Bisignani dalle colonne del Tempo: Bergoglio, i cardinali e i film (quasi) blasfemi

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Il Giubileo della Speranza ha portato a Roma una processione di porpore degna di un film di Fellini che, a Dio piacendo, sceglieranno il successore di Bergoglio. Da sempre, i segretari e le suore che accudiscono i cardinali sono depositari delle loro confidenze, rendendo il Vaticano uno dei più importanti centri di smistamento di gossip del pianeta. Tutti, quindi, a scrutare ogni movimento per carpire lo stato di salute di Papa Francesco, che ha aperto la Porta Santa di San Pietro in carrozzella e quella di Rebibbia in piedi. Ma il vero mistero non è la salute del Santo Padre, bensì l’abbondanza di porte sante che si è deciso di delocalizzare in chissà quanti luoghi di culto sparsi nel mondo. Solo a Roma se ne contano diciotto. Si rischia di trasformare il Giubileo in una sorta di caccia al tesoro spirituale, con i fedeli intenti a collezionare indulgenze come trofei. Per non parlare della stravagante idea, nel grandioso presepe di San Pietro, di far arrivare i Re Magi in barca e non sui cammelli, forse ritenuti troppo mainstream. Altro trend topic è Bergoglio, che inizia da un carcere il suo percorso giubilare, ma si dimostra inflessibile su condanne interne in Vaticano, al punto di non aver ancora concesso l’appello al cardinale Angelo Becciu condannato per peculato, nella cui sentenza si esclude, tuttavia, un qualunque profitto personale.

Ma è il dopo-Bergoglio che tiene banco, con la possibilità, dopo 46 anni, di avere finalmente un Santo Padre tricolore. Ed è già derby tra il capo dei vescovi italiani, il cardinale di Bologna Matteo Zuppi, 69 anni, segno zodiacale Bilancia, spedito in nome di Sant’Egidio in una missione kamikaze per la pace tra russi e ucraini, e il frate poliglotta bergamasco Pierbattista Pizzaballa, 59 anni, segno zodiacale toro, patriarca di Gerusalemme e dei Latini, il quale ha rimesso in piedi la tormentata diocesi spolpata dai patriarchi Sabbah e Twal. Navigando abilmente nel conflitto israelo-palestinese, è stato citato più volte da Bergoglio per il suo ingresso a Gaza (vietato in un primo momento da Tel Aviv), tuttavia molti dicono che è troppo giovane, senza considerare il fatto che ha passato la maggior parte della sua vita sacerdotale episcopale in quei luoghi e pertanto ha scarsa esperienza della Chiesa fuori la Terra Santa. Certo è che per Pizzaballa sarebbe una passeggiata per sanare le tensioni di una Chiesa Cattolica così divisa tra innovatori e tradizionalisti. E proprio questo scontro è al centro del film Conclave di Edward Berger, che molti cardinali, in abiti borghesi per non farsi riconoscere, sono andati a vedere alla première. Un film che è un’americanata irriverente e oltraggiosa, con palesi falsi nella ricostruzione: dai colori dei porporati agli ambienti vaticani, tanto che sembra impossibile che tra i consulenti del regista ci possano essere stati ecclesiastici di rango.

Il Vaticano descritto da Berger assomiglia ad un set di Game of Thrones. Casa Santa Marta è descritta come un albergo indicato come la sede nella quale devono vivere in clausura i cardinali elettori riuniti in conclave. Raffigurata come un posto cupo, con pavimenti in marmo, mura di colore grigio scuro, porte nere e rifiniture rosse. Nemmeno l’appartamento pontificio è presentato correttamente: le pareti sono bianche e semplici, le porte e i mobili color legno, i pavimenti in parquet. Tutto è luminoso, inclusi i due saloni al piano terra dell’albergo. La cucina è gestita da suore, e il piccolo refettorio (circa quaranta metri quadrati), accoglie ogni giorno il pranzo e la cena del Santo Padre. Non è neppure vero, come si dice nel film, che a tavola siano riuniti per gruppi chiusi a seconda della lingua parlata. Per non parlare dei dialoghi del film, tanto diretti quanto inverosimili, per chi conosce i modi paludati con cui le porpore si rivolgono tra loro. Nel film, poi, la stanza del pianto ha pareti rosse. In realtà, la sagrestia della Sistina, dove il nuovo Papa appena eletto va a meditare e vestirsi, ha pareti bianche. Erano rosse fino a vent’anni fa, quando Monsignor Guido Marini decise di tinteggiarle di bianco.

Dulcis in fundo, l’assurdità di un Papa mezzo uomo e mezza donna: per essere prete, come recita il diritto della Chiesa, bisogna essere «vir baptizatus», ovvero maschio e in buona salute, con test attitudinali e visite mediche effettuate già all’ingresso in comunità, valutazioni che includono anche psicologi (spesso donne). La «particolarità» del Papa immaginato da Berger non lo avrebbe reso abile neanche a fare il sacrestano. Errori e luoghi comuni che il regista ha concesso alla sua fantasia, comunque più lievi di quelli considerati davvero blasfemi dell’osannato premio Oscar Paolo Sorrentino, che, nel suo ultimo film «Parthenope», inserisce una scena in cui l’arcivescovo di Napoli si concede una «fellatio» in sacrestia facendo beffa del sangue di San Gennaro. Con un’indignazione praticamente assente forse perché oggi la Chiesa preferisce cedere terreno pur di non turbare la sensibilità altrui. Anche a costo di sacrificare la difesa delle sue tradizioni e la sacralità cristiana. Può darsi che il Giubileo della Speranza sia proprio rivolto a quei fedeli che, nonostante tutto, si ostinano a non perderla.

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