Giuseppe Conte diffonde una nota nella quale minaccia il comico genovese di rescindere il contratto da 300mila euro annui che il Movimento Cinquestelle ha firmato con lui, ricordandogli che, secondo lo Statuto, il suo ruolo di Garante non poteva limitare le modifiche. Anche quella di sbloccare il divieto del terzo mandato e di poter cambiare eventualmente il simbolo. Grillo lo definisce in una lettera, “un autocrate”: “Sei un autocrate, il terzo mandato non si tocca”.
“Caro Giuseppe – scrive Grillo – mi scrivi accusandomi per l’ennesima volta di avere una visione padronale del movimento e contraria i suoi valori democratici. La verità è che, al contrario, ho sempre inteso tutelare i valori democratici su cui il movimento è stato fondato. Dunque, se proprio vogliamo parlare di atteggiamenti contrari ai valori democratici del movimento, questi sono da trovare nelle manovre striscianti con cui si sta tentando di demolirne i presidi, invocando ipocritamente un presunto processo”.
Beppe Grillo su Facebook lancia il ‘Movimento 5 Pec’, ironizzando sull’ipotesi di un cambio del logo e sul suo recente carteggio con il leader del partito Giuseppe Conte.
“Stop al carteggio, a Grillo non rispondo più. Se ha qualcosa da ridire si rivolga agli avvocati”, così Giuseppe Conte, secondo alcune indiscrezioni parlamentari. Il leader pentastellato vuole procedere con la Costituente che prevederà la fine del vincolo del terzo mandato e che potrebbe anche decidere per il cambiamento del simbolo. Ma è quasi certo che Grillo ricorrerà in tribunale.
“Fate la pace”, è il messaggio che alcuni parlamentari recapitano sottovoce a Giuseppe Conte e Beppe Grillo, che invece sono tutti presi da uno scambio di missive dai toni ultimativi anche se, a quanto pare, l’assemblea costituente prevista ad ottobre slitterà alla prima settimana di novembre. Ricerca dii una tregua?
Il presidente del M5s minaccia Grillo di revocargli il contratto di consulenza da 300mila euro e la dispensa sulle spese legali. Replica alla diffida che Grillo gli ha inviato il 5 settembre, quella in cui il garante si appellava all’articolo 12, lettera a, punto 2 dello Statuto, sulla “insindacabilità del suo potere di interpretazione delle norme”. Non toccate nome, simbolo e regola dei due mandati o vi porto in tribunale, scriveva Grillo. “Caro Beppe – gli risponde Conte – devo purtroppo rilevare che la tua nota del giorno 5 u.s. presenta gravi inesattezze ed evidenti distorsioni sul ruolo e sui poteri del Garante”. E per fargli capire di essere determinato, lo tocca sui soldi: “Nessuna preclusione può essere imposta al potere deliberativo dell’assemblea. Queste esternazioni sono del tutto incompatibili con gli obblighi da te specificamente assunti nei confronti del Movimento con riferimento sia alla malleveria sia ai contratti di pubblicità e comunicazione: ciò mi obbliga a valutare possibili iniziative dirette a sospendere l’esecuzione delle prestazioni a carico del Movimento derivanti dalla malleveria, e il recesso dai contratti di pubblicità e comunicazione”.
Al di là di tutto, delle provocazioni, delle lettere e altro , il nodo è chiaro: ‘Chi comanda nel Movimento’. “Io non posso accettare di stare in una monarchia”, dice Conte. “Non puoi tradire i valori fondativi”, gli replica il garante. Il primo propone di dare voce agli iscritti, di fare del M5s un soggetto dove davvero decide la base e gli eletti definiscono la linea politica, l’altro pretende la golden share, e si sente tagliato fuori se non viene interpellato sulle alleanze e sull’agenda. L’esito della lite, questa volta, potrebbe sfociare in una scissione, visto che sono saltati i canali di comunicazione che possono condurre nell’aula di un tribunale. Grillo contesta la formazione della platea congressuale, chiede di conoscere l’anagrafe degli iscritti M5s, pretende una risposta “con cortese sollecitudine” e mette in copia il Comitato di garanzia “con cui condivido la responsabilità di verificare la correttezza di quanto sopra”.
Grillo contesta a Conte la “foto della birra”, in cui l’avvocato del popolo brinda con Elly Schlein, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli e Riccardo Magi. “Sulle alleanze deve decidere la costituente”, dice Grillo.
“Prima di rassegnarci alla scissione e alle carte bollate, dobbiamo fare un tentativo per farli ragionare”, spiega chi, tra i grillini, spinge alla pace visto che, a ben guardare, la scissione è dannosa per entrambi. Forse per questo si sta ragionando su uno slittamento dell’assemblea inizialmente prevista per il 19 e 20 ottobre. La data del congresso rifondativo sarà posticipata almeno alla prima settimana di novembre. Dal quartier generale M5s negano questo affermando che ‘Avventura urbana’, la società che gestisce la raccolta delle proposte e la modalità con cui saranno discusse, ha chiesto più tempo per organizzare la pubblicità dei lavori e il dibattito. “Sono arrivati oltre 22mila contributi, è una notizia positiva”, affermano.
I gruppi parlamentari sono in gran parte con il presidente M5s. E al di là delle motivazioni politiche, pur importanti, la ragione è intuibile. I deputati al primo mandato li ha scelti Conte, e sanno che con Grillo non verrebbero riconfermati. Quelli al secondo mandato, sperano che Conte gli conceda il terzo, mentre sanno che Grillo non lo farà. Ma anche se in Parlamento il fondatore non ha un corrente riconducibile a lui, la prospettiva di un altro Movimento Cinque stelle, guidato da Grillo e con Di Battista e Raggi, a competere con quello contiano, alimenta paure anche nelle file dei contiani di stretto rito.
Sottotraccia si spera di ricondurre i due contendenti a propositi meno bellicosi per il bene del partito e della futura coalizione.