Don Antonio Ruccia, che nelle ultime ore ha dichiarato “guerra”, ai giornalisti aggredendoli verbalmente cercando di impedire di fare il loro lavoro usa due pesi e due misure. Quando le precedenti due volte i bambini abbandonato furono salvati era diventato una specie di star televisiva, in questo caso la parola d’ordine è “niet giornalisti”. Intanto il parroco della parrocchia di “San Giovanni Battista” di Bari è da oggi formalmente iscritto nel registro degli indagati, insieme a un tecnico della ditta manutentrice della culla termica per neonati, installata all’esterno della chiesa, dove la mattina di giovedì scorso è stato trovato un neonato morto. Per i due l’ipotesi di reato contestata dalla procura del capoluogo pugliese è quella di omicidio colposo. Iscrizione che era nell’aria già da qualche giorno all’indomani degli interrogatori dei due come persone informate sui fatti. Al momento si tratta di una iscrizione tecnica, un atto dovuto, in attesa degli esiti autoptici. A non convincere i magistrati e gli investigatori della squadra mobile della questura barese sono state le dichiarazioni finite nei verbali di interrogatori dei due. In particolare per quanto riguarda il sacerdote non avrebbero convinto due cose. La prima riguarda la discrasia emersa tra quanto dichiarato sul sito web della parrocchia che parla “di una culla riscaldata, dotata di sensori. Quando il neonato vi viene posto, si attiva un allarme collegato con l’ospedale Policlinico di Bari”. Dichiarazione questa confutata, avantieri, dal direttore generale del nosocomio barese, Antonio Sanguedolce, che aveva smentito la cosa affrettandosi a far sapere che “non c’è mai stato un allarme collegato con il reparto, ma solo con il cellulare del parroco”. Altro elemento che non convince chi sta effettuando le indagini è il fatto che l’allarme sia collegato esclusivamente a un telefono cellulare, in questo caso del parroco e non per esempio a un numero di emergenza di una sala operativa di pronto intervento. Una unica utenza telefonica non garantirebbe un effettivo funzionamento del sistema di allarme almeno in due casi. Il primo quando quel cellulare si trova in una zona di non copertura del segnale telefonico da parte del gestore dell’utenza e il secondo quando l’apparecchio per via di un possibile uso intensivo possa rimanere scarico di batteria. Diverso è la posizione del tecnico della manutenzione che dovrà spiegare come mai non hanno funzionato impianto di riscaldamento e sistema di allarme e, soprattutto, come mai, in questo caso di disfunzione tecnica non è scattato l’intervento di manutentivo di ripristino delle avarie. Ipotesi di reato che potrebbero cadere, entrambe, se l’esito dell’autopsia dovesse stabilire che il piccolo neonato, ancora oggi senza nome, era stato adagiato nella culla termica senza vita e che la causa del decesso è estranea alla sua permanenza in quella incubatrice. Anche per questa ragione il fascicolo di indagine, oltre alla nuova ipotesi di reato contestata agli ultimi due iscritti, resta aperto contro ignoti con l’ipotesi di reato di abbandono di minore aggravato da morte. Capo d’imputazione, quest’ultimo, che verrebbe addebitato, qualora le indagini portino all’identificazione ai genitori o a uno dei due, sempre che quando il piccolo è stato lasciato nella culla era ancora in vita. Un’indagine complessa quella che gli uomini della mobile e i due procuratori stanno portando avanti. Adesso, quindi, tutto ruota intorno agli esiti dell’autopsia alla quale se verranno nominati potranno partecipare anche i periti di parte dei due indagati. Nel frattempo, sono stati acquisiti dagli investigatori i filmati delle telecamere di videosorveglianza della zona, per un breve periodo temporale antecedente il ritrovamento, in cui esame approfondito verrà iniziato all’indomani dei risultati autoptici. Sarà quindi l’autopsia a snellire il lavoro di verifica delle immagini dando agli investigatori un periodo certo da verificare. Resterà da capire adesso, in seguito alla perizia strutturale disposta dalla procura che cosa e perché non ha funzionato e, soprattutto, da quando all’interno di quella culla e che ha mandato in avaria i due essenziali sistemi sia di allarme che di riscaldamento dell’incubatrice. Non si esclude che nelle prossime ore possa essere convocato, come persona informata dei fatti, anche il direttore generale del policlinico Antonio Sanguedolce che in tal caso sarà chiamato a mettere a verbale quanto dichiarato ai giornalisti due giorni fa, ovvero che con il policlinico non era collegato nessun sistema di allarme di quella culletta. In questo caso, dovrà essere don Antonio Ruccia qual è stata la motivazione che lo ha portato a scrivere sul sito della sua parrocchia che la culla era collegata con il nosocomio barese e non con il suo solo cellulare che come emerge al momento dalle prime indagini la mattina dello scorso due gennaio non ha squillato per dare l’allarme della presenza di un bambino nella culla, dalla presunta età di un mese di vita, ammesso che sia stato lasciato lì quella stessa mattina, cosa ancora tutta da verificare.