La sinistra si avventa, senza riflettere, sulla sentenza in merito al nodo dei cosiddetti “Paesi sicuri“, arrivata dalla Corte di Cassazione. Rispondendo al rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Roma il primo luglio 2024, la Corte ha chiarito che il giudice ordinario “non può sostituirsi al ministro degli Affari Esteri. Non può neppure annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale”. Ma, aggiunge la Superma Corte “nell’ambiente normativo anteriore al decreto-legge 23 ottobre 2024, n. 158, e alla legge 9 dicembre 2024, n. 187, in sede di esame completo ed ex nunc”, può “valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità di tale designazione; ed eventualmente disapplicare in via incidentale, in parte qua, il decreto ministeriale recante la lista dei paesi sicuri: (secondo la disciplina ratione temporis)”. Questo, spiega la Cassazione, se “la designazione operata dall’autorità governativa contrasti in modo manifesto, tenuto conto delle fonti istituzionali qualificate di cui all’art. 37 della direttiva 2013/32/Ue, con i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale”.
A sinistra è partita una raffica di dichiarazioni esaltate “copia e incolla” per affermare che la Corte ha spianato in un sol colpo la politica migratoria del governo. Il capogruppo di FdI alla Camera, Galeazzo Bignami, richiama alla lettura e alla comprensione delle parole: “La sentenza della Corte di Cassazione conferma, semmai ve ne fosse stato bisogno, quello che noi diciamo fin dall’inizio: i provvedimenti dei giudici non possono produrre effetti erga omnes, ma limitatamente ai singoli casi che si trovano ad affrontare. I magistrati, dunque, non si possono sostituire al Ministero degli Esteri nel valutare quali siano i Paesi sicuri. Piuttosto devono condurre una verifica caso per caso. Questo, piaccia o no ai magistrati di sinistra, esaurisce il potere del giudice all’adozione di provvedimenti disapplicativi limitatamente al caso a lui sottoposto. È uno dei principi di diritto che insegnano al primo anno di Giurisprudenza- infilza Bignami -. Sorprende che sia dovuta intervenire la Corte di Cassazione a ribadirlo a giudici che evidentemente avevano finalità politiche”.
Ma è Sara Kelany, responsabile nazionale del dipartimento Immigrazione di Fratelli d’Italia a placare Pd, Verdi, M5s e opposizioni varie. “La sinistra ormai pur di contestare il governo arriva a dare letture completamente falsate anche delle sentenze della suprema Corte di Cassazione. Che ha chiaramente stabilito che sia la politica deputata ad individuare i Paesi sicuri e la magistratura a decidere sui casi concreti”. Dunque esattamente quello che il governo va ripetendo da mesi: “Non faccia un giudice quello che è demandato alla politica, ossia determinare in via generale ed astratta il novero dei paesi sicuri. Su ogni singolo caso, i giudici possono e devono verificare se esistono i presupposti per la concessione dell’asilo politico o per il trattenimento”.
“La Corte di Cassazione ha stabilito in maniera chiara e netta che la competenza di decidere se un Paese è o meno sicuro spetta al governo. Quindi non i singoli giudici. La conferma che il governo Meloni aveva ragione e che le sentenze con cui i giudici hanno annullato i trasferimenti in Albania dei migranti sbarcati illegalmente sulle nostre coste erano sbagliate”. Le parole del presidente dei senatori di Fratelli d’Italia Lucio Malan. “Cosa diranno adesso Schlein e gli altri esponenti delle opposizioni, insieme alla grancassa dei loro house organ, dinanzi a questa sentenza che decreta il loro ennesimo fallimento? Per quanto ci riguarda continuiamo ad andare avanti, consapevoli che tutta l’Europa guarda all’Italia come un modello nel contrasto all’immigrazione illegale”.
La Corte di Cassazione, nell’ambito delle decisioni assunte in merito alle espulsioni dei migranti, considera i giudici ordinari garanti dell’effettività, nel singolo caso concreto al suo esame, dei diritti fondamentali del richiedente asilo. E sostiene che è riservata al circuito democratico della rappresentanza popolare la scelta politica di prevedere, in conformità della disciplina europea, un regime differenziato di esame delle domande di asilo per gli stranieri che provengono da Paesi di origine designati come sicuri.