Trump e Harris in assoluta parità nei sondaggi americani, come certifica il New York Times: testa a testa con il 47% ciascuno

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Trump e Harris sono in assoluta parità nei sondaggi americani, come annuncia  il New York Times, che specifica come il recente duello in tv tra i due contendenti alla Casa Bianca, secondo molti osservatori a vantaggio della candidata democratica, non abbia spostato nulla in termini di consensi: Donald Trump e Kamala Harris restano testa a testa con il 47% ciascuno.

In una indagine condotta quasi interamente dopo il secondo tentato assassinio dell’ex presidente, Harris è avanti nello stato di quattro punti e ha il 50% dei consensi a fronte del 46% di Trump .

La decisione della Fed di tagliare i tassi di mezzo punto percentuale dimostra che l’economia degli Stati Uniti si trova in una “pessima” fase oppure che la banca centrale sta “facendo politica”. Lo ha detto Donald Trump commentando la mossa della banca centrale americana. “Credo che sia la dimostrazione che l’economia va molto male se tagliano i tassi di così tanto, supponendo che non stiano facendo politica”, ha detto il candidato repubblicano alla Casa Bianca ai giornalisti. “Oppure – ha aggiunto – stanno facendo politica, o l’una o l’altra cosa in quanto è stato un taglio importante”. Non è la prima volta che il tycoon critica il governatore della Fed Jay Powell o accusa la banca centrale indipendente di agire politicamente.

Mentre la campagna per le elezioni presidenziali Usa va avanti, Donald Trump sorprende tutti con l’annuncio della sua criptomoneta. A poche ore dall’attentato fallito ai danni del tycoon, il candidato presidente americano ha infatti lanciato la piattaforma per la criptovaluta che vuole rivoluzionare il mondo della finanza negli Stati Uniti e non solo.

Una mossa, quella dell’ex presidente e della sua famiglia (appoggiato dai figli), un po’ in controtendenza rispetto alle parole del passato dell’imprenditore che si era detto contrario alle criptovalute. Ma sembra averci ripensato.

Il lancio della piattaforma per le criptomonete di Trump è arrivato nella notte tra lunedì 16 e martedì 17 settembre, proprio a poche ore dal fallito attentato al candidato presidente Usa. In una live su X è stato il figlio Donald Jr a presentare World Liberty Financial, definendola una vera e propria rivoluzione finanziaria. Ma perché?

Come riferito dagli stessi Trump, la piattaforma di criptovalute voluta dal tycoon è di quelle che permetterà di vendere, comprare o scambiare criptomonete senza intermediari, con gli utenti che si affideranno al sistema che potranno contrattare tra loro. World Liberty Financial, infatti, consentirà agli utenti di effettuare transazioni anche imponenti senza che una banca si metta in mezzo ed estragga commissioni.

Inoltre a tutti i clienti verrà fornita la possibilità di voto nelle decisioni aziendali. La piattaforma fornirà servizi basati sulla cosiddetta “finanza decentralizzata”, a sua volta basata sulla tecnologia blockchain che in teoria mantiene una traccia delle transazioni in modo criptato e sicuro.

World Liberty Financial ha affermato che il progetto mira a guidare “l’adozione di massa di stablecoin”, un tipo di criptovaluta progettata per mantenere un valore costante di 1 dollaro.

Ma  a sorprendere è il cambio di pensiero di Donald Trump. Nel giro di pochi anni, infatti, il tycoon è passato dal netto no alle criptovalute a lanciarne una propria. In tanti, infatti, non dimenticano quando l’imprenditore definì le criptomonete “una truffa”.

Il progetto attuale si inserisce nel tentativo del candidato presidente di rendere gli Stati Uniti la “capitale crittografica del pianeta” con una regolamentazione leggera e una riserva nazionale di bitcoin.

Ma World Liberty Financial fa già discutere e ha sollevato preoccupazioni. Soprattutto sui conflitti di interesse dell’ex presidente e ha persino allarmato alcuni dei suoi sostenitori più accaniti nel settore.

Secondo quanto riportato dal New York Times, se Trump venisse eletto a novembre, il suo coinvolgimento nell’impresa crypto creerebbe gravi conflitti di interesse. La Securities and Exchange Commission ha preso provvedimenti severi nei confronti del settore, sostenendo che quasi tutte le criptovalute sono titoli non registrati e dovrebbero essere regolamentate come le azioni negoziate a Wall Street.

