‘L’Italia “non è condannata alla stagnazione. La ripresa registrata dopo la crisi pandemica è stata superiore alle previsioni e a quella delle altre grandi economie dell’area. Contrariamente a quanto avvenuto in episodi di crisi del passato, è stata intensa anche nel Mezzogiorno’. Prospettive positive, nella relazione del governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nelle sue considerazioni finali ma allarme sulla zavorra del debito pubblico. Panetta ha ricordato le crisi passate, queste “hanno colpito l’economia italiana con durezza” eppure “alcuni degli indicatori che in quella fase alimentavano i timori di declino sembrano oggi dirci che un’inversione di tendenza è possibile”. Infatti, ha detto ancora il governatore, “nella pronta ripresa di esportazioni e investimenti dell’ultimo quadriennio si possono leggere segnali di ristrutturazione del sistema produttivo e di una sua ritrovata capacità di competere sui mercati internazionali”. “Non dobbiamo farci illusioni: la nostra economia soffre ancora di problemi gravi, alcuni radicati e di difficile soluzione. Il ritardo economico del Mezzogiorno e l’elevato debito pubblico sono questioni ineludibili per la politica economica”.
Bankitalia: aprire alla concorrenza
“Così come i vincoli alla concorrenza che in molti settori creano rendite di posizione e limitano l’accesso di nuovi operatori, comprimendo l’innovazione, la produttività e l’occupazione. Dobbiamo aprire l’economia alla concorrenza e offrire a tutti l’opportunità di valorizzare i propri talenti”, ha detto ancora Panetta. L’elevato debito pubblico italiano, “frutto di squilibri accumulati in passato” è una “zavorra” che “ci costringe ogni anno a impegnare considerevoli risorse pubbliche per pagare interessi, sottraendole all’innovazione e allo sviluppo” e per liberarsi da questo “fardello” servirà “coniugare prudenza fiscale e crescita”, ha aggiunto suggerendo come “affrontare il problema del debito richiede un piano credibile volto a stimolare la crescita e la produttività, e nel contempo a realizzare un graduale e costante miglioramento dei conti pubblici”
La “partita del futuro” si giocherà “sul fronte della tecnologia”e questo vale sia “per l’Italia come per il resto d’Europa”, per cui “servirà valorizzare la ricerca, accompagnare il sistema produttivo nella sua trasformazione proteggendo i più svantaggiati, creare un ambiente normativo, economico e finanziario che favorisca l’assunzione di rischi imprenditoriali nei settori innovativi e che limiti il potere monopolistico di pochi grandi attori, ha quindi sottolineato.
In Italia “l’evoluzione dei salari ha riflesso il ristagno della produttività: i redditi orari dei lavoratori dipendenti sono oggi inferiori di un quarto a quelli di Francia e Germania. In termini pro capite, il reddito reale disponibile delle famiglie è fermo al 2000, mentre in Francia e in Germania da allora è aumentato di oltre un quinto”.
Il capitale umano “ha un ruolo decisivo” e “il ritardo rispetto a molti Paesi avanzati nelle competenze lavorative di giovani e adulti si riflette in un’occupazione sbilanciata verso le professioni meno qualificate”. Per cui, “competenze e conoscenze, da nutrire e rivitalizzare lungo tutto l’arco della vita, sono il cardine non solo del progresso economico, ma anche e soprattutto di quello civile”.
“E’ possibile che un sostegno all’occupazione derivi da un flusso di immigrati regolari superiore a quello ipotizzato dall’Istat. Occorrerà gestirlo, in coordinamento con gli altri Paesi europei, bilanciando le esigenze della produzione con gli equilibri sociali e rafforzando le misure di integrazione dei cittadini stranieri nel sistema di istruzione e nel mercato del lavoro”, ha detto ancora Panetta ricordando come “decisi aumenti dei tassi di occupazione, fino ai livelli medi dell’area dell’euro, potrebbero arrivare a controbilanciare gli effetti del calo demografico e mantenere invariato il numero degli occupati”.
“E’ chiaro – ha però indicato – che anche con maggiore occupazione e maggiori flussi migratori l’apporto del lavoro alla crescita dell’economia non potrà che essere modesto. Solo la produttività potrà assicurare sviluppo, lavoro e redditi più elevati”.