Consulta: l’elezione a voto segreto, oggi servono 363 sì

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Il governo Meloni potrebbe arrivare a eleggere un nuovo giudice della Corte costituzionale. Il posto è vacante dall’11 novembre dello scorso anno, quando lo ha lasciato Silvana Sciarra. Il Parlamento si è già riunito in seduta comune per otto volte, senza mai riuscire a raggiungere l’accordo per garantire la maggioranza dei voti necessaria. Ma la seduta fissata per oggi, martedì 8 ottobre, dovrebbe essere quella decisiva. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni sembra intenzionata a chiudere la questione, che è diventata estremamente importante per le sorti del governo. Con molte questioni che finiranno davanti ai giudici nei prossimi mesi – dal premierato all’Autonomia differenziata – la leader di FdI sarebbe intenzionata a far eleggere il suo consigliere giuridico, Francesco Saverio Marini. Figlio di Annibale, che fu presidente della stessa Corte dal 2005 al 2006, Marini è professore Diritto pubblico a Tor Vergata. Ma sono soprattutto due gli aspetti che renderebbero la sua elezione decisamente controversa. Per prima cosa, Marini dall’anno scorso è consigliere giuridico della presidente del Consiglio. Un ruolo interno al governo, che fa sospettare che la sua elezione alla Corte costituzionale creerebbe un conflitto di interessi. A maggior ragione considerando il secondo aspetto problematico: Marini è considerato il ‘padre giuridico’ del premierato, la riforma promossa dal governo che porterebbe all’elezione diretta del presidente del Consiglio. Un testo su cui Marini ha avuto moltissima influenza, e che indubbiamente finirà proprio davanti alla Corte costituzionale. Insomma, il consigliere di Meloni si troverebbe a giudicare una riforma che ha aiutato a scrivere. Al momento sembra che Marini sia il candidato ‘favorito’ per il centrodestra, mentre un’eventuale alternativa sarebbe Carlo Deodato, segretario generale di Palazzo Chigi – un’altra figura interna al governo. Insomma, l’intenzione sembra chiaramente quella di piazzare una figura vicina all’esecutivo all’interno della Corte.

Come sottolineato, sono otto i tentativi falliti finora dal Parlamento. Nelle prime tre votazioni serviva una maggioranza dei due terzi, mentre ora la soglia è scesa a tre quinti: 363 voti. Che è l’esatto numero di parlamentari che appartengono al centrodestra, anche grazie alle fuoriuscite dall’opposizione nelle ultime settimane. Dunque, al momento le condizioni sarebbero quelle giuste per arrivare all’elezione, al netto di eventuali ‘franchi tiratori’, visto che la votazione sarà segreta.

Nei giorni scorsi  nelle chat di Fratelli d’Italia e non solo è circolato un messaggio che obbligava a partecipare al voto: “Non sono ammesse assenze da parte di alcun deputato (vale anche per Ministri, Vice Ministri e Sottosegretari)”, si leggeva, sottolineando che tutti “devono essere tassativamente presenti, sicché tutti devono disdire eventuali impegni – istituzionali e/o politici – già assunti.

Le decisioni delicate della Corte nei prossimi mesi

D’altra parte, il premierato è solo una delle questioni pressanti su cui i giudici costituzionali saranno chiamati a deliberare. Dopo che la riforma Nordio ha abrogato l’abuso d’ufficio, ad esempio, potrebbero arrivare ricorsi che provino a farla dichiarare incostituzionale. Ma soprattutto, nelle prossime settimane ci saranno due temi sul tavolo: i ricorsi di quattro Regioni contro l’Autonomia differenziata; e le proposte di referendum che hanno raggiunto le 500mila firme, quindi quella contro l’Autonomia, quella per la cittadinanza e i quesiti della Cgil sul lavoro precario. Per quanto riguarda l’Autonomia differenziata, la prima udienza è stata fissata il 12 novembre. E questo potrebbe anche spiegare perché la maggioranza ha accelerato i tempi. Infatti, altri tre giudici (il presidente della Corte Augusto Barbera e i suoi vice Giulio Prosperetti e Franco Modugno) cesseranno dall’incarico il 21 dicembre; in una situazione normale, dopo quasi un anno passato con un posto vacante, il Parlamento avrebbe potuto organizzarsi per eleggere quattro giudici tutti insieme, ‘spartendo’ le nomine tra maggioranza e opposizione. Ma il governo ha deciso di accelerare. Sui referendum il ruolo della Consulta sarà anche più delicato. La Corte costituzionale, infatti, ha il compito di stabilire se i quesiti proposti sono legittimi oppure no. Nel 2022, ad esempio, i giudici bocciarono il referendum sulla cannabis dopo che erano state raccolte oltre 600mila firme per presentarlo. A gennaio, dovranno decidere sia sulla questione dell’Autonomia che sulla cittadinanza, oltre ai temi presentati dalla Cgil. E l’esecutivo di Giorgia Meloni vuole assicurarsi che ci saranno anche giudici ‘amici’ a decidere.

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