E non sarebbe neanche il primo caso problematico per il tycoon, che nel corso della sua carriera politica si è impegnato in affari che anche gli esperti di etica hanno segnalato come problematici. Sorprende, però, che Trump abbia deciso di imbarcarsi in questo progetto a poche settimane dal voto, gettando ancora più dubbi sulla sua elezione.

Donald Trump ha poi  ripreso a parlare dell’introduzione di importanti dazi doganali verso le merci importate dall’estero. La retorica protezionista è ripresa dalla campagna elettorale del 2016, quando si era trasformata nella guerra commerciale con la Cina e in una serie di screzi con l’Europa.

Gli Usa sono un mercato fondamentale per l’Italia. Nel 2023 l’export verso l’altra sponda dell’Atlantico è stato di oltre 67 miliardi di euro, quasi tre volte il valore delle importazioni dagli Stati Uniti. Uno sbocco fondamentale soprattutto per due settori: quello dei macchinari e il farmaceutico che rispettivamente vendono 12 e 8 miliardi di prodotti l’anno negli Usa.

Tornano le minacce di dazi da parte di Donald Trump, il candidato repubblicano alla Casa Bianca ed ex presidente. Già nel suo scorso mandato da presidente, Trump aveva applicato questa politica con effetti significativi sull’economia internazionale. I dazi imposti alla Cina, mai rimossi, diedero vita alla guerra commerciale che ancora oggi caratterizza i rapporti tra i due Paesi. Quelli rivolti all’Europa, soprattutto sull’acciaio, peggiorarono il livello di cooperazione tra le due sponde dell’Atlantico, con screzi di ritorsione da parte dell’Ue.

Ora Trump torna a proporre soluzioni simili, soprattutto verso gli Stati che si stanno allontanando dal dollaro come moneta principale nelle proprie riserve, indebolendolo. Si tratta di una retorica protezionista attuata per vincere il voto delle classi lavoratrici della Pennsylvania, Stato che sarà cruciale alla corsa alla Casa Bianca e caratterizzato negli ultimi anni da una grave deindustrializzazione. Le proposte sono molto vaghe, ma l’ex presidente ha parlato di un dazio in entrata su tutti i beni pari al 20%.

Non soltanto, però, un dazio generalizzato, ma anche tariffe specifiche per alcuni prodotti e Stati. La Cina, ad esempio, potrebbe subire dazi, se Trump fosse rieletto alla Casa Bianca, specialmente sulle proprie auto elettriche, fino al 60%. Trattamento particolare anche per il Messico, da cui Pechino sta tentando di far arrivare i propri veicoli a batteria negli Usa. Trump ha minacciato dazi del 100% in questo caso.

Anche l’Europa, e quindi l’Italia, rischia però di essere penalizzata dalla politica protezionista di Trump. Il nostro Paese esporta ogni anno 67,2 miliardi di euro di prodotti negli Stati Uniti e un dazio del 20% potrebbe penalizzare le imprese italiane, mandandole in difficoltà. I settori più colpiti sarebbero due: quello della produzione di macchinari e quello farmaceutico. Nel 2023 hanno esportato rispettivamente 12,4 e 8,0 miliardi di euro oltre l’Atlantico.

L’economia italiana è quindi profondamente legata a quella americana. In ordine, i segmenti della nostra economia più colpiti dai dazi americani sarebbero:

    Produzione di macchinari e apparecchiature 12,4 miliardi di euro in merci esportate verso gli Usa nel 2023;

    Settore farmaceutico miliardi di euro in merci 8,0 esportate verso gli Usa nel 2023;

    Cantieristica navale e costruzione di materiale rotabile 6,1 miliardi di euro in merci esportate verso gli Usa nel 2023;

    Settore automobilistico 5,8 miliardi di euro in merci esportate verso gli Usa nel 2023;

    Prodotti alimentari 4,0 miliardi di euro in merci esportate verso gli Usa nel 2023;

    Altra manifattura 3,8 miliardi di euro in merci esportate verso gli Usa nel 2023.

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