«È più pronto a governare di quanto non creda la classe dominante». Parla del Rassemblement national Alain de Benoist, scrittore e politologo che si muove sulla scena politica francese ed è pronto a scommettere che Jordan Bardella è pronto a raccogliere la sfida delle prossime elezioni legislative. De Benoist parla di un “vero e proprio scisma che sta contrapponendo un numero sempre maggiore di cittadini ai “piani alti”. Sarebbe un grave errore considerare il risultato delle elezioni europee come una semplice ondata di rabbia passeggera”.
‘Fin dalla rivolta dei gilet gialli, Emmanuel Macron ha cristallizzato intorno alla sua persona un’ostilità di dimensioni mai viste prima. Con un’industria che rappresenta ormai solo il 10% del Prodotto interno lordo, un debito di 3.000 miliardi, un flusso di cassa a servizio del debito che supera i 55 miliardi l’anno, 5 milioni di disoccupati e 9 milioni di poveri, per non parlare dell’immigrazione di massa voluta dal grande capitale che viene percepita ovunque come sinonimo di insicurezza, la gente comune si rende conto che il sistema è entrato in una fase terminale’.
De Benoist conferma che il Rassemblement national, grazie alla sua determinazione a non posizionarsi fondamentalmente sullo spartiacque destra-sinistra, è diventato inizialmente il principale partito operaio francese. In seguito ha attirato gli agricoltori e una parte sempre più ampia della classe media, che ora è in fase di declassamento; diventando il principale partito delle classi lavoratrici. Il Rn di oggi attrae anche una parte dei dipendenti pubblici e persino una parte dei pensionati.
De Benoist fa notare come con il 29% dei voti Jordan Bardella è arrivato per la prima volta in testa a questa categoria. Si tratta di una frattura presente in tutta Europa tra élite e paese reale “profondo”, tra élite e ceti medi che in Francia- osserva- è ancor più profonda che altrove. I voti presi dal partito di Macron – il 15% – e lo sfondamento del 30% di Bardella è la raffigurazione plastica di uno iato “sociologico”. Per cui “affermare, come fa Emmanuel Macron, che tutti coloro che non condividono le sue idee appartengono alle “estreme” è semplicemente poco credibile. “Estremizzare” le richieste di oltre il 50% dei francesi significa di fatto legittimare l’estrema destra!”.
La tattica di Macron secondo molti analisti punterebbe al logoramento di Bardella in un futuro possibile governo di coabitazione. Una tattica che pecca di “ottimismo”, spiega. “Continua a credere (o finge di credere) di poter ancora vincere le legislative. Si basa sul fatto che le elezioni europee con un solo turno siano molto diverse dalle altre elezioni a due turni (con tutto quel che ciò implica in termini di contrattazioni tra i due turni). Ma ci sono buone possibilità che si sbagli, dato che le scadenze elettorali, quali che siano, si trasformano oggi di punto in bianco in referendum pro o contro qualcuno”.
A Repubblica si scatenano contro la destra, la premier Meloni e contro Marine Le Pen. Il quotidiano arruola il filosofo Bernard-Henri Lévy: ‘Il voto che ha premiato le destre europee, le nomine di Bruxelles a cui si lavorerà da stasera e la centralià del gruppo Ecr nei nuovi equilibri che si andranno a ridefinire caricano a mille i perdenti delle elezioni; e coloro che parlano nei loro retroscena di una premier “isolata”, di una premier “nervosa”. Il tiro al bersaglio del filosofo di sinistra inizia dalla Francia per poi sentenziare che le “democrazie sono sotto attacco”. Poi inizia una serie di voli pindarici che secondo il filosofo di sinistra tengono insieme l’avanzata delle destre in Europa, l’invasione dell’Ucraina; gli attacchi di Hamas e l’antisemitismo. Un filo conduttore che risale a Putin e alla strategia del Cremlino per indebolire l’Europa democratica. Insomma, tutto fuorché il volere dei cittaedini europei.
Le elezioni legislative in Francia – spiega – «sono un’operazione verità. La domanda che pone Macron è la seguente: “Volete veramente Le Pen al potere?, che i populisti di estrema destra si impadroniscano delle istituzioni, persone come Salvini?”. È questo il quesito». Un ragionamento pieno di disprezzo. Ma perché così tanti francesi hanno votato per l’estrema destra? gli chede Molinari. La risposta è banale e livorosa. «Perché tanti italiani hanno votato per Salvini e Meloni? Perché le sinistre, francese e italiana, stanno crollando». La “profondità” filosofia va a farsi benedire. Marine Le Pen è una Meloni francese?, è la domanda: «Una Meloni francese e forse persino una Meloni sommata a Salvini. Meloni e Salvini sono simili con differenze su certi punti, vedi la Russia e Putin. Le Pen e Bardella sono, insieme, Meloni e Salvini. È la pancia fascistizzante sommata al fronte filo Putin». Si commenta da sé
L’intervista è un profluvio di accuse contro i partiti di destra italiani e francesi: “L’estrema destra francese conduce da 10-15 anni una campagna con soldi russi. Anche l’estrema destra in Italia è finanziata da soldi russi: per esempio, Salvini». Parla di una “metafisica putiniana”, un grande disegno per indebolire le democrazie europee. La democrazia si ha – è l suo ragionamento- quando gli elettori non votano a destra. E infatti molto banalmente quando Molinari gli chiede che armi hanno le democrazie pere reagire, Henry Levy invoca la grande ammucchiata si sinistra. Tutto il mondo è paese: «Al punto in cui siamo, non faccio il difficile. Oggi siamo in emergenza, e io tendo la mano a chiunque difenda la democrazia, la costruzione europea e il suo futuro”. Poi il delirio: «Sono disposto ad allearmi con chiunque ritenga che sia necessario armare l’Ucraina; e permetterle di vincere questa guerra per respingere l’armata fascista».