Il rapporto dell’osservatorio Waste Watcher intitolato “Lo spreco alimentare nei paesi del G7: dall’analisi all’azione” delinea una situazione alquanto preoccupante per l’Italia, dove lo spreco alimentare è aumentato del 45,6%. Tra i prodotti più sprecati figurano: frutta, verdura, pane, insalate e tuberi, alimenti alla base della preziosissima dieta mediterranea.
Un aumento così pronunciato dello spreco alimentare sarebbe il risultato di una serie di fattori: la bassa qualità del cibo, insieme ad una cattiva gestione dell’economica familiare e l’incapacità dei consumatori di riutilizzare gli avanzi in nuove ricette. Il 42% degli intervistati crede che la conservazione della frutta nelle celle frigo ne incrementi il conseguente spreco, dal momento che “va subito a male” una volta acquistata; secondo il 37% delle persone, invece, gli alimenti venduti nei supermercati sono già “vecchi”; il 75% non è in grado di rielaborare gli avanzi e soltanto il 23% si dichiara predisposto ad organizzare i pasti a livello settimanale per minimizzare gli sprechi.
Perdere cibo non significa soltanto sfruttare risorse come terra ed acqua (sempre più preziosa) a vuoto, ma anche immettere grandi quantità di gas serra nell’atmosfera. Perché la produzione di un chilo di cibo, in tutta la sua filiera, dalla coltivazione (o allevamento, soprattutto) al trasporto, si traduce in 4,5 chilogrammi di anidride carbonica: secondo studi dell’Unione Europea, ogni anno vengono gettati 180 chilogrammi di cibo in eccesso a persona. Da numeri FAO, lo spreco alimentare produce l’8% delle emissioni globali di anidride carbonica. Per fornire un ordine di grandezza: se lo spreco alimentare si potesse considerare un “Paese”, sarebbe il terzo per produzione di gas serra dopo Cina (più del 33%) e Stati Uniti (12,5%: l’Europa ne produce il 7,3%).
Ecco perché l’educazione alimentare nelle scuole assume una nuova importanza e si innesta all’interno di una cultura che, pur non praticandola, riconosce il valore dell’attenzione verso problematiche di natura alimentare ed ambientale. Nel rapporto non mancano paesi virtuosi da cui prendere spunto: Giappone, Francia, Spagna e Regno Unito sono tra questi. L’obiettivo è puntare alla sensibilizzazione, pur tenendo a mente buone pratiche come la legge Garot, che vieta ai supermercati di gettare il cibo invenduto a favore della donazione e ha permesso alla Francia di ridurre significativamente i numeri dello spreco.