenere un consenso abbastanza ampio da poter governare, in un momento in cui l’Assemblea Nazionale, la camera bassa del Parlamento, è divisa in quattro blocchi che non vogliono collaborare: l’alleanza di sinistra del Nuovo Fronte Popolare (NFP), arrivata prima alle elezioni legislative di luglio; la coalizione centrista che sostiene Macron; il centrodestra dei Repubblicani, partito fondato dall’ex presidente Nicolas Sarkozy; e il partito di estrema destra Rassemblement National, insieme ad alcuni fuoriusciti dei Repubblicani sotto la guida del presidente del partito Eric Ciotti.

La nomina di Michel Barnier a primo ministro è una grande vittoria strategica di Emmanuel Macron, e il presidente francese ha aspettato 51 giorni per dimostrare definitivamente all’opinione pubblica francese che la sinistra non è stata in grado di trovare una soluzione per il governo ma per arrivare alla nomina di Barnier Macron è dovuto passare dall’approvazione di Marine Le Pen.

La scelta cade sul veterano gollista che non scalda i cuori, ma a cui è difficile dire di no. E non farà ombra all’Eliseo in vista della  campagna per il 2027 dominata dal fantasma Le Pen.

L’Eliseo ha tirato fuori dal cilindro il patriota, il grande europeista con la stoffa del negoziatore di rango, ma in Francia la strada è ancora tutta in salita. Lo dimostra la rabbia della gauche radicale tradita da Macron, che inveisce contro l’investitura a premier del repubblicano Michel Barnier e minaccia la piazza. “Chiedo la mobilitazione più potente possibile il 7 settembre per il rispetto della democrazia, per una buona comprensione di cosa sono le istituzioni repubblicane poste sotto la sovranità del popolo”. Così Jean-Luc Mélenchon, leader di Lfi, dopo la nomina a premier di Barnier, che, a suo dire, sarebbe stato scelto con “il permesso del Rassemblement national”. “Questo – accusa il leader della sinistra radicale – è il governo di Macron e della Le Pen. Hanno già preso impegni per far accettare il bilancio, preparato nell’ombra dai ministri dimissionari”.

“Dopo un’attesa interminabile, indegna di una grande democrazia, prendiamo atto della nomina di Michel Barnier a primo ministro di Emmanuel Macron”, scrive il presidente del Rassemblement national Bardella in un post sui social. Poco prima la fondatrice del Rassemblement national, ha dichiarato che non ci sarà alcuna sfiducia immediata al premier nominato. Barnier, infatti, sembra soddisfare almeno il primo criterio richiesto, cioè un uomo rispettoso delle diverse forze politiche e capace di sapersi rivolgere allo schieramento lepenista. Rn attende di vedere quale sarà il discorso di politica generale del signor Barnier e il modo in cui raggiungerà i compromessi che saranno necessari sul prossimo bilancio.

‘Non parteciperemo ad un governo di Michel Barnier. Non ha le nostre idee’, ha detto la Le Pen. “Hanno fatto in modo che il Rassemblement national non ottenesse una maggioranza assoluta con tutta una serie di giochetti di desistenza alle elezioni legislative. Oggi ci troviamo nella situazione  che avevamo annunciato, quella del caos. Vedremo se Michel Barnier riuscirà almeno a garantire un bilancio equilibrato”, ha poi postato su X. In Parlamento Le Pen e Bardella potrebbero optare per l’appoggio esterno, permettendo la nascita del governo – che al momento potrebbe contare già su circa 230 voti sui 289 necessari – mentre i socialisti a questo punto dovranno scegliere. O fare le barricate contro un “pericoloso” connubio tra centro e la destra o accettare di fatto un governo di unità nazionale.

Formalmente Barnier è già primo ministro, perché in Francia questo viene nominato direttamente dal presidente e non ha bisogno di ottenere la fiducia del parlamento per assumerne le funzioni, come succede in Italia. È tuttavia una pratica consolidata, anche se non obbligatoria, che il primo ministro chieda la fiducia pronunciando un discorso davanti all’Assemblea Nazionale, chiamato “dichiarazione di politica generale”, in cui espone il suo programma di governo. Anche se i parlamentari approvassero questo discorso, il governo potrebbe comunque essere sfiduciato attraverso una “motion de censure” (ossia una mozione di sfiducia) proposta da almeno un decimo dei deputati e approvata dalla maggioranza, ossia con almeno 289 voti.

