‘Sono onorato dell’incarico ricevuto da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, e la ringrazio per la stima e la fiducia che mi ha voluto dimostrare con questa scelta, giunta a seguito della mia designazione da parte del presidente Meloni e del governo italiano”. Così in una nota stampa Raffaele Fitto, a poche ore dalla designazione ufficiale a vicepresidente esecutivo su Coesione e Riforme della commissione Ue. Il ministro per gli Affari europei, la coesione, il Sud e il Pnrr porta a casa un risultato prestigioso. A lungo preparato con grande ‘cura’, dalla premier Meloni. E oggetto di polemiche e critiche preventive da parte della sinistra, che anche oggi non si arrende all’evidenza della centralità italiana nel panorama europeo.
“Questa decisione – aggiunge Fitto – rappresenta un grande riconoscimento per l’Italia, Paese fondatore da sempre in prima fila nel processo d’integrazione europea. Intendo esercitare il ruolo affidatomi, una volta concluso l’iter di approvazione della nuova Commissione, con il massimo impegno e nel pieno rispetto dei Trattati e del loro spirito”. Fitto dice di essere consapevole che i prossimi cinque anni “saranno fondamentali per il futuro dell’Unione europea e dei suoi cittadini”.
Il dibattito era iniziato col dubbio: Fitto vicepresidente è un successo del governo o un flop perché si parlava di una delega economica? Ma quando la parola è stata data ad Antonio Padellaro, in studio, all’Aria che tira, su La7, è calato il gelo. Tiziana Panella non si aspettava un giudizio così categorico da un giornalista di un quotidiano così distante dal centrodestra, Il Fatto Quotidiano, quello diretto da Marco Travaglio. “Tiziana, ma è un successo, alla Meloni è riuscito quello che sembrava difficile quando non aveva dato il voto alla Von der Leyen, e lì si era detto, ecco, l’Italia è fuori gioco: oggi la Meloni è riuscita a ottenere un grande risultato, dovrebbero ammetterlo anche gli avversari, Meloni merita tante critiche per il governo ma quando c’è un risultato positivo è giusto riconoscerlo, è andata bene a lei e anche all’Italia, c’è in gioco l’interesse nazionale, e il Pd sta avendo un atteggiamento serio a considerare l’ipotesi disostenere Fitto. Sul livello internazionale, bisogna ammettere che il premier italiano si muove benissimo, come dimostra anche l’intesa sui migranti con il premier britannico di ieri”.
Si afferma con Giorgia Meloni una linea del pragmatismo che mostra quanto sia proficua, come si vede dall’incontro tra la Meloni e Keir Starmer, che è stato di indubbio successo. I due leader hanno parlato con vantaggio reciproco delle relazioni tra i due Paesi, di immigrazione e partnership commerciali. Ma questo è solo l’effetto, non la causa di ciò che ha determinato la buona riuscita della visita a Roma del premier britannico. A monte c’è infatti proprio la politica del pragmatismo che caratterizza entrambi e che entrambi perseguono con convinzione, a dispetto delle critiche, degli scetticismi e di quelli che talvolta assumono i tratti di veri e proprio boicottaggi.
È noto che Starmer ha ignorato gli altolà interni ai laburisti affinché non si avvicinasse a un “governo neofascista”; ancora più noti sono, a queste latitudini, i costanti e spesso contraddittori allarmi della sinistra italiana sulla capacità di Meloni di tessere relazioni internazionali.
Il caso Starmer dimostra, come prima l’aveva dimostrato il caso del premier socialista albanese Edi Rama, che Giorgia Meloni è protagonista del piano per gli immigrati che il collega britannico è venuto ad approfondire a Roma.