Chico Forti, condannato per omicidio, nel nostro ordinamento potrebbe ottenere, allo scadere del 26esimo anno di detenzione, la libertà vigilata

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Giorgia Meloni ha riportato a casa Chico Forti. Il 65enne trentino rilasciato nei giorni scorsi da un carcere della Florida dopo 24 anni di detenzione, è arrivato  all’aeroporto militare di Pratica di Mare, dove lo aspettava anche il premier in persona. Se ne è discusso nel corso dell’ultima puntata di Accordi & Disaccordi, il talk-show di politica e di attualità condotto da Luca Sommi. Ospite in studio, Marco Travaglio ha puntato il dito contro Alessandro Sallusti, che ribadiva quanto il rientro a casa dell’ex surfista connazionale fosse una vittoria firmata dal presidente del Consiglio. “Stanno rosicando tutti a bestia”, ha detto il direttore de Il Giornale. “Sei un poveretto. Sai che cosa me ne importa del rosicamento?”, ha replicato il direttore del Fatto Quotidiano. Il clima in studio si è scaldato.

“Marco Travaglio è un massimo esperto di giustizia e avrà studiato le carte di quel processo. Lui si è sempre proclamato innocente. Se gli Stati Uniti ce lo ridanno, evidentemente, c’è spazio e margine per ridarcelo. Non c’è una certezza assoluta, non ci sono prove schiaccianti. È un processo indiziario”, ha voluto ricordare Sallusti al suo interlocutore. Il problema, per il giornalista, sta nell’invidia che la sinistra prova nei confronti di Giorgia Meloni. “Tutti i ministri di Giustizia degli ultimi sei o sette governi italiani ritenevano questa carcerazione un’ingiustizia e tutti i governi, compreso quello Conte, hanno più volte provato a riportarlo a casa. Ci ha provato anche Di Maio personalmente e non ci è riuscito nessuno”, ha detto. “Ci è riuscita Giorgia Meloni perché evidentemente ha una credibilità, una autorevolezza che ha speso per sanare una ferita che molti governi hanno provato inutilmente a sanare”, ha ribadito il direttore de Il Giornale.

Chico Forti, appena rientrato in Italia dopo 24 anni di detenzione negli Stati Uniti, è stato trasferito nel carcere di Verona. L’uomo ha subito inoltrato una richiesta per un permesso speciale per poter visitare la madre, che vive a Trento e ha 96 anni.

Forti, condannato all’ergastolo in florida per l’omicidio di Dale Pike nel 1998, ha sempre dichiarato la propria innocenza. “ho sognato ogni giorno questo momento”, ha dichiarato forti in un’intervista al tg1, aggiungendo di essersi dichiarato colpevole solo per ottenere l’estradizione.

Appena arrivato a Verona, Forti ha chiesto un permesso urgente per raggiungere Trento e vedere la madre che non vede il figlio dal 2008. il suo legale ha sottolineato l’urgenza della richiesta, data l’età avanzata della madre.

Il ritorno di Chico Forti è stato il risultato di un lungo e complesso iter giudiziario e diplomatico. La premier Giorgia Meloni ha svolto un ruolo chiave nell’ottenere il consenso per il trasferimento durante un incontro con il presidente degli Stati Uniti lo scorso marzo. Meloni, che ha accolto Forti all’aeroporto, ha espresso la sua soddisfazione per il ritorno del connazionale.

“Siamo stressati e amareggiati”, così Gianni Forti commenta il rientro in Italia di suo nipote Chico dopo 24 anni di detenzione in carcere negli Stati Uniti per omicidio. In collegamento a “Zona Bianca” su Rete 4 lo zio contesta la definizione di “assassino” apparsa su alcuni giornali all’indomani dell’arrivo, sabato scorso, del 65enne trentino con volo dell’aeronautica militare all’aeroporto di Pratica di Mare dove è stato accolto dalla premier Meloni. “Ho visto i documenti dell’istruttoria e seguito il processo che è stato molto particolare”, afferma Gianni Forti che poi aggiunge: “Il caso da giudiziario è diventato politico”.  Forti è stato trasferito dal carcere romano di Rebibbia a quello di Verona dove ha chiesto di vedere la madre e ribadito la sua innocenza. “Spero un giorno di essere libero”.

“Speriamo che quando Chico incontrerà la mamma nessuno scriva che ha abbracciato un assassino”, prosegue lo zio. Ospite a “Mattino Cinque News” la premier Giorgia Meloni si dice soddisfatta per il rientro di Chico Forti in Italia definendola una “bella pagina” per le autorità italiane e il governo. “Sono contenta per una madre che può riabbracciare il figlio, sono riuscita dove altri non sono riusciti”, ha affermato la Presidente del Consiglio.

«Sono felice che Chico Forti sia rientrato in Italia, meritava questa opportunità. Finalmente il risultato è arrivato e mi auguro che la sua vita possa migliorare. Essere detenuto nel nostro Paese sarà molto diverso che stare in una prigione degli Stati Uniti. Potrà indossare abiti normali. Non è più un numero o una matricola, ma è un uomo». C’è soddisfazione nelle parole di Roberta Bruzzone. D’altronde, la criminologa ha avuto un ruolo importante nella vicenda di Chico Forti, condannato nel 2000 all’ergastolo senza possibilità di condizionale per l’omicidio di Dale Pike, ucciso il 15 febbraio 1998. Quando tutti gli appelli furono respinti, la famiglia tentò di far riaprire il caso. Il  giudice Ferdinando Imposimato studiò le carte e la criminologa Bruzzone fece una consulenza tecnica, in cui inserì decine di allegati originali, per sostenere gli errori investigativi e giudiziari e fornire un «parere pro veritate» in favore di Forti. La sua consulenza fu consegnata al governo italiano, per dimostrare che Chico non aveva avuto un giusto processo e spingere l’esecutivo a trovare un accordo con gli Usa sulla Convenzione di Strasburgo. Era il 2012.

