All’assemblea dei Verdi Maurizio Landini è la star, Bonelli registra l’assenza di Conte e Calenda

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C’è Landini, come ospite d’onore, all’assemblea nazionale dei Verdi -Avs, a Chianciano Terme, a conferma del ruolo ormai “politico”, a tutto tondo, del leader della Cgil, che cerca spazio a sinistra a suon di scioperi e di slogan aggressivi sulle rivolte da consumare nel Paese. Peccato però che a Chianciano si sia consumata l’ennesima inconsistenza del “campo largo”, che il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, aveva provato a rilanciare proponendo un giro in passerella per tutti i “piccoli capi” del centrosinistra. Ma Bonelli, rieletto co-portavoce di Europa Verde proprio in Toscana, finisce per incassare un’altra umiliazione: la sua proposta di far alternare sul palco dell’Assemblea nazionale del partito i maggiori leader delle opposizioni – a eccezione di Matteo Renzi – viene immediatamente azzoppata da Giuseppe Conte, che si collega solo in video, e Carlo Calenda, impossibilitato da problemi di salute a presenziare all’evento. Non a caso il presidente del Movimento 5 stelle e il leader di Azione sono i più scettici sull’idea di creare un fronte comune in contrapposizione al governo di Giorgia Meloni e al centrodestra.

Elly Schlein, dal palco rinnova il suo appello alla compattezza: ‘La sentiamo questa voglia di unità nelle piazze. L’unità non è un valore a tutti i costi, ma lo è se riesce a raccogliersi attorno a un progetto coerente, a un programma definito e a valori condivisi. Non abbiamo scadenze elettorali ma dobbiamo usare bene il tempo e dobbiamo usarlo insieme. Non facendoci gli affari propri, ma mobilitandoci insieme. Serve un luogo dove comporre le differenze e costruire l’alternativa al centrodestra’.

Manca Conte, manca Calenda, manca Renzi, ma c’è Landini. Ecco perché gli stessi leader a Chianciano non si nascondono le differenze che ci sono, una su tutte quella sull’invio di armi all’Ucraina, che vede contrapposti da una parte il Partito democratico e +Europa, dall’altra Avs e il Movimento 5 stelle.

Conte, infatti, anche in videocollegamento, non manca di rimarcare il voto dei dem al Parlamento europeo a favore del riarmo, lanciando una frecciata: “Noi potremo rafforzare questa battaglia, mi rivolgo in particolare a Europa Verde, ma ovviamente anche a tutte le forze progressiste. Queste sono direzioni necessarie per caratterizzare in direzione progressista l’azione politica, altrimenti non ci distingueremo dalle forze conservatrici, o peggio restauratrici, come quelle che sono al governo in Italia”, dice l’ex premier tirando le orecchie a Schlein. Lei, però, chiarisce ancora prima dell’intervento del presidente dei pentastellati che queste divergenze non possono essere un ostacolo, perché “è vero, non siamo sempre d’accordo su tutto, ma sull’attenzione verso un progetto di pace che faccia finire queste guerre prima che cadano gli ultimi fucili, sì.


Landini non perde occasione per fare il suo comizio. “Vedremo ora il governo cosa risponde alle 500.000 persone che sono scese in piazza venerdì. Per quel che ci riguarda bisogna aumentare la spesa sanitaria e bisogna agire sul fisco per andare a prendere le risorse per fare questi investimenti. Stiamo chiedendo al governo in modo esplicito che riconvochi un tavolo sulla legge di bilancio, così come chiediamo agli imprenditori di aprire le trattative sui rinnovi dei contratti”, ha detto il leader della Cgil, Maurizio Landini a margine dell’assemblea di Avs a Chianciano. “Non si può rimuovere quello che è avvenuto venerdì e che 500.000 persone hanno chiesto di essere ascoltati”. Se questo non avverrà “già da lunedì”, ha aggiunto, il sindacato valuterà come continuare. Nuovi scioperi in vista: la vera opposizione al governo Meloni…

A sciopero terminato si registra il consueto balletto tra le cifre dei manifestanti e quelle ufficiali: i sindacati rivendicano la partecipazione di 500mila persone allo sciopero generale di venerdì 29 novembre in 43 piazze italiane. Per Cgil e Uil, c’erano mezzo milione di persone in piazza. «L’adesione è stata di oltre il 70%” dicono da Corso d’Italia e Via Lucullo». Ma i conti non tornano con i dati riscontrati dai ministeri, e dal Viminale al dicastero dell’Istruzione, risultano ben diverse le cifre delle adesioni allo sciopero generale convocato da Cgil e Uil con il plateale forfait della Cisl. Anzi, sono decisamente molto diverse da quelle snocciolate dai professionisti dello sciopero. E indicano il flop dello sciopero, anche se Landini brinda a un successo.

