Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio, nel ricordare la strage assieme a militanti di Fratelli d’Italia, compreso il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli e il deputato di FdI Federico Mollicone, ha polemizzato col Comune: “Per la mia generazione è una ferita ancora aperta il fatto che non si sia riuscita ancora a fare luce sulla vicenda – ha osservato Rocca -. Quello che conta oggi è ricordare che questi ragazzi sono stati vittime di una violenza. Adesso la magistratura farà i suoi accertamenti. Mi farebbe piacere dedicare questa giornata alla memoria e alla violenza politica che ha visto vittime a destra e sinistra. Non mi sono sentito di fare la commemorazione con il Comune di Roma, perché ho trovato inutili e vergognose le polemiche dei giorni scorsi. L’anno scorso eravamo qua insieme, ma l’atteggiamento sulla targa non ci ha messo in condizioni di avere una commemorazione condivisa”. Rocca ha ricordato che quella targa “stava qui da decenni, si poteva scegliere una strada di memoria condivisa, individuare una targa comune, si potevano fare tante cose. Ma a distanza di pochi giorni l’ho trovata una provocazione inutile. Dopo anni ci si sveglia e si distrugge quella targa. Quando il dito indica la luna, che è la pacificazione, l’imbecille guarda il braccio. Spero che questo mio gesto porti a una riflessione per arrivare a una memoria realmente condivisa”.
Di diverso avviso l’assessore comunale Giulio Bugarini: “Sulla ricomparsa della targa in ricordo di Recchioni, la pacificazione passa sulla ricerca delle parole e dei testi di un linguaggio condiviso che chiuda una storia ormai conclusa. Lo sforzo delle istituzioni dopo tanti anni è quello di trovare un linguaggio comune per descrivere quei fatti”.
La contestazione
Incredibile anche quanto accaduto ad un cittadino che, durante la cerimonia, ha urlato ai presenti “Viva la rivoluzione italiana, viva la resistenza. M*rde”. Agenti in borghese della polizia lo hanno identificato, chiedendogli i documenti appena superato l’incrocio tra via Evandro e largo Orazi e Curiazi, dove si trova la targa commemorativa di Recchioni.
“Invece di arrestare i manifestanti per apologia di fascismo, che è anticostituzionale, fanno i controlli a chi si appella alla Costituzione. Questa è l’Italia”. L’uomo si è sfogato così: “Ci sono le croci celtiche, si inneggia al fascismo, c’è una lapide con su scritto ‘I Camerati’ – ha continuato indicando uno dei manifesti affissi in ricordo dell’anniversario della strage di Acca Larentia -. È giustissimo che vengano commemorate delle morti di un periodo in cui c’era la lotta politica armata e tutti i giorni venivano uccise persone da parte di forze politiche di destra e sinistra, ma non è accettabile che questo diventi Predappio, un raduno di neofascisti che fanno il saluto romano e si inneggia pubblicamente al ventennio. È inaccettabile per qualsiasi Paese che abbia subìto il fascismo, il nazismo e tutto questo abbia portato a morti, guerre, campi di sterminio e agli orrori che abbiamo visto tutti e che abbiamo studiato. Forse qualcuno non ha studiato”.
L’allerta
Ma l’allerta nel quartiere Tuscolano non è finita perché nel tardo pomeriggio c’è stato il raduno dell’estrema destra e contestualmente i cortei antifascisti che hanno sfilato in Via Appia.
Per la prima volta infatti il quartiere si è mobilitato per una contro-manifestazione. Il coordinamento antifascista e antirazzista del VII municipio ha spiegato così la mobilitazione: “Ci uniamo all’appello di ANPI nazionale e provinciale per chiedere il divieto di ogni manifestazione fascista a via Acca Larenzia, che da qualche anno a questa parte non è più la semplice commemorazione di tre giovani uccisi, ma è diventata una prova di forza che inneggia al fascismo, assai pericolosa e inquietante. Esigiamo lo scioglimento delle organizzazioni fasciste, come più volte richiesto, in base alle normative vigenti e purtroppo non applicate”.