Il prossimo passo è il primo – e forse unico dibattito – tra Trump e Harris, in calendario per il 10 settembre. L’evento potrebbe assomigliare a un incontro di pugilato, con un pugile stanco e anziano che combatte contro un avversario più giovane e più concentrato. Al momento, il pugile più giovane è il favorito.
Le rilevazioni demoscopiche, sia a livello nazionale che negli Stati indecisi, vedono Trump in momentaneo affanno rispetto alla candidata democratica appena incoronata con la nomination durante la Convention di Chicago. Il tycoon ha difficoltà a inquadrare la nuova rivale che fa il pieno di sostegni e fondi sulla scia della sbornia euforica seguita alla discesa in campo. Trump da parte sua tenta arrembaggi in ogni dove: «Harris avrebbe dovuto fare prima le cose che sostiene di voler fare ora, avrebbe potuto farle tre anni e mezzo fa», dice su Fox, commentando il discorso di Chicago dell’avversaria. Mentre su Truth, sottolinea che la candidata democratica è «tutta chiacchiere e distintivo», e ribadisce che pur essendo parte dell’amministrazione in carica non ha realizzato nulla di ciò che ha detto di voler portare avanti. Gioca poi la carta dell’ironia condividendo una foto della prima pagina del tabloid conservatore New York Post che raffigura Harris, Biden e Nancy Pelosi con la statuetta degli Oscar in mano e il titolo “è tutta una recita”, affermando che il premio va a questi democratici per la loro finta Convention.
Salta il duello televisivo del 10 settembre?
Lo staff dell’ex presidente Donald Trump sta sollevando nuovi dubbi sulla possibilità che il dibattito del 10 settembre con Kamala Harris su Abc si possa tenere come da programma. La causa sarebbe una disputa sulle regole. Lo ha riferito alla Cnn una fonte a conoscenza della questione. Secondo la fonte, il team di Trump vorrebbe che i microfoni fossero disattivati per tutta la durata del dibattito, tranne che per il candidato di turno quando chiamato a intervenire, come avvenuto durante il primo dibattito con il presidente Joe Biden. Lo staff di Harris starebbe invece chiedendo che Abc e le altre reti che intendono ospitare un potenziale dibattito che tengano i microfoni aperti, segnando un cambiamento rispetto al dibattito di giugno.
Kamala vuole cambiare le regole televisive
“Abbiamo detto ad Abc e ad altre reti che cercano di ospitare un possibile dibattito in ottobre che crediamo che i microfoni di entrambi i candidati debbano essere attivi per tutta la trasmissione”, ha affermato in una nota Brian Fallon, consulente senior per le comunicazioni della campagna di Harris. Lo staff di Trump ha sostenuto che Kamala Harris aveva in un primo momento accettato le stesse condizioni del dibattito con Biden.
Il dibattito televisivo tra gli sfidanti alla presidenza degli Stati Uniti Donald Trump e Kamala Harris previsto per il 10 settembre sull’Abc rischia di saltare.
Brian Fallon, consulente senior per le comunicazioni della campagna di Harris, afferma in una nota: “Abbiamo fatto sapere alla Abc e alle altre reti che vorrebbero ospitare un possibile dibattito in ottobre che crediamo che i microfoni di entrambi i candidati debbano essere attivi per tutta la trasmissione. Secondo noi chi gestisce Trump preferisce che il microfono sia disattivato perché non pensa che il suo candidato possa comportarsi da presidente da solo per 90 minuti.”
La replica di Donald Trump
Lo staff di Trump, dall’altra parte, replica che quando hanno accettato il dibattito sull’Abc sono state accettate le stesse regole del precedente dibattito con Biden.
Il consigliere senior di Trump Jason Miller afferma in una nota: “Basta con i giochetti. Abbiamo accettato il dibattito sulla Abc esattamente alle stesse condizioni del dibattito sulla Cnn. Lo staff di Harris, dopo aver accettato le regole delle Cnn, ha chiesto un dibattito seduti, con appunti e dichiarazioni di apertura. Abbiamo detto che non ci sarebbero state modifiche alle regole concordate. Se Kamala Harris non è abbastanza intelligente da ripetere i punti del messaggio che i suoi responsabili vogliono che memorizzi, è un loro problema.”
Il New York Times, notoriamente su posizioni liberal, parla oggi della rimonta operata da Kamala Harris in poco più di un mese, ma paventa il rischio che questo effetto si esaurisca e che dipenderà molto dalle strategie di Trump nelle prossime settimane. La partita è sempre incerta e il dibattito televisivo potrebbe fare la differenza.
“Ho raggiunto un accordo con i democratici per un dibattito con Kamala Harris”. Lo annuncia Donald Trump. Il dibattito sarà in diretta su Abc il 10 settembre. Trump spiega che “le regole saranno le stesse dell’ultimo dibattito della Cnn, che sono sembrate funzionare bene. Il dibattito sarà ‘in piedi’ e i candidati non potranno portare appunti o ‘foglietti riassuntivi’. Abbiamo anche ricevuto rassicurazioni dalla Abc che questo sarà un dibattito ‘giusto ed equo’ e che a nessuna delle due parti saranno fornite le domande in anticipo”.
