Donald Trump, tra le altre, sta scrivendo un disegno di legge per la Camera degli Stati Uniti dai Repubblicani. La legge si chiama Save Act (Safeguard American Voter Elegibility) e, come ideata, negherebbe la libertà del diritto di voto a tantissime categorie di cittadini statunitensi. In poche parole la legge prevederebbe compressioni di libertà con conseguenti isolamenti per le persone e, in particolar modo, potrebbe impedire alle donne di votare
Con Save Act gli elettori dovranno fornire una prova documentata della cittadinanza, al momento della registrazione per votare. Già sappiamo che negli Usa il voto non è un diritto automatico e non accade quello che avviene in Italia, dove è sufficiente la tessera elettorale e un documento per accedere al seggio. La tesi a favore di questo emendamento sarebbe che, ad oggi, negli USA anche gli immigrati privi di cittadinanza, e quindi senza il diritto di voto, potrebbero votare.
Oltre ad essere basata su dati non reali, questa legge decreterebbe la fine dei metodi di registrazione al voto più snelli e amati dagli elettori. Negli USA si può già votare via posta, online e presso il DMV, se in quei giorni si deve rinnovare la patente. Inoltre, la questione più grave è che potrebbe togliere il diritto di voto alle poc (people of color), giovani elettori, emarginati e donne sposate.
Come avviene il controllo della cittadinanza negli USA?
Ma in che modo questo diritto potrebbe essere minato? Ad oggi il controllo della cittadinanza viene fatto con i metodi di registrazione già citati, esibendo anche i certificati online. Con la nuova legge invece gli elettori devono fornire la prova della cittadinanza di persona, come per esempio grazie a un certificato di nascita. Il problema nasce nel momento in cui ogni Stato della federazione ha in realtà una burocrazia a sé stante. Per cui, non sarebbe facile per tutti procurarsi il proprio certificato di nascita, soprattutto per chi vive dall’altra parte degli Stati Uniti, o se ci si trova in condizioni di non poter tornare di persona nel proprio Stato di nascita.
Gli americani in questo scenario sarebbero circa 21,3 milioni. Di questi, avrebbero maggiori difficoltà i meno abbienti visti i costi di un viaggio da Stato a Stato. A proposito della legge, il motivo per cui impedirebbe alle donne di votare riguarda soprattutto le donne sposate. Il 79% delle donne sposate eterosessuali, negli Usa, adotta il cognome del coniuge. Questo non corrisponde quindi a quello sul certificato di nascita o sul passaporto. Una donna sposata che ha, per esempio, il passaporto scaduto, o non lo ha mai avuto, non potrà votare alle prossime elezioni.
Le preoccupazioni sulla legge
Il Center for American Progress sottolinea preoccupazioni per questa legislazione, visto che per richiedere la presenza fisica e documenti originali per semplici modifiche, come un cambio di indirizzo o di affiliazione politica, rappresenterebbe un enorme passo indietro nella modernizzazione del sistema elettorale. Le conseguenze di una tale normativa sarebbero particolarmente problematiche per milioni di americani, in particolare quelli che vivono in zone rurali. Inoltre, il fatto che neppure le patenti di guida, le carte d’identità militari o tribali siano considerate prove valide di cittadinanza solleva ulteriori ostacoli, rendendo la partecipazione al voto più difficile per molte persone. Questa proposta legislativa, se implementata, potrebbe quindi avere un impatto significativo sulla partecipazione democratica, riducendo l’accesso al voto e complicando un processo che dovrebbe invece essere reso più accessibile e inclusivo.
La legge di Donald Trump che potrebbe togliere il voto alle donne è dettagliata da Metropolitan Magazine.
Un giudice federale ha ordinato all’amministrazione Trump di ripristinare immediatamente i finanziamenti ai programmi di aiuto all’estero e di sviluppo degli Stati Uniti. Secondo il giudice, l’improvviso congelamento ha provocato danni ingenti alle organizzazioni non profit e ad altre associazioni che contribuiscono all’assistenza cruciale degli Stati Uniti a livello internazionale.
La sentenza del tribunale segna una battuta d’arresto per l’amministrazione Trump nello smantellamento della decennale Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID). Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ed Elon Musk – che gestisce il Dipartimento per l’efficienza del governo (DOGE) – accusano l’agenzia di non essere in linea con i loro programmi.
La decisione della Corte distrettuale degli Stati Uniti a Washington è la prima a colpire quello che i gruppi di aiuto hanno descritto come un taglio improvviso e assoluto dei fondi USAID per i programmi all’estero. Associazioni, agricoltori e fornitori negli Stati Uniti e in tutto il mondo sono stati privati di centinaia di milioni di dollari per il lavoro già svolto.
Il giudice Amir Ali ha emesso il verdetto temporaneo in una causa intentata da due organizzazioni, la AIDS Vaccine Advocacy Coalition e il Global Health Council, che rappresentano le organizzazioni sanitarie che ricevono fondi statunitensi per lavorare all’estero. Ali ha osservato che l’amministrazione Trump ha sostenuto di dover chiudere i finanziamenti alle migliaia di programmi di aiuto USAID all’estero per condurre una “revisione approfondita” di ogni singolo programma e decidere se eliminarlo o meno.
Il giudice Ali ha affermato che “l’amministrazione Trump non ha offerto alcuna spiegazione sulle ragioni della sospensione generale di tutti gli aiuti esteri stanziati dal Congresso, che ha scatenato un’onda d’urto e ha messo a repentaglio i contratti con migliaia di gruppi no-profit, imprese e altri”.
Gli avvocati dell’amministrazione non sono riusciti a dimostrare di avere una “ragione razionale per ignorare le innumerevoli piccole e grandi imprese che dovrebbero chiudere i programmi o chiudere del tutto le loro attività”, ha aggiunto Ali.
La sentenza impedisce inoltre al segretario di Stato americano Marco Rubio e ad altri funzionari di Trump di far rispettare gli ordini di stop al lavoro che l’amministrazione Trump e Musk hanno inviato alle aziende e alle organizzazioni che eseguono gli ordini di aiuto all’estero.