«Le prove che “inchiodano” Forti sono alquanto labili. Innanzitutto l’arma del delitto mai ritrovata, una pistola calibro 22, che appartiene sulla carta a Chico. In realtà è sempre stata nella disponibilità di Thomas Knott, un truffatore tedesco sotto le mentite spoglie di un maestro di tennis, che viveva nel palazzo di Forti. Knott aveva scelto la pistola in un negozio e, non avendo con sé il denaro, aveva chiesto a Chico di pagarla».

‘L’accusa collega Chico alla scena del crimine perché, disseminati accanto al corpo sulla spiaggia, c’erano alcuni reperti, tra cui una scheda telefonica. Dall’analisi di quella scheda si scopre che le ultime chiamate, nel pomeriggio del 15 febbraio, erano state fatte al cellulare di Forti, ma a tempo zero di conversazione. Le chiamate sono state fatte tra le 17.13 e le 17.18, un arco di tempo in cui Dale non era ancora stato sdoganato, visto che il suo aereo aveva un’ora ritardo. Quel tipo di scheda, inoltre, viene venduta solo fuori dalla dogana. Facile supporre che sia stata messa ad hoc accanto al cadavere da qualcuno che sapeva dell’appuntamento in aeroporto tra Dale e Chico. Questo qualcuno è Thomas Knott’.

E la sabbia trovata nel gancio di traino dell’auto di Chico?

«Una prova inconsistente. Il dottor Wanless non fu in grado di dire quando la sabbia si fosse depositata nel tubo del gancio di traino, né se provenisse con certezza dalla spiaggia dove fu rinvenuto il cadavere».

Quindi cosa aveva l’accusa contro Forti?

«Niente di niente. Nessun testimone, zero impronte, test del dna negativo, nessuna arma del delitto e nessun valido movente».

Il movente non è la truffa sull’hotel?

«Un’accusa dalla quale la giudice Victoria Platzer ha assolto Forti in istruttoria, fatto importantissimo perché avrebbe tolto ogni base motivazionale all’ipotesi del movente. Ma la stessa giudice ha ammesso la frode come movente e impedito che la giuria venisse informata che Chico era già stato prosciolto. Insomma, una farsa».

Chico Forti ha ribadito di ritenersi innocente in relazione alla condanna che sta ancora scontando per omicidio. “Dovevo dichiararmi colpevole per avere l’estradizione, è l’unico motivo per cui l’ho fatto”, ha detto intervistato dal Tg1 nel carcere di Rebibbia il 65enne trentino.

“E’ la ragione per cui sono riuscito a tenere duro: rientrare in Italia, anche qui dentro, è un passo positivo. Cambia tutto, dalla notte al giorno il personale, la direttrice, le guardie che mi hanno accolto, i vestiti che indosso, sono italiani, non ho le manette, è un’altra atmosfera”. Sul futuro, ha aggiunto, “vedo sempre il bicchiere  mezzo pieno, sono positivo. Accetto questo passo, so che è obbligatorio. E’ per mia madre che mi sono mantenuto così, spero di poterla visitare presto. Ringrazio tante persone: mio zio, Giorgia Meloni, un personaggio fantastico, tutto il governo mi ha aiutato, anche Andrea Bocelli”.

“Esiste un principio cristallizzato dalla Corte Costituzionale, oltre che dalla Cassazione, su spinta della Cedu, che favorisce i colloqui con i familiari dei detenuti e la risocializzazione, quindi è facile che Chico Forti ottenga presto il permesso per incontrare la mamma a Trento”. A dirlo  Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere Penali del diritto Europeo e Internazionale ed ex consulente della famiglia Forti fino alla decisione definitiva di consegna all’Italia del 65enne trentino condannato per omicidio in Florida. “Per uscire dalla confusione dopo quanto ho letto nelle ultime ore, vorrei subito chiarire – precisa – che Forti non è stato estradato ma consegnato al nostro Paese sulla base di un accordo con gli Usa che stabilisce che finisca di scontare la sua pena in Italia”.

Secondo l’esperto di diritto internazionale, che conosce bene le carte avendo seguito il caso nei mesi precedenti, ora per Chico Forti si aprono nuovi scenari sulla strada della libertà. “Nel conflitto di norme tra Italia e Usa, non escludo nemmeno un provvedimento clemenziale che potrebbe risolvere la questione della corretta applicazione del trattato internazionale”, sottolinea l’avvocato Tirelli.

Chico Forti è stato condannato per un omicidio “per cui il nostro ordinamento non prevede l’ergastolo ostativo – spiega l’avvocato – Quindi potrebbe ottenere, allo scadere del 26esimo anno di detenzione, la libertà vigilata”. Una ipotesi non lontana nel tempo visto che il 65enne trentino ne ha già scontati tra i 24 e i 25 in Florida. “L’ergastolano comune, secondo il codice penale, dopo 26 anni può essere ammesso alla liberazione condizionale e dunque ottenere la libertà vigilata, arrivando infine nel giro di 5 anni – periodo in cui va comunque dimostrata buona condotta – ad essere un cittadino del tutto libero per estinzione della pena”.

Qualche perplessità Tirelli la esprime sull’accoglienza di Chico Forti in aeroporto: “Sono rimasto colpito che un condannato per omicidio, che ha accettato il verdetto americano, sia stato accolto formalmente da un presidente del Consiglio, in un altro Paese questo probabilmente non sarebbe accaduto. Una grande sensibilità da parte del governo che andrebbe spesa anche per le migliaia di detenuti reclusi nei penitenziari italiani. Un sistema in sofferenza”.

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