Il ministro Matteo Salvini ha sottolineato: «I sindacati possono decidere che è domenica. Ma è venerdì, non è domenica» puntualizza. E ancora. «Arrivano le cifre, scuola per scuola, ufficio postale per ufficio postale. Se le poste hanno aderito al 4%. Se i numeri delle scuole danno le adesioni del 5%, evidentemente c’è gente che ha scioperato ed è liberissima di farlo, ma la stragrande maggioranza dei lavoratori e delle lavoratrici oggi ha fatto una scelta diversa» ha ribattuto il ministro. Concludendo: «Io rispetto chi era in piazza, che erano, stando ai loro dati, 500mila persone. Come rispetto anche gli altri 50 milioni di italiani che non hanno aderito», incalza rimarcando sulle proporzioni.

Oltretutto, non è solo una questione di quantità della partecipazione e di numeri gonfiati, in alcuni casi decisamente inventati, come la buona propaganda rossa insegna: perché tra le cose che nella giornata di cortei nelle piazze italiane ha destato scalpore non si possono non segnalare e rispedire al mittente non solo gli slogan gridati da Maurizio Landini che esortava a rivoltare il Paese come un guanto, ma anche il suo silenzio ostentato dal palco di Bologna mentre grida al miracolo dei numeri, si guarda bene dal pronunciare mezza parola sulla guerriglia di Torino figlia della sue parole sulla rivolta sociale. E su questo, tra gli altri, dalle colonne del Corriere della sera Giovanni Donzelli commenta a chiare lettere. E al giornalista che gli domanda se si è sentito infastidito dalle frasi di Landini, replica netto: «Non è una questione di fastidio. È invece irresponsabile soffiare sul fuoco. Landini alza le parole e poi c’è qualcuno che lo prende sul serio ed è pronto a fare gesti irresponsabili».

Laddove, per “gesti irresponsabili” l’esponente di FdI si riferisce chiaramente all’ingaggiare «scontri violenti con la polizia. Bruciare le foto del presidente del Consiglio, ma anche dar fuoco ai manichini delle persone». E dalle azioni agli slogan utilizzati per evocarle, naturalmente nella maggioranza è stata unanime nel respingere con fermezza l’espressione: «Rivolta sociale». Una locuzione che, ribadisce lo stesso Donzelli, «il segretario della Cgil va ripetendo da diverse settimane, soffiando, appunto, sul fuoco. Ma mai gli ho sentito dire una parola sulle aggressioni subite dai poliziotti che a quanto mi risulta sono lavoratori che anche il sindacato dovrebbe tutelare».

«Più che la svolta autoritaria del governo vedo la svolta minoritaria del sindacato, perché analizzando quantità e modalità della partecipazione di piazza, al Corriere Donzelli sottolinea come, «più che la svolta autoritaria del governo – come si gridava sempre dalle piazze dello sciopero – vedo la svolta minoritaria del sindacato». Un commento che nel passaggio successivo dell’intervista il deputato di FdI spiega asserendo: «Nella scuola alle 17 di ieri l’adesione allo sciopero non arrivava al 6%. E questo è soltanto un esempio. Se invece di difendere gli interessi veri dei lavoratori ci si butta sulla politica poi i lavoratori ti girano le spalle. Sparano cifre a caso senza conoscere. Tanto per provare ad aumentare. Ma le percentuali parlano da sole e sono lontanissime da quelle di quando il sindacato era un movimento di massa. Direi che i conti si devono fare con altre cifre, quelle vive. Tenere conto delle oltre 800 mila persone che hanno trovato lavoro da quando c’è il governo Meloni. Della disoccupazione che è crollata, delle tasse che sono diminuite. Le persone vedono questo, un’Italia che riesce ad avere un peso a livello internazionale. E poi vedono Landini che invece di festeggiare per l’occupazione che aumenta aveva iniziato a chiamare allo sciopero contro la finanziaria a luglio, quando non era ancora stata scritta».

Donzelli dalle colonne del Corriere della sera, aggiunge: «Oggi la sfida che c’è nel mondo del lavoro non è tra il padrone della fabbrica che chiude e l’operaio che vien sfruttato. Oggi l’operaio e il datore di lavoro stanno dalla stessa parte a difendere l’economia nazionale dalle speculazioni delle multinazionali e dalla concorrenza sleale delle delocalizzazioni. E in proposito vorrei fare una domanda a Landini: dov’era quando la Fiat veniva svenduta alla Francia per far nascere Stellantis? È con quell’operazione che si mettevano in crisi gli operai che lavorano nell’automotive».

“Landini ha toccato il fondo: non si limita a proclamare uno sciopero ogni tre giorni, danneggiando i cittadini, ma cerca anche di aizzare una specie di sommossa sociale, perché non si sa. Ma qui bisogna lavorare, altro che scioperare”. Parola di Vittorio Feltri che dai microfoni di Radio Libertà non le manda a dire al segretario generale della Cgil che da giorni si appella alla rivolta sociale. Adesso se l’è presa pure con il Giubileo”, continua il direttore editoriale del “Giornale: “Già il solo evento metterà Roma in difficoltà per la quantità enorme di fedeli, se poi ci aggiungi uno sciopero è chiaro che vai non solo contro la Chiesa, ma soprattutto contro la gente. E andare contro la gente non mi sembra intelligente, da parte di un sindacalista, La Cgil ha perso 200mila iscritti? Mi fa piacere, vuol dire che la gente non è cretina come pensa Landini…”.

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