Mario Draghi: ‘La Ue deve riformarsi se non vuole spegnersi’. Il Premio Nobel Stiglitz: ‘L’economia italiana è in fermento, il problema è l’Europa’

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Cambiamento radicale, doppio piano Marshall, stop all’eterno rinvio, semplificazione e concretezza. Sono  le parole chiavi del Rapporto di Mario Draghi sul futuro della competitività europea presentato a Bruxelles insieme alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Due documenti, uno riassuntivo di una sessantina di pagine e l’altro approfondito, di oltre 300 pagine. “Questo rapporto – dice l’ex numero uno delle Bce  – arriva in un momento difficile per il nostro continente. Dobbiamo abbandonare l’illusione che solo rimandando si possa preservare il consenso. In realtà, la procrastinazione ha solo prodotto una crescita più lenta. E di certo non ha prodotto alcun consenso. Siamo arrivati al punto in cui, senza agire, dovremo sacrificare il nostro benessere, il nostro ambiente o la nostra libertà”.

“L’Ue esiste per garantire che gli europei possano sempre beneficiare di questi diritti fondamentali. Se l’Europa non sarà più in grado di garantirli avrà perso la sua ragione d’essere”, scrive Draghi nell’introduzione al suo Rapporto. “L’unico modo per affrontare questa sfida è crescere e diventare più produttivi, preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale. L’unico modo per diventare più produttiva è che l’Europa cambi radicalmente”. La linea è tracciata. Costosa ma necessaria e urgente.  “Sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, secondo le ultime stime della Commissione, pari al 4,4-4,7% del Pil dell’Ue nel 2023. Per fare un paragone, gli investimenti del Piano Marshall nel periodo 1948-51 equivalevano all’1-2% del Pil dell’Ue”, si legge ancora.

“Abbiamo detto molte volte che la crescita sta rallentando, ma lo abbiamo ignorato. Fino a due anni fa non avremmo mai avuto una conversazione del genere perché in genere le cose andavano bene. Ma ora non possiamo più ignorarlo: le condizioni sono cambiate”, dice ancora l’ex numero uno della Bce. “Il differenziale tra la crescita economica negli Usa e quella nell’Ue si è ampliato negli ultimi anni, e a pagarne il prezzo sono le famiglie europee. L’Europa si preoccupa del rallentamento della crescita dall’inizio di questo secolo”, dice Draghi, “si sono avvicendate varie strategie per aumentare i tassi di crescita, ma la tendenza è rimasta invariata”.

Il rapporto di Draghi  raccomanda di “aumentare i finanziamenti europei” per la Ricerca e Sviluppo (R&S) nel campo della difesa e di concentrarli su “iniziative comuni”. Un approccio “rivoluzionario” da svilupparsi con nuovi programmi e una proposta di progetti europei di difesa di interesse comune “Nessuno Stato membro – dice Draghi – può finanziare, sviluppare, produrre e sostenere efficacemente tutte le capacità e le infrastrutture necessarie per mantenere la leadership nelle tecnologie più avanzate di oggi”.  L’emissione di asset comuni su base più sistematica coinvolge necessariamente le regole di bilancio. “L’aumento del debito comune  deve essere accompagnato da un percorso più sostenibile del debito nazionale”.

Anche sul capitolo cooperazione la “ricetta” è chiara: rimuovere gli ostacoli, armonizzare regole e leggi e coordinare le politiche. “Esistono diverse costellazioni nelle quali possiamo avanzare. Ma ciò che non possiamo fare  – scrive Draghi – è non avanzare affatto”. A breve termine, l’Ue deve attuare la legge sulle materie prime critiche. Il rapporto raccomanda d’integrare questa legge “con una strategia globale che copra tutte le fasi della catena di approvvigionamento dei minerali critici, dall’estrazione alla lavorazione al riciclaggio”. Per rafforzare la posizione europea  nella fase di approvvigionamento, si propone di creare “una piattaforma europea dedicata alle materie prime critiche”. Un cambio di marcia più volte sollecitato dal governo  Meloni.

Il bilancio dell’Ue deve essere riformato e semplificato, “oltre a essere meglio sfruttato per sostenere gli investimenti privati”. 

Nel Rapporto Draghi non mancano bordate “all’atteggiamento regolatorio” dell’Ue nei confronti delle compagnie tecnologiche che ostacola l’innovazione. “L’Unione europea, con la sua produzione legislativa in ambito tecnologico, che costringe le aziende a dedicare sempre più persone alla compliance, sta uccidendo le proprie piccole imprese attive nei settori più avanzati dell’economia. Che non possono permettersi uno sforzo simile, a differenza dei colossi del settore, peraltro non europei”.

Anche sul piano geopolitico Bruxelles deva cambiare marcia e “reagire a un mondo meno stabile, dove le dipendenze stanno diventando vulnerabilità. Non può più fare affidamento sugli altri per la sua sicurezza. Decenni di globalizzazione – continua Draghi – hanno prodotto un livello elevato di interdipendenza strategica tra le principali economie, aumentando i costi di qualsiasi rapido disimpegno. Ad esempio, mentre l’Ue dipende in gran parte dalla Cina per i minerali critici, la Cina dipende dall’Ue perché assorba la sua sovraccapacità industriale”.

“L’Italia cresce nella media europea, il problema è l’Europa. Ma sono ottimista sull’Italia, che ha punti di forza importanti, per esempio le piccole e media imprese. Non è stato fatto tutto il possibile per la crescita, certo, ma quello che è stato fatto deve farlo anche il resto d’Europa”. Il giudizio del Premio Nobel per l’Economia nel 2001, Joseph Stiglitz, già consulente dei Democratici Usa e della presidenza Clinton, è certamente positivo sullo stato dell’economia italiana, nell’era del governo Berlusconi, ma queste affermazioni fatte al Forum Ambrosetti di Cernobbio, due giorni fa, sono state stranamente trascurate dai media con  lo spazio maggiore è stato dato ai rilievi critici nei confronti della Bce sulle manovre sbagliate relative ai tassi.

“Scenari positivi per l’Italia che vuole crescere e che crede davvero nel futuro, il sostegno all’Ucraina e all’Europa sono fattori chiave”, secondo il Nobel, che vede un’economia italiana in fermento e alcuni settori che vanno veloce”.  Stiglitz – che ha incontrato la Meloni – ha indicato la sua ricetta per l’Italia. Per l’economista la transizione verde e le nuove tecnologie connesse possono spingere il  Paese perché ha un tessuto di imprese molto innovative che sono ai massimi livelli globali. È vero che si tratta di piccole e medie imprese ma hanno un livello di competitività molto elevato. Sono agili, preparate, internazionali, nel tessuto produttivo c’è molto fermento, in Italia accade quello che accade negli USA dove non ci sono solo le big tech ma uno stuolo di piccole realtà di rilievo”.

Confrontando quanto dice Stiglitz con quanto affermato da Draghi: ‘L’Unione europea, con la sua produzione legislativa in ambito tecnologico, che costringe le aziende a dedicare sempre più persone alla compliance, sta uccidendo le proprie piccole imprese attive nei settori più avanzati dell’economia. Che non possono permettersi uno sforzo simile, a differenza dei colossi del settore, peraltro non europei’, ci si rende conto che in questi punti le ricette coincidono.

Ovviamente quelli di Draghi sono proposte, bisogna poi vedere nei fatti se e in che modo saranno accolti e le reazioni dei 27. Se troveranno concretezza o rimarranno buone idee da conservare nel cassetto.

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