La società moderna ci impone modelli irraggiungibili di perfezione, tra immagini filtrate sui social e standard estetici impossibili. Ma quanto siamo davvero disposti a sacrificare per essere accettati? Hungry, lo spettacolo scritto e interpretato da Eleonora Cucciarelli, con la regia di Alessandra Silipo, andato in scena l’11 e il 12 marzo al Teatro Trastevere di Roma, affronta questa domanda con una combinazione di ironia e profondità, mescolando il linguaggio della stand-up comedy con una riflessione acuta sui disturbi alimentari e sul rapporto tossico con il corpo.
Uno spettacolo essenziale e potente
Apparentemente, Hungry racconta la storia di una donna che combatte con i chili di troppo, ma questa è solo la superficie. La scenografia minimalista – un frigorifero, una sedia e una cornice di specchio vuota – diventa un potente simbolo della lotta interiore della protagonista. Il frigorifero rappresenta sia la tentazione che la prigione del controllo, mentre lo specchio, che non riflette nulla, sottolinea la difficoltà di vedere e accettare la propria vera essenza.
Gina, il personaggio interpretato dalla Cucciarelli, è un’aspirante attrice nata nei primi anni ’90 in un piccolo paese umbro. Cresce circondata da complimenti sulla sua bellezza e sulla sua spensieratezza, ma tutto cambia con l’adolescenza: il bullismo e il body shaming ricevuti a scuola trasformano il suo rapporto con il corpo in una battaglia costante. La ricerca della perfezione la porta a trascurare la sua vera passione – la recitazione – e a inseguire un ideale imposto dall’esterno.
La Pizza come metafora del desiderio e della paura
Uno degli elementi più originali dello spettacolo è il personaggio della Pizza, che non è solo un oggetto di tentazione, ma una vera e propria voce interiore con cui Gina dialoga. La respinge, la desidera, le parla, la caccia via e poi la cerca di nuovo. In una delle scene più emblematiche, la protagonista apre la confezione della pizza, creando un momento di tensione tra il bisogno di cedere al piacere e la paura di perdere il controllo.
Questo rapporto con il cibo diventa così una metafora del rapporto con se stessi e con gli altri: un continuo tira e molla tra l’essere ciò che si vuole essere e ciò che gli altri si aspettano.
Un viaggio tra epoche diverse, un solo problema
Ma Hungry non è solo uno sguardo sul presente. In un interessante salto temporale, Gina diventa Beata Angela, una mistica medievale umbra che, per raggiungere la purezza spirituale, si infligge privazioni alimentari. Il parallelismo tra le due donne dimostra come il bisogno di accettazione sia una costante della storia umana: se nel Medioevo il digiuno era un mezzo per avvicinarsi a Dio, oggi è una strada verso un ideale di bellezza irraggiungibile, imposto dai media e dalla cultura dell’apparenza.
La scelta di accostare due figure così lontane nel tempo è brillante e sottolinea un punto chiave: la fame di riconoscimento è sempre esistita, cambiando solo forma e contesto.
L’arte della stand-up e il coinvolgimento del pubblico
Uno degli aspetti più riusciti dello spettacolo è il suo tono ironico e brillante. La Cucciarelli dimostra una grande capacità di tenere il palco con il ritmo incalzante della stand-up comedy, plasmando le reazioni del pubblico in tempo reale. Non si limita a recitare un testo, ma interagisce attivamente con la platea, rendendola parte dello spettacolo.
L’umorismo è un’arma potente, perché permette di affrontare temi profondi senza appesantire la narrazione. Si ride, ma ogni battuta porta con sé una riflessione amara sulla società e sulle sue contraddizioni.
Il talento dietro lo spettacolo
Dietro Hungry ci sono due artiste di grande talento. Eleonora Cucciarelli, attrice e autrice, ha studiato presso diverse accademie teatrali e ha maturato esperienza in spettacoli che spaziano dal teatro classico alla commedia contemporanea. La sua capacità di alternare momenti drammatici e ironici dimostra una grande padronanza della scena.
La regia è affidata a Alessandra Silipo, che con un’impostazione essenziale ma efficace riesce a dare forza al testo senza sovraccaricarlo di elementi superflui. La sua regia valorizza l’interpretazione della Cucciarelli, lasciando che sia l’attrice a riempire lo spazio con la sua presenza e la sua voce.
Un messaggio universale
Alla fine dello spettacolo, resta una domanda: quanto siamo disposti a rinnegare di noi stessi per sentirci accettati? Hungry è una critica feroce alla cultura dell’apparenza e alla pressione sociale, ma è anche un invito a riscoprire la propria autenticità.
Uno spettacolo che fa ridere e riflettere, che intrattiene ma lascia un segno profondo. Un’esperienza teatrale che ci ricorda che la fame più difficile da placare non è quella di cibo, ma quella di amore e accettazione.





Marco Zucchi