Cecilia Sala arrestata in Iran per aver violato le ‘leggi della Repubblica islamica dell’Iran’

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Cecilia Sala è stata arrestata in Iran per aver violato le leggi islamiche. Lo ha confermato il Dipartimento generale dei Media Esteri del Ministero della Cultura e dell’orientamento islamico dell’Iran, “il suo caso è sotto inchiesta”. La 29enne era arrivata a Teheran il 13 dicembre con un regolare visto giornalistico concesso dall’ambasciata iraniana a Roma, venendo fermata alla vigilia del ritorno in Italia, giovedì 19 dicembre.

Come riportato dall’agenzia Irna – organo ufficiale delle istituzioni dell’Iran – il Dipartimento generale dei Media Esteri del Ministero della Cultura e dell’orientamento islamico dell’Iran ha confermato in una nota l’arresto di Cecilia Sala “per aver violato le leggi della Repubblica islamica dell’Iran”.

Il comunicato prosegue così:

“La cittadina italiana arrivata in Iran il 13 dicembre con un visto giornalistico ed è stata arrestata il 19 per aver violato la legge della Repubblica islamica dell’Iran. Il suo caso è sotto inchiesta. L’arresto è stato eseguito secondo la normativa vigente e l’ambasciata italiana è stata informata. Le è stato garantito l’accesso consolare e il contatto telefonico con la famiglia”.r

Nel frattempo, Chora News – la società che produce i podcast tra cui quello di Cecilia Sala – ha deciso di continuare a pubblicare le puntate di Stories, affidando la conduzione a Francesca Milano (direttrice della testata che fa capo a Chora Media), Mario Calabresi e Simone Pieranni “perché il giornalismo non è un crimine. Ricominciamo per non lasciare incompiuto il lavoro cominciato da Cecilia tre anni fa quando è nato Stories”.

“Persone come Cecilia Sala portano speranza, ci fanno capire che quando si tratta di diritti umani e di connessione non ci sono confini di distanza o di lingua. Ha portato molta speranza agli iraniani che hanno parlato con lei, che sapevano che le loro storie avrebbero ricevuto attenzione. Dovremmo fare il possibile per farla uscire”. La scrittrice Azar Nafisi, esiliata a Washington, parla dell’arresto di Cecilia Sala in un colloquio con il Foglio, detenuta nel carcere di Evin, simbolo della repressione del regime iraniano. “La speranza, parafrasando Václav Havel, non è la convinzione che ciò che fai sarà premiato ma è fare qualcosa perché è giusto, perché ha un senso. È la speranza delle donne e degli uomini che vanno in prigione. Sanno che potrebbero morire in qualsiasi momento, ma finché vivono, non permettono al regime di vincere vedendoli mendicare, cambiare”.

Nafisi sottolinea l’importanza della speranza, della solidarietà e del racconto come strumenti di resistenza. Attraverso i suoi libri, come Leggere Lolita a Teheran e Leggere pericolosamente, la scrittrice esplora la ribellione quotidiana delle donne iraniane contro un regime che reprime identità e libertà. Con gesti semplici ma potenti, queste donne dimostrano che il controllo totalitario non può soffocare l’anima. La letteratura e il giornalismo, spiega Nafisi, rivelano la verità e sfidano il potere autocratico. In una lettera indirizzata a Cecilia, e riportata anche dalla Stampa, la scrittrice ribadisce che il mondo non l’ha dimenticata e continua a lottare per riportarla a casa. “La violenza a cui sta ricorrendo il regime, come l’arresto di Cecilia, è un segno di disperazione. L’unico linguaggio rimasto al sistema è la violenza. Ma l’opposizione, per cui persone come Cecilia sono fondamentali, non usa armi, non brucia tutto. Mette a tacere il rumore dei proiettili cantando e ballando”.

Nafisi parla da Washington, dove vive in esilio da trent’anni, e quando si parla di Evin, il carcere di Teheran, prende tempo. “Per me è molto difficile parlarne. Il solo nome evoca paura e inquietudine nelle persone. Cosa posso dire se non che è un luogo terribile? Essere incarcerati in isolamento, con persone che non parlano la tua lingua, è di per sé una forma di tortura”. Cecilia è da sola, in isolamento. La violenza psicologica “è in alcuni casi più efficace di quella fisica – continua Nafisi – hai l’impressione che il mondo non sappia di te, che non si curi di te. Ma non è vero. Ed è per questo che è molto importante creare un contatto con i prigionieri, per far sapere loro che non sono soli, che il mondo sta pensando a loro. Nel caso di Cecilia Sala, la visita dell’ambasciatrice è una cosa molto positiva: lei sa che ci si sta muovendo per lei”.

Le telefonate di Cecilia Sala ai genitori sanciscono: «Dormo per terra. Fate presto, mi hanno anche tolto gli occhiali». A seguito l’Italia ha chiesto al governo iraniano la ”liberazione immediata” della giornalista italiana Cecilia Sala e “garanzie totali sulle sue condizioni di detenzione”. E’ quanto si apprende dalla Farnesina. Tali richieste sono contenute in una nota verbale che il ministero degli Esteri italiano ha consegnato al governo iraniano attraverso l’ambasciatrice a Teheran Paola Amadei. 

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