Alla vigilia del vertice Nato, la maledizione del G7-2024: “Leader o non leader, questo è il dilemma!”

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Washington – Non è passato neanche un mese dal G7, a guida italiana, tenutosi in Puglia. Che molti protagonisti seduti a quel tavolo sono al bivio del loro percorso se non al capolinea. Primo fra tutti l’inquilino della Casa Bianca, visibilmente impacciato e in difficoltà sia sul fronte anagrafico che su quello politico della democrazia a selle e strisce con il fronte interno dei democratici che chiede che si ritiri dalla kermesse elettorale, di novembre, per guidare gli Stati Uniti per il prossimo quadriennio. Ma l’anziano presidente, non sembra voler sentire ragioni da quell’orecchio. Dopo il presidente veterano statunitense, l’altro leader politico seduto a quel tavolo a finire nei guai politici è stato il primo ministro della corona britannica, Rishi Sunak che, due giorni fa si è dovuto dimettere dopo aver incassato la sconfitta del suo partito alle elezioni legislative. Al posto del leader tory arriverà a Downing street il numero uno del Labour, Keir Starmer, che ha portato il suo partito a un risultato oltre le aspettative, riportando al governo i laburisti dopo quattordici anni. Non va meglio alla presidente dell’assise Giorgia Meloni che, pur forte del successo elettorale riscosso alle elezioni europee, oggi, con il ridimensionamento della Le Pen, al secondo turno delle politiche francesi, resta l’unico leader di centro destra sulle cui spalle ricade il fardello di questa appartenenza, spazio che il caso di affermazione del Rassemblement National, avrebbe posto la Meloni in una posizione più centrista  e la Le Pen in quella di più estrema destra. Situazione, questa, che proprio nel momento nel quale l’Italia è alla ricerca di una prestigiosa rappresentanza in seno alla Commissione Europea, pone il “bel Paese”, in una condizione di svantaggio. Poi, sempre a quel tavolo d’ulivo pugliese, c’era il cancelliere tedesco Olaf Scholz che non riesce a scrollarsi di dorso il fardello dei suoi predecessori (Merkel, Schröder e Kohl) che, in Europa e nel mondo, facevano sentire imponente la loro autorevole voce dettando condizioni e mettendo la Germania in una condizione di leadership mondiale. A quel tavolo, poi, era permanentemente seduta, anche, la  presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Una figura politica certamente austera e cordiale, oggi alle prese con la formazione di una coalizione che le garantisca una maggioranza per la sua auspicata riconferma non certo scontata che la vede a caccia di voti per il prossimo 18 luglio, quando si dovrà scegliere chi, per il prossimo quinquennio, dovrà guidare il governo dell’Unione. Insieme a lei presidente del Consiglio Europeo, anch’esso giunto al capolinea del suo incarico. Dall’altro capo del mondo, in Puglia, è arrivato anche il primo Ministro giapponese, Fumio Kishida, solidamente al timone del suo Paese ma alle prese con l’impressionante crescita mondiale di un  altro Paese del suo continente, la Cina e sempre in allerta per la questione legata alla Corea del Nord. Ma come ogni buon corollario di matematica c’è sempre l’eccezione che conferma la regola che, in questo contesto, è rappresentato dal giovane presidente canadese Justin Trudeau, già al suo terzo mandato che non sembra, almeno al momento, essere imbrigliato in beghe politiche che lo possano far tentennare. Insomma, una nuova geografia politica o meglio nuove valenze politiche con le quali si aprirà, tra qualche ora, il vertice Nato di Washington le cui credenziali di accesso sembrano essere, oggi, quanto mai effimere per molti Paesi aderenti. Senza dimenticare le due più importanti questioni mondiali che stanno minando la pace del pianeta come quelle “russo-ucraine” e “israelo-palestinese”.

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