Acca Larenzia, tra donazione di 30mila euro della fondazione An e il giornalismo spazzatura che diffonde la notizia

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La fondazione Alleanza nazionale ha donato 30mila euro all’associazione Acca Larenzia per consentire l’acquisto dell’immobile che si trova proprio in via Acca Larenzia, il luogo dove per anni ci fu una sede del Movimento sociale italiano, e davanti al quale, il 7 gennaio 1978, due giovani militanti di estrema destra del  Fronte della Gioventù furono uccisi.

La notizia  ha sollevato le proteste di diversi esponenti dell’opposizione: la fondazione AN, infatti, ha tra i suoi componenti di spicco molti membri di Fratelli d’Italia. Tra di loro, ad esempio, Arianna Meloni e il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli. La decisione di finanziare un’associazione di estrema destra, quindi, sarebbe stata anche a loro conoscenza.

La fondazione  ha risposto: “La Fondazione Alleanza Nazionale è di gran lunga preesistente al partito Fratelli d’Italia, ed annovera nel proprio consiglio di amministrazione esponenti di diverse anime del centrodestra italiano”, ha scritto il presidente Giuseppe Valentino. Nel Cda siede, ad esempio, anche Maurizio Gasparri, di Forza Italia. “Nessun rapporto economico intercorre con il partito di cui è presidente Giorgia Meloni”.

L’immobile in questione, ha spiegato Valentino, “era stato posto all’asta dall’Inail”, quindi per “evitarne un possibile uso non rispettoso della memoria di quel tragico evento” la fondazione ha ritenuto “coerente con i fini statutari” aiutare l’associazione Acca Larenzia. Sulla stessa linea Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma e consigliere della fondazione, che sui social ha difeso l’acquisto dicendo che “quella sede doveva diventare un negozio qualsiasi, così la già scarsa memoria di quella strage si sarebbe potuta disperdere con ancora più facilità”, per poi attaccare chi ha diffuso la notizia: “Ma posso dire che siete complici morali di quella strage?”.

Ha replicato anche l’associazione Acca Larenzia parlando di “attacco” che “oltraggia vigliaccamente il sangue dei nostri caduti”. L’associazione ha detto che l’acquisto dell’immobile è stato “dovuto e sacrosanto”, e non ha negato che ci siano “rapporti di conoscenza tra storici esponenti e militanti che provengono, guarda un po’ che scandalo, dalla medesima area politica di origine”.

Le opposizioni hanno attaccato Fratelli d’Italia, contestando ancora una volta i suoi legami con ambienti di estrema destra, già mostrati anche dall’inchiesta di Fanpage.it su Gioventù nazionale. Sandro Ruotolo, responsabile Informazione del Pd, ha affermato che è “poco credibile il progetto meloniano di un partito conservatore”, perché restano “i legami della leader di Fratelli d’Italia con quella destra legata al ventennio fascista. Aspettiamo ancora una volta che la presidente del Consiglio rompa i ponti con il passato nero e si dichiari antifascista e metta fuori legge le organizzazioni che si richiamano al fascismo”.

Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde e deputato di Avs ha attaccato: “È chiaro che la premier Meloni non vuole rompere i rapporti con estrema destra neofascista a tal punto che la finanzia”. Elisabetta Piccolotti, di Avs, ha concordato: “Ogni volta che chiediamo di chiudere le associazioni neofasciste la presidente del consiglio Meloni e i suoi sodali fanno i vaghi. Non solo loro non si impegnano a chiuderle, loro le finanziano”.

Giornalismo vergogna, potremmo definirlo, per quello che sono stati capaci di scrivere sull’acquisto della sede dove furono ammazzati i militanti del Msi di via Acca Larentia, al Tuscolano. Quella sede romana era un simbolo da chiudere col fuoco, urlavano gli estremisti rossi nei loro folli slogan. E lì trovarono morte, il 7 gennaio del 1978, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta; e pochissime ore più tardi, Stefano Recchioni”. Francesco Storace quel giorno c’era e non dimentica. Dalle colonne di “Libero” si indigna per la strumentalizzazione che i soliti “giornaloni” di sinistra fanno di una vicenda drammatica della destra italiana, “che Il Domani smercia con affari senza imbarazzo” col pretesto di attaccare la Fondazione An e Fratelli d’Italia. “In quella sede ci ho passato anche parte della mia gioventù. E mi sono preso pallottole che per fortuna non mi accopparono”.

“Hanno scoperto che la Fondazione An ha versato trentamila euro all’associazione Acca Larentia per acquistare dall’Inail quella sede, un negozio in pratica, 50 metri quadrati. Costa 68mila euro, gli altri trentottomila li hanno raccolti tra loro. Dov’è lo scandalo? Cercatelo nella viltà di chi ha pubblicato un articolo spazzatura, per disonorare le vittime incolpevoli di una strage, assassinandole ancora una volta come se fossero al centro di chissà quale trama. Che invece andava cercata – ma non fu mai trovata, nemmeno da questi presunti autori di scoop patetici – nell’estrema sinistra della Capitale. Sono incapaci di rispettare la memoria per ragazzi ventenni trucidati davanti a quella sede del MSI…”.

