Vallanzasca, dopo 52 anni, esce dal carcere per essere trasferito in una Rsa per malati di Alzheimer

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Renato Vallanzasca, ex boss della mala milanese con ‘fine pena mai’ e detenuto da 52 anni, verrà trasferito dal carcere di Bollate a una struttura assistenziale con differimento pena in regime di detenzione domiciliare.

 Il tribunale di sorveglianza ha accolto le richieste della difesa, avallate anche dalla procura generale, per l’ex bandito milanese: è affetto da Alzheimer e le sue condizioni sono incompatibili con la detenzione e sarà trasferito nei prossimi giorni, in regime di detenzione domiciliare, nella Rsa dell’Opera della Provvidenza Sant’Antonio, in provincia di Padova. Struttura, che si occupa di malati di Alzheimer e demenza, individuata nei mesi scorsi dai legali del 74enne, gli avvocati Limentani e Muzzi, e che ha dato la propria disponibilità ad accoglierlo.

I giudici hanno riconosciuto il decadimento cognitivo del detenuto, da qui la decisione di fargli lasciare il penitenziario di Bollate. Pochi giorni fa, la procura generale di Milano, circa la situazione clinica dell’ex boss della banda della Comasina, aveva sottolineato che la sua “condizione di demenza” è “accertata” per questo “c’è incompatibilità conclamata con la detenzione in carcere“.

È “il momento di modificare la condizione di detenzione, da eseguire nella struttura assistenziale” per malati di Alzheimer e demenza “che ha dato disponibilità”, aveva dichiarato il sostituto procuratore generale Giuseppe De Benedetto nell’udienza davanti al Tribunale di Sorveglianza, alla quale ha partecipato lo stesso Vallanzasca.

Il trasferimento, da quanto si è saputo, avverrà nel giro di qualche giorno, al massimo anche entro un paio di settimane, il tempo di adempiere ad alcune formalità burocratico-amministrative, anche legato alla documentazione sanitaria. I legali si stanno attivando per mandare avanti tutte le pratiche.

Le relazioni mediche, anche del servizio di medicina penitenziaria, negli ultimi mesi hanno appurato i gravi problemi cognitivi di Renato Vallanzasca. Le sue condizioni producono ‘paranoia, deliri notturni’ e afasia che hanno portato l’ex boss a cadere dal letto e ad essere ricoverato più volte nell’ultimo periodo.

‘Le sue condizioni non gli fanno nemmeno capire il senso della pena’, hanno evidenziato i legali di Vallanzasca, aggiungendo che la malattia che ha colpito il loro assistito ha iniziato a manifestarsi nel gennaio 2023 ed ora è in rapido e progressivo peggioramento.

‘I carabinieri, ha spiegato sempre la difesa, hanno detto che quel posto va bene per il profilo dei servizi di vigilanza. Una persona in queste condizioni, non più autosufficiente, può essere ritenuta pericolosa? Il carcere non può ledere i diritti fondamentali della persona’.

Considerato uno dei più efferati criminali italiani, si è reso autore di numerose rapine a mano armata con omicidi e sequestri di persona; è stato condannato complessivamente a quattro ergastoli e 295 anni di reclusione e ha trascorso, come detto, 52 anni in carcere.

Più volte arrestato e più volte evaso, a seguito di ogni pestaggio, rivolta o tentativo di evasione, veniva deciso il suo trasferimento dall’istituto di pena in cui si trovava: tutto ciò lo vide cambiare 36 penitenziari, fino a che non escogitò il modo per contrarre volontariamente l’epatite, iniettandosi urine per via endovenosa, ingerendo uova marce e inalando gas propano, con l’intento di essere conseguentemente ricoverato in ospedale.

Da lì, grazie ad una vigilanza meno stretta e con l’aiuto di un poliziotto compiacente, nel 1976 riesce nel suo intento di evadere. Il 23 ottobre dello stesso anno viene ucciso, al casello autostradale di Montecatini, l’appuntato Bruno Lucchesi. Vallanzasca, nonostante un paio di persone si siano autoaccusate del delitto, viene successivamente condannato per l’omicidio al processo tenutosi presso la Corte d’assise di Firenze.

Attraverso altre evasioni rocambolesche nascerà il “mito” del bel Renè, per il suo aspetto fisico.

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