‘Escludere Giorgia Meloni dalle decisioni sulle cariche principali è stata una scelta miope. Ha fatto benissimo a non votare Ursula von der Leyen’. Parola di James Carafano, editorialista, Senior counselor e fellow della Heritage Foundation, che in un colloquio fa il punto sugli equilibri europei dopo il voto. ‘L’idea che questa ondata politica di destra sia destinata a passare e che i suoi membri debbano essere messi in un angolo come bambini capricciosi, è il segnale che una parte delle istituzioni europee non hanno capito questo momento storico. È una forza che sta crescendo e marginalizzarla la rafforzerà’.
Carafano, che si occupa della relazioni internazionali per la Heritage Foundation (il principale ‘pensatoio’ conservatore negli Usa) e viaggia spesso per le capitali europee e latino-americane, non ha dubbi sulla statura della premier italiana e presidente di Ecr. ‘Giorgia Meloni – dice – è oggi la leader conservatrice europea più rispettata, influente e articolata. Sicuramente è vista così negli Usa, un ponte tra i conservatori e la destra in stile Orban’.
‘Ha un ruolo cruciale, è la leader conservatrice più influente e vincente’.
‘Dopo il no a Ursula bis avrà un ruolo centrale nella politica europea dei prossimi anni. Anche e soprattutto se non ha votato insieme alla maggioranza Ursula. Si è dimostrata pronta a trovare un accordo ma non a svendere le sue radici conservatrici. Una modalità che possiamo definire trumpiana. Non a caso credo che se a novembre dovesse vincere il ticket Trump-Vance, Meloni sarebbe in una posizione perfetta per essere una degli interlocutori principali per la Casa Bianca’.
A chi la critica per aver messo l’Italia ‘all’opposizione’ a Bruxelles, Carafano risponde che non è semplice camminare sulla strada dei conservatori, oggi. ‘Non c’è un’ortodossia, ci sono tante anime e visioni. E bisogna tenere insieme i valori e i principi della base e la capacità di governare e trovare terreno comune con altri Paesi. In questi anni ho visitato decine di Stati, incontrato politici ed esperti. Meloni finora è stata la migliore a tenere la barra dritta in questo difficile contesto internazionale’.
‘Se decidi di dire sì solo per fare quello che fanno gli altri non fai il lavoro che compete a un leader. Prima dei programmi, delle alleanze, del rifiuto della ‘logica dei caminetti’, prima di tutto c’è un’idea di sé, del ruolo che si deve avere al servizio del Paese e del ruolo che si vuole dare a quel Paese al servizio dei cittadini e nel contesto internazionale’, Giorgia Meloni ha rilasciato una lunghissima intervista al Corriere della Sera, concentrata principalmente sui temi europei, a partire dal voto su Ursula von der Leyen e le sue ripercussioni. Ciò che emerge con forza, però, è quella idea di leadership, con le sue regole di ingaggio: rispetto della volontà popolare, che ha assegnato il mandato, e perseguimento dell’interesse nazionale, che di quel mandato è lo scopo.
‘Anche rispetto alla scelta di non appoggiare il bis di von der Leyen il faro è stato il rispetto della volontà popolare, sia in veste di premier che in veste di presidente di partito. Con scelte caratterizzate, però, da una ‘distinzione fondamentale’. Nel primo caso, con l’astensione dell’Italia in Consiglio europeo, il premier ha suggerito ‘a tutti di tenere in considerazione l’indicazione emersa dalle urne’. Nel secondo, con il voto contrario in Parlamento, ‘ho schierato il mio partito sul programma politico della prossima Commissione. Penso di avere fatto una scelta di coerenza, non sulle mie posizioni, ma rispetto alle elezioni europee. Mi fa sorridere come alcuni osservatori non tengano minimamente in considerazione che cosa i cittadini hanno chiesto con il loro voto dell’8 e 9 giugno. Il tema non è von der Leyen sì o no, il tema è quali siano le priorità di cui l’Europa deve occuparsi’.
Quanto alle critiche dell’opposizione, Meloni ha ricordato che ‘qualsiasi cosa io faccia genera polemiche infinite’ e che ‘la credibilità della predica si valuta sempre anche dall’autorevolezza del pulpito’.
