Crosetto e Macron su difesa e riarmo

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-Il riarmo europeo? Von der Leyen “ha sbagliato. Noi parliamo di difesa, non parliamo di riarmo”. Lo ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, a margine del convegno sul tema “Strade Sicure, infrastrutture, tecnologie, educazione per una mobilità sostenibile” alla Camera dei Deputati.
“Penso che le spese militari rispondono alle esigenze di difesa che un Paese ha. Il tema è molto semplice – ha aggiunto Crosetto – riteniamo che ci sia bisogno che un Paese abbia una difesa? Finora tutte le democrazie del mondo hanno ritenuto che la difesa fosse uno dei cardini proprio a difesa delle democrazie. Parlare di riarmo e non di difesa è un modo per cercare di trasformare il concetto in qualcosa di profondamente diverso”.

Ma Von der Leyen ne ha parlato? “Sì, e ha sbagliato. Cosa che io ho detto esplicitamente con gli altri ministri della difesa europea. Noi – ha risposto Crosetto – parliamo di difesa, non parliamo di riarmo. L’Europa non può parlare di difesa perché non rientra nei trattati la difesa, e parla di industria di difesa. Noi invece non parliamo di industria di difesa, parliamo di costruzione della difesa, vuol dire un piano strategico nazionale di difesa sia militare che civile, vuol dire prepararsi a qualunque evenienza. Io devo purtroppo preparare il Paese anche all’evenienza peggiore. Dobbiamo farlo costruendo una difesa che sia in grado di dissuadere attori ostili”.

“Faccio un esempio – ha concluso il ministro – lei vorrebbe che la sua casa possa essere difesa se subissimo un attacco come quello che ha subito Israele per tre ore? Vorrebbe che quei missili cadessero sugli obiettivi o che fossero fermati in aria? Io vorrei, quando me ne andrò via, che questo Paese avesse la possibilità di difendersi da tre ore di attacco. A oggi non ce l’ho”.

Sul piano di riarmo europeo, invece, il presidente francese Emmanuel Macron ha detto di aver «chiesto agli industriali che si possa, su dei sistemi per i quali abbiamo i prodotti migliori, andare a bussare alle porte degli stati europei che hanno preso l’abitudine di comprare americano». In un’intervista ai quotidiani regionali francesi, Macron precisa: «A quelli che comprano i Patriot, bisogna proporre il Samp T di nuova generazione, franco-italiano. A quelli che comprano gli F-35, bisogna andare a proporre i Rafale». Si tratterebbe, ha aggiunto il presidente francese, di una «desensibilizzazione» dei nostri partner nei riguardi di Washington a vantaggio di Parigi, ma questo implica «un grossissimo lavoro di semplificazione e di riduzione dei costi». L’annuncio di Macron di due giorni fa apre quindi a nuovi scenari per la difesa europea, sganciata dalle produzioni americane per garantirsi una capacità autonoma di reagire alle minacce russe in un contesto geopolitico in pieno mutamento per le posizioni di Donald Trump. Ma quali sono rischi di questo progetto? Quali sono le differenze tra gli F35 amerciani e i caccia Rafale francesi? E tra i Patriot e i Samp T?

Finora, i colloqui in vari Paesi circa la possibile cancellazione degli ordini per i caccia americani di quinta generazione F-35 sono rimasti solo dei colloqui. Ma i segnali che il Canada potrebbe fermarsi a 16 velivoli, invece di 88, e che uno dei potenziali acquirenti, il Portogallo, non sta più prendendo in considerazione l’F-35 sono indicatori piuttosto interessanti. Attualmente nei cinque paesi del segmento europeo della Nato (Danimarca, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Regno Unito) sono in servizio solo 151 caccia F-35. Tra questi, Danimarca, Paesi Bassi e Norvegia stanno sostituendo e rafforzando uniformemente la loro flotta di F-16 e riceveranno un totale di 41 velivoli. Anche il Belgio, pur non avendo ancora ricevuto nessuno dei suoi 38 veicoli, sta seguendo una transizione unitaria. La Repubblica Ceca sostituirà il Gripen con l’F-35 e la Finlandia con l’F/A-18. Per Grecia, Polonia e Romania, l’F-35 non diventerà l’unico tipo di aereo a medio termine, ma si trovano anch’essi in una fase di attesa. L’Italia e il Regno Unito non intendono renderli il loro unico tipo di aereo, avendo in servizio l’Eurofighter. Una situazione simile è presente in Germania, che ha acquistato gli F-35 principalmente per sostituire i Tornado, in quanto vettori di armi nucleari tattiche americane.

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I caccia Rafale
Sul piano tecnico la premessa è d’obbligo: l’F-35 è un aereo da guerra di quinta generazione mentre il Rafale è un 4+ molto avanzato. La differenza quindi è ovvia e pende dalla parte del velivolo americano. Allo stesso modo il Samp T non è all’altezza dei Patriot PAC3 che da tempo sono in grado ad esempio abbattere il Kh-47M2 “Kynzhal”. E anche sul prezzo il nuovo Rafale del 2024, in base all’ultimo contratto firmato con la Serbia, costerebbe 245 milioni di dollari. E il costo di un accordo globale simile per il modello F-35 del 2024, prendendo ad esempio la Repubblica Ceca, ammonta a 208,3 milioni di dollari. Poi c’è il tema sul ritmo e sulle capacità della produzione, ovvero la disponibilità delle armi stesse per essere acquistate. Il piano di produzione dei Rafale per il 2025, annunciato ufficialmente dall’azienda, prevede 25 unità all’anno. E naturalmente, il piano è quello di accelerare notevolmente la produzione. Come ha sottolineato Eric Trappier, Ceo di Dassault Aviation, ci vorranno però almeno due anni per aumentarne il numero. In generale si prevede di incrementare il ritmo anche a 60 velivoli all’anno, il che richiederà un’analoga accelerazione della produzione da parte di tutti gli appaltatori e subappaltatori. Questo significa che la vera competizione tra Rafale e F-35 in termini di capacità produttiva è piuttosto condizionata, perché Lockheed Martin prevede di arrivare a produrre 190 caccia F-35 nel 2025.

Samp-T, il flop del sistema antimissilistico italo francese in Ucraina. Wsj: «Problemi tecnici, incapace di intercettare missili balistici russi»

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