Le campagne di Trump e Harris alla fine hanno raggiunto l’accordo sull’uso dei microfoni per il duello tv: resteranno chiusi quando a parlare sarà l’altro candidato. Lo staff della vicepresidente degli Stati Uniti aveva chiesto di permettere la replica in diretta, mentre quella di Trump era contraria. Nel duello con Joe Biden, i microfoni erano stati silenziati.
Il motivo della richiesta di Harris, secondo quanto avevano riportato nei giorni scorsi alcuni media, era che secondo la campagna democratica ci sarebbero state più possibilità di vedere Trump inciampare con qualche dichiarazione avventata, se avesse avuto la possibilità di intervenire in diretta.
Il piano di Joe Biden per l’immigrazione negli Usa conosce un brusco stop. Arriva dal Texas la decisione del giudice federale di stoppare il programma del presidente degli Stati Uniti( e di Kamala Harris, candidata alla sua successione) che garantiva automaticamente la cittadinanza statunitense a qualsiasi coniuge immigrato avesse sposato un americano(a).
Il giudice federale del Texas, J. Campbell Barker, ha bloccato temporaneamente il programma del governo Biden che potrebbe offrire un percorso verso la cittadinanza per un massimo di mezzo milione di immigrati irregolari sposati con cittadini statunitensi, pronunciandosi a favore di 16 stati a guida repubblicana che hanno fatto causa all’amministrazione federale.
“Aggirati i poteri del Congresso”
Il giudice J. Campbell Barker della corte distrettuale per il distretto orientale del Texas ha emesso la sospensione amministrativa per interrompere di fatto il programma, che ha iniziato ad accettare le richieste la scorsa settimana, in attesa che la corte decida il caso nel merito. A suo avviso il ricorso presentato dalla coalizione degli stati, guidata dal procuratore generale del Texas Ken Paxton, ha sollevato legittime domande sul potere del ramo esecutivo di aggirare il Congresso e decidere la politica sull’immigrazione.
In sostanza, il presidente Biden, secondo l’interpretazione del giudice, Biden avrebbe agito senza considerare i poteri del Congresso in sede di legislazione.
Possibile che si arrivi alla Corte Suprema
E’ possibile, a questo punto, che l’attribuzione sul conflitto dei poteri arrivi dinanzi alla Corte Suprema, il giudice delle leggi statunitense, la cui maggioranza dei componenti oggi sembra essere in mano ai repubblicani. E in ogni caso è un altro duro colpo sulle ambigue politiche della Casa Bianca in materia di immigrazione.
Che dirà Kamala Harris?
Kamala Harris, da un lato accusata di avere copiato il programma di Trump sull’immigrazione e di essere, quindi, poco liberal, dall’altro tacciata (da parte dei repubblicani) di essere sempre stata troppo morbida in materia di contrasto all’immigrazione illegale, materia in cui ha una delega specifica. La decisione del giudice federale texano stoppa la cittadinanza nell’immediato per 500mila persone. E non è poco.
Kamala Harris si presenta come paladina liberal degli Usa ma il suo piano migranti, secondo quanto riportato dai media americani, era più a destra di quello di Donald Trump e fu bocciato proprio dai repubblicani.
Il piano Kamala-Biden per i migranti in Usa
Nel 2021, Kamala Harris aveva spinto Joe Biden ad approvare un piano sull’immigrazione che in pratica ricalcava alla lettera il programma di Donald Trump e che prevedeva sanzioni durissime contro chi entrava illegalmente negli Stati Uniti e l’espulsione di milioni di cittadini. Il piano non venne approvato perché fu stoppato dal partito repubblicano, che allora aveva rapporti tesi con il tycoon. Ma dimostra la scarsa attitudine progressista della candidata democratica.
Per oltre due settimane il 66enne Ronald Syvrud ha continuato a lanciare intimidazioni e a minacciare di uccidere l’ex presidente Donald Trump.
Proprio quando Trump si trovava nella contea di Cochise al confine tra Stati Uniti e il Messico dove aveva in programma di tenere un discorso, la caccia all’uomo, scattata su vasta scala in tutto lo Stato, si è conclusa, dando gli esiti sperati: braccato e ricercato per diversi mandati di cattura pendenti che gravano su di lui per accuse di guida in stato di ebbrezza, omicidio colposo e mancata registrazione come molestatore sessuale – afferma un comunicato postato sulla pagina Facebook dell’ufficio dello sceriffo della contea di Cochise – l’autore delle sanguinose minacce di morte a Trump è stato scovato e arrestato.
Si tratta di un 66enne residente a Benson, Arizona, a circa 50 miglia a sud-est di Tucson e i media fanno notare che la vicenda si è consumata a poco più di un mese dall’attentato a Trump durante il comizio a Butler, Pennsylvania. Quando, era il 13 luglio scorso, dai tetti un 20enne ha sparato verso il tycoon, fortunatamente colpito solo di striscio.