La Commissione Europea non ha concesso al pubblico un accesso “sufficientemente ampio” ai contratti di acquisto di vaccini contro il Covid-19: la condanna arriva dal Tribunale dell’Ue, in una sentenza relativa a cause intentate da eurodeputati e privati cittadini contro i numerosi e corposi estesi omissis apposti dalla Commissione ai contratti di acquisto relative ai contratti. L’infrazione riguarda in particolare le clausole dei contratti relative all’indennizzo, nonché le dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l’acquisto dei farmaci.
I contratti (Apa, Advanced Purchase Agreement) sono stati stipulati tra la Commissione guidata da Ursula von der Leyen e alcune case farmaceutiche: complessivamente 2,7 mld di euro sono stati messi a disposizione per un ordine a fermo di 1 mld di dosi. Nel 2021, alcuni eurodeputati e privati cittadini hanno chiesto di accedere ai documenti, sulla base del regolamento, per assicurarsi che l’interesse pubblico fosse tutelato. L’esecutivo ha concesso un accesso parziale ai contratti, che sono stati pubblicati in versioni ampiamente oscurate, sicché gli eurodeputati e i cittadini hanno presentato al Tribunale dei ricorsi. Nelle sentenze, il Tribunale accoglie parzialmente i ricorsi e annulla le decisioni della Commissione nella parte in cui contengono “irregolarità”.
Per i giudici di Lussemburgo, la Commissione non ha dimostrato che un accesso più ampio alle clausole avrebbe effettivamente nuociuto agli interessi commerciali delle imprese. Inoltre, la Commissione non ha fornito spiegazioni “sufficienti”, che consentissero di capire in che modo l’accesso alle definizioni di “dolo” e di “ogni ragionevole sforzo” in alcuni contratti, e l’accesso alle clausole dei contratti relative alle donazioni e alle rivendite dei vaccini avrebbero potuto nuocere, “concretamente ed effettivamente”, agli interessi commerciali delle imprese. Per quanto riguarda la tutela della vita privata delle persone, invocata dalla Commissione per negare parzialmente l’accesso alle dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l’acquisto dei vaccini, il Tribunale ritiene che i privati abbiano “debitamente dimostrato” il fine di servire l’interesse pubblico.
Infatti, osservano i giudici, è solo in possesso dei loro cognomi, nomi e del loro ruolo professionale o istituzionale che i ricorrenti avrebbero potuto verificare l’assenza di conflitto di interessi. Inoltre, la Commissione “non ha preso sufficientemente in considerazione” tutte le circostanze del caso, per soppesare correttamente gli interessi in gioco, connessi all’assenza di conflitto di interessi e ad un rischio di pregiudizio alla vita privata delle persone coinvolte.
Nella sua replica, la Commissione europea sostiene di avere “dovuto trovare un difficile equilibrio tra il diritto del pubblico, compresi i deputati al Parlamento europeo, all’informazione e gli obblighi giuridici derivanti dai contratti” sui vaccini anti-Covid-19, “che avrebbero potuto comportare richieste di risarcimento danni a spese dei contribuenti”. L’esecutivo Ue rivendica il rispetto “dei principi di apertura e trasparenza” e “esaminerà attentamente le sentenze”, riservandosi “le proprie opzioni legali”.
“In generale, la Commissione garantisce il più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti, nel rispetto dei principi di apertura e trasparenza”, sottolinea Bruxelles, indicando che “in molti casi passati la Corte di giustizia ha riconosciuto la necessità di tutelare gli interessi commerciali di una controparte contrattuale”. La Commissione, viene spiegato, “aveva fornito al Parlamento europeo (ai sensi dell’accordo quadro sulle relazioni tra le due istituzioni) informazioni complete sui contratti relativi ai vaccini anti-Covid” e “conformemente al suo ruolo istituzionale, è tenuta a garantire l’assenza di qualsiasi conflitto di interessi e ha inoltre il dovere di proteggere la privacy e i dati personali degli interessati”.