Consulta, veti e interessi di partito fanno saltare l’ elezione del giudice mancante

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Nulla di fatto , ancora una volta fumata nera per l’ elezione alla Corte Costituzionale del giudice che dovrebbe sostituire Silvana Sciarra. Sono mancati i numeri e i presupposti per arrivare all’elezione. La maggioranza, a questo punto ha deciso di votare scheda bianca: 323 schede bianche, dieci nulle. L’ opposizione grida al successo politico. Ma mettendo da parte la cronaca, è doveroso chiedersi se i deputati e i senatori sanno che siamo in Italia e non negli Usa, dove i giudici sono altamente politicizzati e con le loro sentenze sono in grado di cambiare il volto del Paese. Nel nostro Paese i partiti, possono eleggere un terzo dei giudici( cinque su quindici) ; un altro terzo è eletto dal Presidente della Repubblica e si tratta sempre di giuristi di alto profilo, che si riconoscono nelle diverse aree politiche, ma il loro alto profilo di giuristi autorevoli, gli permette di non essere condizionati. Infine l’ ultimo terzo viene eletto dalle magistrature ordinaria e amministrative. Con questo, voglio solo sottolineare che da noi è pressoché impossibile la conquista politica della Corte Costituzionale, a differenza di quello che può accadere negli Usa. E le sentenze fondamentali per cambiare il volto del nostro Paese sono molto rare. Ma ciò nonostante intorno alla nomina dei cinque giudici di nomina parlamentare, da sempre, si scatena una bagarre, un mercatino dei voti. Quando non c’è l’ accordo tra le forze politiche, le sedute comuni di Camera e Senato, si trascinano per giorni, senza che il candidato raggiunga il quorum. Quello che sta succedendo in questa legislatura da tre mesi a questa parte, nonostante le sollecitazioni del Presidente della Repubblica. Cerchiamo sommessamente di indagarne le cause. La Premier e leader del partito di maggioranza sta mostrando in questi giorni una sorta di nervosismo esasperante, come se l’ elezione di un giudice a lei gradito ( Francesco Saverio Marino) , fosse una questione da cui fare dipendere la vita del suo governo. Ed è vergognoso che intorno a questa vicenda si sia formato un mercatino per l’ ‘ acquisto ‘di qualche voto che potremmo definire di sicurezza. Gli indiziati sembrerebbero i 5 Stelle, sempre più lontani dal sogno del ‘ campo largo’ , ma molto impegnati alla ricerca di poltrone da occupare. Del resto il leader pentastellato , Giuseppe Conte, avendo saggiato per tre anni il potere governativo, ha bisogno di occupare posti di rilievo per assicurarsi l’ immagine di uomo di governo. Certo vedremo, prima o poi, l’ esito della sua strategia. La mancata elezione di Marini, sarebbe una sconfitta politica per la Premier e un’ incrinatura, non da poco, della sua leadership. Ma politicamente vale la pena correre questo rischio? Cosa potrebbe fare Marini una volta eletto, condizionare o cercare di convincere i colleghi su eventuali materie a cui la maggioranza di governo tiene particolarmente? Bocciare il referendum sull’ Autonomia differenziata che la Meloni vorrebbe a tutti i costi evitare? Un fatto è certo: l’ esposizione eccessiva di queste ultime ore alla Meloni non ha fatto bene all’ immagine della Premier e a quella dello stesso candidato. I rapporti tra l’ esecutivo e la Consulta sono molto delicati e vanno trattati con cura ed equilibrio. La Meloni avrebbe potuto evitare di candidare, per opportunità, il suo consigliere giuridico. Ma istituzionalmente non è vietato!

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