Alzheimer: la cura è sempre più vicina

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Secondo dati dell’Oms, ci sono 55milioni di persone nel mondo che soffrono di demenze e Alzheimer; queste malattie rappresentano la settima causa di morte nel mondo. In Italia, i malati di Alzheimer sono 600mila: ad oggi, non possono far altro che rallentare il decorso della malattia non solo per via farmacologica, ma anche agendo attivamente sul proprio stile di vita, attandolo alle esigenze terapeutiche. Il motivo per cui trovare una cura definitiva è così complicato è insito nella natura del cervello: un organo estremamente complesso, che può essere soggetto ad uno svariato numero di stimoli sbagliati, difficili da individuare e riconoscere come la causa della malattia. Inoltre, soltanto di recente, si è scoperto che la malattia di Alzheimer, in realtà, è identificabile in una famiglia di malattie differenti, causate da diversi fattori biologici.

La ricerca, ad ogni modo, non si ferma: un team di ricercatori ha appena individuato, presso il Centro per la Malattia di Alzheimer delle Molinette a Torino, un nuovo gene causa della malattia. Si tratta del Grin2C, responsabile per la codifica di un recettore del glutammato, l’Nmda. Il glutammato è, infatti, un elemento chiave per alcuni meccanismi biologici fondamentali all’interno dell’organismo umano, tra cui il corretto funzionamento del sistema immunitario e del sistema digerente; è anche un importante neurotrasmettitore eccitatorio e, quando in perfetto equilibrio con i neurotrasmettitori inibitori, permette al corpo di lavorare al meglio.

Per quanto il Grin2C sembra essere una causa molto rara dell’Alzheimer, la sua scoperta conferma il ruolo centrale del glutammato (e di tutte le mutazioni che possano intaccarne l’operato) nello sviluppo della malattia. Per i ricercatori è stato anche interessante notare come, tutti i pazienti portatori della mutazione, abbiano sviluppato disturbi dell’umore e di tipo depressivo nel corso degli anni precedenti al deficit cognitivo. A livello clinico, si aspetta la produzione di un farmaco in grado di ridurre i livelli di “eccitotossicità cerebrale da glutammato” per rallentare, in maniera sempre più efficace, il decorso della malattia.

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