La nomina di Barnier è stata piuttosto inaspettata. Il suo nome era iniziato a circolare mercoledì sera dopo che negli ultimi giorni erano stati considerati come papabili il Socialista Bernard Cazeneuve, che era già stato primo ministro tra il 2016 e il 2017, e il Repubblicano Xavier Bertrand. Martedì scorso Macron aveva escluso di nominare una persona propostagli dal Nuovo Fronte Popolare sostenendo che qualsiasi nome proveniente da quello schieramento politico non avrebbe ottenuto l’appoggio degli altri partiti, che avrebbero subito votato a favore di una mozione di sfiducia.

La nomina di Barnier, che fa parte di un partito che a luglio aveva fatto eleggere 47 parlamentari contro i 193 della sinistra, non ha riscosso gradimento, ora bisognerà capire se Barnier riuscirà a mantenere un governo, anche di minoranza, o se l’opposizione riuscirà a raccogliere abbastanza voti per sfiduciarlo: il nuovo governo sarà con tutta probabilità sostenuto dai partiti della coalizione centrista di Macron e dai Repubblicani, che in totale avevano ottenuto l’elezione di 213 parlamentari, ma i principali partiti del Nuovo Fronte Popolare – incluso il più moderato, ossia il Partito Socialista – hanno già detto che proporranno una mozione di sfiducia.

Jordan Bardella, il leader del partito di estrema destra Rassemblement National, ha detto invece che i suoi deputati aspetteranno di sentire la dichiarazione di Barnier prima di decidere se sostenerlo o meno. Se l’estrema destra si astenesse dal votare un’eventuale mozione di sfiducia, il governo di Barnier reggerebbe. Per questo motivo esponenti di sinistra hanno accusato Macron di aver ignorato il risultato elettorale e di aver fatto una sorta di accordo con il Rassemblement National, a cui durante la campagna elettorale si era fortemente opposto.

L’ex presidente Socialista Hollande ha per esempio detto che se Barnier ha potuto essere nominato «è perché il Rassemblement National ha dato una forma di assenso». Altri deputati di sinistra hanno attaccato Barnier per alcune sue prese di posizione quando era deputato, in particolare la scelta di votare contro la depenalizzazione dell’omosessualità nel 1981 (come fece la maggior parte dei deputati di destra di allora), o le sue opinioni molto contrarie all’immigrazione espresse durante le primarie presidenziali del 2022.

La situazione al momento è estremamente complessa anche perché il nuovo governo dovrà presentare al parlamento il progetto di legge di bilancio per il 2025 entro il 1° ottobre. La Francia è inoltre uno dei sette paesi (fra cui c’è anche l’Italia) per i quali la Commissione Europea ha raccomandato l’apertura di una procedura d’infrazione per deficit eccessivo, un’altra questione con cui il prossimo governo dovrà fare i conti.

Michel Barnier è il più anziano primo ministro della Quinta Repubblica francese, iniziata nel 1958, e prende il posto del più giovane mai nominato, ossia Gabriel Attal, che quando assunse l’incarico all’inizio del 2024 aveva 34 anni. Macron l’aveva già considerato come un papabile primo ministro nel 2020 per sostituire Edouard Philippe, ma Barnier aveva rifiutato perché Macron gli aveva chiesto di lasciare il partito dei Repubblicani.

In meno di un anno, la staffetta all’hotel Matignon – sede dell’esecutivo – si fa tra il più giovane premier della Quinta Repubblica (Gabriel Attal, 35 anni) al più anziano (73 anni).

Dopo oltre cinquanta giorni di stallo, in una giostra di totopremier che sembrava impazzita, con nomi bruciati uno dopo l’altro, è su Barnier che ricade l’arduo compito di dare “stabilità” alla Francia, come chiede l’Eliseo.

Il politologo di Sciences Po prevede che il nuovo governo possa reggere con la frattura del Nuovo Fronte Popolare e con l’indulgenza del Rassemblement National. “Il nuovo primo ministro non è ideologico, ma pragmatico. È a fine carriera, non ha ambizioni presidenziali, andrà d’accordo con Macron”

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