Calabria, sanità al collasso: scatta lo stato di emergenza. Il governo interviene dopo anni di disservizi

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In Calabria curarsi è diventato, per molti, un atto di resistenza. Reparti senza medici, ospedali fatiscenti, lavori infiniti mai completati. Le immagini che da anni documentano la crisi sanitaria della regione sono note a tutti, ma ora il governo ha rotto il silenzio e ha deciso di intervenire con una misura straordinaria: lo stato di emergenza per la rete ospedaliera calabrese.

La decisione è arrivata il 7 marzo 2025 ed è stata ufficializzata con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale pochi giorni dopo. È la prima volta che un’intera regione viene dichiarata in emergenza sanitaria non a causa di un’epidemia, ma per il collasso delle sue strutture ospedaliere. Il governo ha affidato il coordinamento degli interventi al presidente della Regione, Roberto Occhiuto, già commissario alla sanità dal 2021.

Ospedali al limite, fondi bloccati e cantieri mai finiti. La crisi non è esplosa all’improvviso. Sono anni che la sanità calabrese viene denunciata da medici, cittadini, sindacati. Le cause? Una somma di responsabilità politiche, mancanza di programmazione, ostacoli burocratici e un sistema commissariato dal 2009, incapace di risanarsi. In alcune strutture mancano i letti, in altre i medici, e spesso anche l’igiene lascia a desiderare.

Mancano reparti interi, ma soprattutto mancano medici e infermieri. Le professioni sanitarie in Calabria faticano ad avere continuità: tanti giovani professionisti, appena formati, scelgono di trasferirsi in altre regioni o all’estero, attratti da condizioni di lavoro migliori, stipendi più alti e strutture più moderne. Il risultato è un sistema fragile, che rischia il collasso ogni giorno.

Il caso più emblematico è quello degli ospedali “fantasma”: strutture la cui costruzione è iniziata anni fa, ma che non sono mai state completate. Tra questi, i nuovi presidi della Sibaritide, di Vibo Valentia e di Gioia Tauro. I fondi ci sono, compresi quelli del PNRR e dell’INAIL, ma i lavori sono fermi. Nel frattempo, i cittadini sono costretti a lunghi viaggi per ricevere cure adeguate, spesso fuori regione.

Poteri straordinari al commissario per sbloccare la situazione. Con l’Ordinanza della Protezione Civile n. 1133, firmata il 13 marzo, il governo ha concesso al commissario poteri speciali: potrà agire in deroga a numerose norme per accelerare l’apertura di nuovi reparti, completare i cantieri abbandonati e ristrutturare le strutture esistenti. Le deroghe includono anche le normative su espropri e urbanistica, con l’obiettivo di ridurre drasticamente i tempi.

“Questa non è una toppa — ha dichiarato Occhiuto — ma l’avvio di una fase nuova. Se riusciamo a realizzare in pochi mesi ciò che in vent’anni non è stato fatto, potremo dire che l’Italia ha voltato pagina anche per la Calabria”.

Tra speranze e scetticismo: ora servono risultati concreti. La dichiarazione di emergenza ha sollevato reazioni contrastanti. Da un lato, c’è chi la saluta come un segnale importante: finalmente il problema viene affrontato a livello nazionale, con risorse e strumenti adeguati. Dall’altro, i più critici temono che, senza una visione di lungo termine, anche questa misura possa tradursi in una bolla d’aria.

Quello che è certo è che i cittadini calabresi non possono più aspettare. Negli ultimi anni, migliaia di pazienti sono stati costretti a curarsi fuori regione, con costi altissimi per le famiglie e per il sistema sanitario nazionale. La mobilità passiva — ovvero le cure ricevute altrove da residenti calabresi — è tra le più alte d’Italia.

Valentina Alvaro

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