La condanna in primo grado a otto mesi del sottosegretario Delmastro, dopo la richiesta di assoluzione del pm, è un’altra occasione per sinistra e giudici di provata fede progressista per sostenere la pericolosità della riforma e riaprire lo scontro con Palazzo Chigi.
Il giorno dopo il verdetto della procura su Delmastro l’Anm usa la sentenza sul caso Cospito contro il governo. Il sindacato delle toghe va all’attacco diretto della premier Meloni che a caldo si è detta ‘sconcertata” per la sentenza di condanna del sottosegretario. “Siamo sconcertati – si legge in una nota della giunta dell’Anm – nel constatare che ancora una volta il potere esecutivo attacca un giudice per delegittimare una sentenza”. Nel mirino anche il Guardasigilli: “Siamo disorientati nel constatare che il ministro della Giustizia auspica la riforma di una sentenza di cui non esiste altro che il dispositivo”.
“Sono dichiarazioni gravi che minacciano la fiducia nelle istituzioni democratiche”. La condanna di Delmastro dimostrerebbe l’indipendenza della giustizia che ha semplicemente applicato la legge con onore e responsabilità”. Il vero bersaglio dei giudici è la riforma strutturale della giustizia sulla quale Palazzo Chigi non intende fare passi indietro.
“È un dato di fatto – osserva Delmastro intervistato dal Corriere della Sera – che il collegio fosse fortemente connotato dalla presenza di Md. Anche dopo la sostituzione di un componente avvenuta due udienze fa. Io non ho onore? Il mio onore è aver difeso il carcere duro e l’ergastolo ostativo. Nella mia visione manca di onore chi parla con terroristi e mafiosi”. La furia delle toghe militanti è certificata ancora una volta. Così come la natura politica della sentenza visto che oltre alla separazione delle carriere a preoccupare la casta è il sorteggio dei membri del Csm che manderebbe all’aria la logica delle correnti, autentico cancro della magistratura.
Il vero incubo del gotha della magistratura è il meccanismo del sorteggio previsto dalla riforma, che mina gli equilibri consolidati negli anni con monopoli e rendite di posizioni intoccabili. Da ordine dello Stato, come prevede la Costituzione, a potere autoreferenziale impegnato a conservare se stesso. Lo status quo, al contrario, permettere di varcare la soglia del Csm a “coloro – parola di Palamara, già presidente dell’Anm – che rispondono al sistema dei soliti noti, mentre rimarranno esclusi coloro che ogni giorno amministrano la giustizia nei tribunali fuori dai meccanismi di potere”. Proprio il monopolio di Magistratura democratica nel collegio giudicante dimostra l’importanza di una riforma che scardina il potere quasi assoluto delle correnti. Non a caso Md ha il nervo scoperto.
Il governo va avanti dritto sulla strada delle riforme e se il ministro Nordio ha espresso “disorientamento e dolore” anche il vicepremier Antonio Tajani parla di una decisione politica volta a ostacolare la riforma della giustizia, “una sentenza senza un grande fondamento giuridico”. E ha assicurato che il governo andrà avanti con le riforme.
Ora Bonelli dice che «in Italia non esiste più lo Stato di diritto, ma il codice Meloni: le regole valgono solo per i cittadini comuni, mentre chi fa parte del governo gode di impunità». Va ricordato che Bonelli è leader con Nicola Fratoianni di quell’Avs che conta nelle proprie file Ilaria Salis e Mimmo Lucano. Salis è stata candidata alle europee per evitarle il processo in Ungheria e attualmente ancora si giova dell’immunità parlamentare che le è garantita dal seggio a Strasburgo. Lucano, anche lui eletto in Europa, resta al suo posto dopo la condanna definitiva a un anno e sei mesi, con pena sospesa, per falso nell’ambito del processo sul “sistema Riace” legato all’accoglienza dei migranti. Poiché Lucano era accusato di reati ben più gravi, la condanna a “soli” 18 mesi arrivata un paio di settimane fa è stata salutata dai compagni di partito come fosse un’assoluzione, ma sempre condanna definitiva resta.
Il M5S, invece, la condannata in via definitiva ce l’ha nel Parlamento italiano. Si tratta di Chiara Appendino, alla quale a gennaio di quest’anno è stata inflitta una condanna a un anno, 5 mesi e 23 giorni di reclusione per i reati di disastro colposo, omicidio colposo e lesioni plurime colpose in relazione ai cosiddetti fatti di piazza San Carlo ai tempi in cui era sindaco di Torino. Giuseppe Conte, dopo la condanna di Delmastro in primo grado, ha detto che «si sentono attaccati alla poltrona» e che il sottosegretario si deve dimettere.
Varrà la pena ricordare che Alessandra Todde è stata dichiarata decaduta dal ruolo di presidente della Regione per violazioni legate alla rendicontazione delle spese elettorali sostenute durante la campagna elettorale. «Ci sono delle irregolarità formali che possono determinare sanzioni pecuniarie, ma non certo la decadenza», commentò a caldo Benedetto Ballero, l’avvocato di Todde. Come dire, “il fatto oggettivo” c’è, poi bisogna capire come trattarlo.
Quanto al Pd gli va dato atto di non avere attualmente alcun parlamentare condannato in carica. In compenso si ritrova con qualche esponente locale, coinvolto in brutte inchieste come dicono le dimissioni del presidente della Provincia di Salerno e sindaco di Capaccio Paestum, Franco Alfieri, che però era stato arrestato cinque mesi fa nell’ambito di un’inchiesta su presunti appalti truccati. La Cassazione ha confermato i domiciliari una settimana fa.