Si apre oggi la nuova assemblea degli iscritti in cui l’ex premier e il fondatore Beppe Grillo si sfideranno su 12 quesiti che mirano a trasformare radicalmente l’organizzazione interna. Nell’ordine del giorno si legge che i punti riguardano lo Statuto, il Consiglio Nazionale e la composizione della dirigenza. Tra tutti spiccano quelli sull’eliminazione del ruolo del garante – posizione creata appositamente per Beppe Grillo – e sulla possibilità di cambiare il nome e il simbolo del M5s.
Dopo l’ultima tornata elettorale, malgrado lo scarno apporto di voti portato in dote dal M5S, ancora una volta sconfessato dalle urne – nella galassia pentastellata alla resa dei conti dell’assemblea costituente che, dal 21 al 24 novembre, è chiamata a riscrivere regole, principi, organismi e smalto formale del Movimento.
La creatura di Grillo e Casaleggio è nella fase di rifacimento del look voluta da Giuseppe Conte per creare un soggetto politico a sua immagine e somiglianza ma, alla luce delle votazioni regionali, gli elettori hanno emanato il loro severo verdetto sui 5S.
Per quanto, come sottolinea Libero tra gli altri in una sua analisi, considerato che il M5S si è fermato al 3,5% in Emilia-Romagna (53mila voti) e al 4,7% in Umbria (15mila voti), «confermando la sua inconsistenza nelle elezioni locali. Come ha messo per iscritto l’Istituto Cattaneo, nell’analisi appena pubblicata sul voto in Emilia e Umbria, il centrosinistra in formato large è andato bene anche “perché in entrambe le regioni il M5S portava in dote alla coalizione una percentuale relativamente piccola di consensi”».
Un punto almeno è chiaro e inequivocabilmente sentenziato dalle urne: i risultati per Conte e per l’assemblea che sta per aprire i battenti e inaugurare i lavori non sono incoraggianti.
Il M5S ha dimezzato i voti rispetto alle ultime elezioni: da 100mila a 50 mila in Emilia Romagna e da 30mila a 15mila in Umbria. Se non è una sconfitta questa che cosa è?». Concludendo: «Conte si è già scavato la fossa»…
A detta di Toninelli molta «gente se ne è andata dal M5S, buona parte nell’astensionismo, ma altri hanno addirittura votato Meloni, non gliene importa di destra e sinistra» e, tranne La Stampa che rilancia l’appello ad aspettare e sperare che il voto degli iscritti M5s confermi la collocazione nel campo progressista e l’alleanza con il Pd come strada principale da seguire, per altri lidi regna il silenzio.
Conte, a riguardo. ha sostenuto: «se il percorso fatto fin qui verrà messo in discussione, ne trarrò le conseguenze, com’è giusto che sia».
Dimissioni paventate, quindi, se domenica pomeriggio, al termine dell’assemblea costituente, dovessero risultare approvati i quesiti che propongono di «vietare ogni forma di alleanza» o di «mantenere la storica distanza dalla destra e dalla sinistra». E mentre il dibattito ferve, a metà strada tra chi si dice certo che «Conte si è già scavato la fossa». E chi, al contrario, dai piani alti del Movimento ritiene che «sia tra i parlamentari che tra gli iscritti la maggioranza pensa sia giusto contribuire con generosità, anche a costo di perdere voti, con l’obiettivo di battere la destra». Grillo, da parte sua osserva: «Conte, è l’ultimo dei giapponesi. Non si è accorto che il M5S è finito». Ma il dubbio dei più, all’interno del partito multiforme, è che pochi iscritti vadano a votare all’Assemblea, di fatto delegittimando autorevolezza e credibilità del leader, solo al comando.