Meloni, ha rivelato di aver avuto invece segnali chiari da parte del sistema Paese sulla validità della posizione che aveva deciso di assumere: ‘Mentre von der Leyen parlava io ho ricevuto messaggi di imprenditori, industriali, non persone antisistema che vogliono l’Italia fuori dalla Ue, ma persone che hanno imparato che questa è un’Europa che non guarda il contesto nel quale si muove e pensa che la sua missione sia semplicemente iper regolare tutto’. Una decisione che Meloni ha assunto in base a ‘tutti gli elementi a disposizione’, non in base ‘a un principio o a uno schieramento ideologico’. Per questo e non per poter meglio ‘passare all’incasso’, FdI non ha dichiarato prima il suo voto: ‘Io non ragiono così’, ha chiarito il premier a Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini, che firmano l’intervista. ‘La presidente ha detto cose che ci trovano d’accordo, in particolare sull’immigrazione, confermando il cambio di passo impresso soprattutto grazie al lavoro italiano. Ma ha anche detto cose che sia nel metodo sia nel merito non rendevano possibile il voto di Fratelli d’Italia’, ha spiegato Meloni.
La credibilità che viene dal ‘coraggio di sostenere le proprie posizioni’.
Specie in tempi difficili come quelli di oggi, ha proseguito la premier, ‘penso che si sia molto più credibili se si ha il coraggio di sostenere le proprie posizioni, fermo restando che devono essere posizioni ragionevoli, piuttosto che se si sceglie di tacere per quieto vivere, salvo poi lamentarsi in privato, come ho visto fare a volte’. Il compito dell’Italia è contribuire a tracciare una rotta, non assistere in silenzio a cosa accade e questo tempo, più del passato, richiede scelte chiare. Per questo non si può pensare di mettere insieme tutto e il contrario di tutto e ancor meno ci si può permettere ruoli gregari’.
L’Italia fuori dalla cabina di regia? Siamo seri.
‘Cosa si intende per cabina di regia? Se faccio quello che gli altri hanno scelto per me, anche se penso che non risolverà i problemi, secondo voi posso dire di stare in una cabina di regia? Siamo seri’, ha risposto Meloni a una domanda sulla presunta esclusione dell’Italia. ‘Io ho detto che il mio partito non avrebbe fatto una maggioranza con la sinistra di ogni colore e non l’ho fatta. Ma questo non ha nulla a che fare con il ruolo dell’Italia, che non è dato dalle scelte dei partiti della maggioranza in Parlamento, ma dal suo peso all’interno dell’Unione europea e dalla credibilità del suo governo. Dopodiché mi pare che in pochi conoscano le dinamiche europee, dove le maggioranze alla prova dei fatti cambiano da dossier a dossier e i partiti della maggioranza italiana, dato il loro peso, possono ampiamente fare la differenza. Anche nei passati due anni noi non facevamo parte della sua maggioranza, ma questo non le ha impedito di ascoltarci quando le nostre tesi erano sensate e utili. E non ha impedito a noi di aiutare la Commissione quando ritenevamo che fosse nell’interesse italiano ed europeo. Tutti riconoscono il peso e il ruolo dell’Italia e sono certa che queste saranno le valutazioni che si faranno quando si definiranno le deleghe. Io parlo sempre con la presidente della Commissione, è mio dovere farlo e abbiamo imparato a rispettarci a vicenda’.
Il premier, quindi, come già fatto dagli alleati ha smontato le tesi secondo cui i diversi posizionamenti in Europa possano avere contraccolpi sul governo e, anzi, ha sottolineato che lo rafforzano: ‘Io penso che tutte le posizioni espresse in Europa dai partiti della maggioranza siano utili. Quanto al rischio che il nuovo Patto di stabilità possa portare a una manovra lacrime e sangue, Meloni ha chiarito che la Finanziaria è la priorità del governo da settembre. Faremo tutto il possibile per il sostegno al reddito, ai salari e alle fasce più basse sulla base dei conti e sfruttando tutti gli spazi di flessibilità, come abbiamo già dimostrato di saper fare’.