Celine Dion contro l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump per l’uso “non autorizzato” di ‘My Heart Will Go On’, colonna sonora del film ‘Titanic’

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Secondo Kathryn Cramer Brownell, docente di Storia alla Purdue University, la musica esercita da sempre un ruolo fondamentale all’interno del messaggio politico trasmesso nelle campagne elettorali. Questo permette ai candidati non solo di raggiungere lo status di celebrità, arrivando a più elettori possibili, ma di poter comunicare attraverso la cosiddetta showbiz politics sfruttando i canali dell’entertainment per ispirare, coinvolgere e comunicare.

Nel 1960, durate le primarie del Partito Democratico che si svolsero tra il senatore del Minnesota Hubert Humphrey e il senatore del Massachusetts John Fitzgerald Kennedy, videro Kennedy convincere Frank Sinatra a modificare il suo celebre brano High Hopes per farlo diventare il messaggio principale della sua convention: “Everyone is voting for Jack, ‘cause he’s got what all the rest lack / Everyone wants to back Jack, Jack is on the right track”. Questo permise a Kennedy di creare un linguaggio comune in cui tutti gli elettori del Paese si ritrovassero, rafforzandone così la candidatura e la futura elezione alle presidenziali.

Nel corso degli anni, mediante la nascita di nuove forme di comunicazione e intrattenimento che hanno reso le campagne elettorali dei veri e propri show, le playlist sono diventate un elemento cruciale per comprendere i valori che ciascun candidato vuole rappresentare e comunicare.

La musica, quindi, ha avuto sempre un’accezione positiva e innovativa all’interno di una campagna elettorale, ma se utilizzata in maniera errata e non coerente con il fine politico può dimostrarsi un’arma a doppio taglio. Celebri, infatti, sono i casi degli artisti indispettiti dall’uso delle loro canzoni in campagne dei democratici e dei repubblicani.

Il mondo politico statunitense ha dimostrato molto spesso di non avere rispetto degli artisti e di non conoscere i reali diritti di sfruttamento di un’opera.

Se ricordiamo Bruce Springsteen criticò  il presidente Reagan per aver pianificato di utilizzare ‘Born in the USA’ per la sua campagna elettorale del 1984.

I Rolling Stones hanno nuovamente minacciato di fare causa a Donald Trump per danni morali se avesse continuato a utilizzare i loro brani per la campagna di rielezione.

Legalmente, i politici statunitensi non hanno sempre bisogno del permesso diretto degli artisti. Le loro campagne possono acquistare pacchetti di licenza da organizzazioni per i diritti musicali che danno loro accesso legale a più di 20 milioni di brani. Tuttavia, gli artisti hanno il diritto di rimuovere la propria musica da tale elenco.

Un portavoce dell’IMC (International Music Council), ha riscontrato che Trump utilizza una licenza per scopi politici rilasciata dalle società di collecting americane ASCAP e BMI, che lo autorizzano a utilizzare i brani presenti nel loro repertorio. Ma nelle licenze politiche è compresa una clausola che consente agli autori che si oppongono a tale utilizzo di far rimuovere il proprio brano. Trump, che aveva basato la sua precedente campagna presidenziale sull’utilizzo “estremo” della musica, trasmessa a un livello di decibel mastodontico per mettere in risalto il suo status di showman e mad man, rischia di essere limitata da questa nuova ingerenza che già da due settimane non gli permette di terminare i propri comizi con You Can’t Always Get What You Want dei Rolling Stones.

«La politica, come la musica, è radicata nel conflitto e nell’armonia. Al cuore della musica c’è l’interazione tra fisico e mentale, poiché il compromesso tra loro forma un insieme coeso. Il compromesso è anche il cuore del processo politico, la ricerca di un terreno comune e di soluzioni di consenso ai problemi della società attraverso una comunicazione aperta. Entrambe cercano di ispirare le persone a cui si rivolgono ed entrambe hanno fatto grande uso l’una dell’altra per far avanzare le proprie idee», ha scritto il giornalista Rex Thomson. Che sia questo il futuro della comunicazione politica?

Celine Dion, oggi,  contro l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump per l’uso “non autorizzato” di ‘My Heart Will Go On’, colonna sonora del film ‘Titanic’. Il brano è stato trasmesso durante un evento della campagna presidenziale a Bozeman, nel Montana, prima che Trump apparisse sul palco.

In una dichiarazione rilasciata su X, il team di Dion ha detto di non “appoggiare” l’uso della canzone, domandandosi con un tocco di sarcasmo “veramente QUELLA canzone?”, alludendo al naufragio, su cui si basa il film con Leonardo DiCaprio e Kate Winslet.

La dichiarazione recita: “Il management di Celine Dion e la sua casa discografica Sony Music Entertainment Canada, sono venuti a conoscenza di un utilizzo non autorizzato di video, registrazioni e performance musicali della canzone My Heart Will Go On in occasione di un comizio tenutosi in Montana. In nessun modo questa cosa è stata autorizzata e Celine Dion non approva questo tipo di operazione”. La campagna di Trump non ha risposto alla dichiarazione.

apelli raccolti, avvolta in un abito di color argento, impreziosito da cristalli e perline, Céline Dion ha incantato il pubblico chiudendo la cerimonia d’apertura di Parigi 2024 cantando ‘L’Hymne à l’amour’, celebre brano di Edith Piaf. La cantante canadese, che convive con una rara malattia neurologica, non si esibiva da quattro anni. 

Grande la gioia dei fan – che non le fanno mai mancare il loro affetto – per il suo ritorno sul palco. Da mesi si rincorrevano le voci di una sua possibile esibizione durante i Giochi Olimpici, ma la conferma ufficiale è arrivata soltanto negli ultimi giorni quando sui social il capo di gabinetto della première dame, Tristan Bromet ha diffuso sul suo profilo Instagram la foto di Brigitte Macron con la cantante.

Il candidato presidenziale del Partito repubblicano non è l’unico politico a ricevere critiche da parte degli artisti per l’uso delle canzoni durante le manifestazioni elettorali.

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