Cutro: pesanti condanne per i tre scafisti

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Giustizia è fatta per la strage di Cutro, novantaquattro morti per il naufragio di un caicco lungo le coste calabresi nella notte del 26 febbraio 2023. La colpa non è della Guardia Costiera o del governo ma degli scafisti, quelli che hanno portato alla morte decine di disperati in cambio di soldi. Due giovani pakistani e un turco sono stati condannati dal Tribunale di Crotone con l’accusa di essere stati gli scafisti del caicco naufragato nella notte del 26 febbraio 2023 a Steccato di Cutro, causando la morte di 94 persone tra cui 35 minorenni e diversi dispersi. Condannato a 16 anni Hasab Hussain, di 22 anni, pakistano; undici anni per Khalid Arslan di 26 anni, pakistano e 16 anni per il turco Sami Fuat di 51 anni. Rispondono di favoreggiamento all’immigrazione clandestina e morte in conseguenza del favoreggiamento e assolti dall’accusa di naufragio colposo.

Il dispositivo della sentenza è stato letto dal presidente del collegio penale del Tribunale di Crotone Edoardo D’Ambrosio, a conclusione di un processo iniziato il 4 ottobre 2023 e svolto in 17 udienze. Il pm della Procura Pasquale Festa, a conclusione della requisitoria, il 9 novembre scorso, aveva chiesto la condanna di Hussain a 18 anni di reclusione e 4,5 milioni di euro di multa, di Arslan a 14 anni e 3,6 milioni di euro di multa e di Fuat a 11 anni e 2,7 milioni di euro di multa.

Alla lettura della sentenza, i due ragazzi pakistani sono esplosi in lacrime e hanno protestato contro la decisione del tribunale. Uno di loro ha anche accusato un malore e ha continuato a urlare: “Cercavo un futuro in Italia e mi hanno condannato perché ho solo fatto da interprete”.
I tre si sono sempre dichiarati innocenti sostenendo di aver fatto solo da interpreti durante il tragitto, ma erano stati identificati dai sopravvissuti del naufrago di Steccato di Cutro, al largo della Calabria. I tre infatti erano stati identificati come le persone alla guida del caicco Summer Love carico di migranti che la notte del 26 febbraio dello scorso anno affondò portando con sé 94 persone.

La Polizia di Stato di Catania, coordinata dalla Procura Distrettuale etnea, ha proceduto al fermo di indiziato di delitto di quattro scafisti di origini sudanesi, rispettivamente di anni 21, 22 e due trentenni, per il reato di favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina. I fatti risalgono al pomeriggio dello scorso 20 novembre quando, presso l’ambito portuale di Catania, attraccava la nave ong “Aita Mari”, battente bandiera spagnola, con a bordo 53 migranti di varie nazionalità, soccorsi in acque internazionali nel corso di un evento di soccorso Sar risalente alle prime ore del mattino del 19 novembre. Presso il porto di Catania, assegnato come sito di sbarco, ultimate le preliminari operazioni di accoglienza, i migranti erano stati trasferiti presso la struttura di via Forcile dove proseguiva l’attività di indagine già avviata in banchina, e sin dalle primissime fasi, dai poliziotti della Squadra Mobile – Sezione Criminalità Straniera e Prostituzione.

L’attività di Polizia Giudiziaria ha consentito di far luce su alcuni aspetti legati soprattutto alla traversata in mare, apprendendo “come il gommone di modeste dimensioni sul quale viaggiavano i migranti fosse partito giorni prima dalle coste libiche e poi, dopo lunghe ore di navigazione, costretto a fermarsi a causa di un’avaria, prima di ricevere i soccorsi”. Intanto, le operazioni di ascolto degli stranieri condotte presso l’ex Hub vaccinale, nonché gli ulteriori approfondimenti sviluppati dagli investigatori della Squadra Mobile sulle informazioni via via assunte, hanno permesso da subito di concentrare le attenzioni nei confronti di quattro migranti di origine sudanese, rispettivamente di anni 21, 22 e due trentenni, facenti parte dello stesso evento.

L’azione investigativa ha “consentito infatti di delineare il ruolo dei quattro sudanesi i quali, unendosi al restante gruppo di migranti solo nelle fasi immediatamente precedenti alla partenza in mare, avrebbero assunto a vario titolo il comando dell’imbarcazione, collaborandosi tra loro con diverse mansioni”. A suffragare il quadro indiziario, convergerebbero anche gli esiti delle perquisizioni personali eseguite nei loro confronti, dal momento che venivano rinvenuti in loro possesso alcuni dispositivi elettronici riconducibili al ruolo che gli stessi avrebbero rivestito sull’imbarcazione durante la lunga traversata in mare. I quattro sottoposti a fermo sono stati posti a disposizione del Sostituto Procuratore di turno presso la locale Procura Distrettuale, che ne ha disposto la traduzione presso la Casa Circondariale di Catania “Piazza Lanza” in attesa della convalida del G.I.P. Nelle ore successive, il provvedimento di fermo adottato è stato convalidato dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Catania, che applicava ai quattro stranieri la misura cautelare della custodia in carcere.

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