Storace s’indigna: “Il Domani mesta nel torbido. E se la prende persino con Mirko Giannotta, che dal padre Carlo «ereditò» di custodire il valore di quel sangue versato…  ma ci sguazzano i soliti, Angelo Bonelli, Sandro Ruotolo e il capogruppo di Avs Grimaldi: dagli al nemico, agenzie di stampa come spranghe, caccia ai soldi che non solo loro. Un giorno racconteremo la storia di tanta brava gente che donava quattrini propri al Msi, che non trovava sedi in affitto. Denaro poi confluito – nella trasformazione dal Msi ad An – proprio nell’omonima fondazione. Che cercano, i tramaioli rossi? Che vogliono? Perché invece non chiedono al loro mondo antico chi ha assassinato i martiri di via Acca Larentia? Invece attaccano la Meloni – e ovviamente la sorella Arianna- per quella decisione della fondazione An. Sanno che quella fondazione è addirittura preesistente a Fratelli d’Italia?”.

Nella polemica sul “fake-scoop” del “Domani”con la scoperta clamorosamente banale dei fondi donati dalla Fondazione An a un’associazione che tutela la memoria di uno dei luoghi simbolo della destra italiana, non colpisce tanto la fragilità delle accuse, facilmente contestabili dati di bilancio alla mano, ma l’accanimento e la mancanza di rispetto che anche nell’uso dei termini viene ostentata, con orgoglio, nella narrazione dei fatti che portarono alla strage di militanti missini da parte di bestie dal cuore rosso.

Fa sorridere – ma questa è una nota a margine quasi divertente – come “Repubblica” recepisca perfino una replica della Fondazione An come se concedesse una cortesia a un condannato a morte. «L’immobile di Acca Larentia era stato posto all’asta dall’Inail — prova a difendersi Giuseppe Valentino, presidente della Fondazione — Per evitarne un possibile uso non rispettoso la Fondazione ha supportato nell’acquisizione l’associazione Acca Larentia», scrive il quotidiano diretto da Maurizio Molinari.

Ha commentato il fatto anche il portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli: «La fondazione di Alleanza Nazionale finanzia con 30 mila euro l’associazione Acca Larentia per l’acquisto della sede omonima, come spiega bene un articolo de Il Domani. Nel sito Facebook di questa associazione, Acca Larentia, si celebrano un combattente delle Waffen SS, terroristi neri come Concutelli e il killer del giudice Occorsio, che nella pagina viene definito ‘il comandante’.

«È evidente, come ha spiegato bene l’inchiesta di Fanpage, che la frequentazione di frange estremiste non è casuale in Fratelli d’Italia, visto che la cassaforte del partito della Premier Meloni dà soldi a questi gruppi di estrema destra. Per questo ho presentato un’interrogazione parlamentare, anche per conoscere queste modalità di finanziamento: come mai a bilancio non c’è nulla della somma data ad Acca Larentia per acquistare la sede omonima? Fratelli d’Italia dovrà rispondere anche sul fatto che hanno dato soldi a chi celebra il terrorista che ha ucciso il giudice Occorsio, oltre a celebrare le Waffen SS».

Analizziamo le parole. “Prova a difendersi”. Prova, sottolinea il giornale: come a dire, non si difende, non può, è indifendibile, fa solo un tentativo, ce sta a provà.  Ma anche sul termini “difendersi” qualcosa non torna: difendersi ma da cosa, esattamente? Aver evitato che il luogo dove dei giovani missini trovarono la morte diventi un supermercato, una negozio di cannabis light, la casa occupata da Ilaria Salis, la cooperativa di migranti su cui far soldi della moglie di Soumahoro, l’atelier dell’armocromista di Elly Schlein o magari una sede del Nuovo Pci?

I morti, sul campo, per “Repubblica” non sono morti, vittime, innocenti, giovanissimi, ma ‘estremisti di destra’, per il “Domani” sono neofascisti, come se a quei tempi militare nel Msi, forza politica perfettamente integrata nell’arco costituzionale – nonostante i tentativi di tenerla fuori, che esprimeva parlamentari, classe dirigente e proposte politiche – fosse paragonabile all’affiliazione alle formazioni rosse che cannoneggiavano lo Stato democratico col piombo, da Lotta Continua a Potere Operaio fino alle Brigate Rosse. Leggere oggi “Repubblica” o “Il Domani” fa immediatamente venire alla mente le deliranti frasi contenute nel libro di Valentina Mira, romanzo candidato allo Strega: «È successo che due del FdG, vabbé gli hanno sparato. Eravamo in quegli anni lì, loro erano i primi del resto a sparare». E vabbè, tanto erano estremisti di destra. Un po’ meno innocenti, un po’ meno giusti, un po’ meno morti di quelli di sinistra.

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