Il 26 febbraio 2023 Elly Schlein, vinse le primarie dem e diventò la segretaria del Partito democratico. “Non ci hanno visto arrivare” fu la frase con la quale prese possesso del Nazareno. Ospite dei primi talk show, pochi capirono effettivamente che piega avrebbe dato al partito nel dopo-Letta. Anche adesso non è chiaro all’interno e fuori del Pd. L’unica certezza è che avrebbe spostato il partito su una linea massimalista, scontentando i riformisti e i cattolici dem. La sua prima conferenza stampa nell’aprile successivo fu evanescente: il termovalorizzatore di Roma? “Sono stata eletta da un mese”. Va bene, ma che ne pensa? “Ereditiamo scelte già fatte”. E se fosse toccato a lei decidere? “Non siamo contro”. Quindi si faranno altri inceneritori, sì o no? “Mi impegnerò nel confronto con i nostri amministratori”. Dialogo da supercazzola.
E l’Ucraina? Enrico Letta diceva che Putin va fermato, fiaccato e spinto alla pace. Lei? “Ho ribadito appoggio all’ambasciatore ucraino”, disse. Quindi è giusto aumentare le spese militari per contribuire alla difesa Nato? “Sono perplessa”, rispose. Cioè? “Sono più favorevole a politiche di difesa europea”. Le aperte perplessità sono tuttora ancora presenti. Con la Schlein tutto è un rebus, un rompicapo.
Il 6 giugno 2023 un sondaggio Swg per Mentana realizzato dopo 100 giorni dal suo insediamento alla segreteria del Pd, rilevò che l’”Effetto Schlein” – un piccolo balzo dalle percentuali lettiane- era già un ricordo. La rilevazione durante il Tg di Mentana dette conto della perdita di oltre mezzo punto in una settimana. Qualcuno osservò: “Elly si deva fare aiutare”.
“La storia triste” della segreteria della Schlein arrivò fino alla dèbacle delle Amministrative 2023 nelle quali Elly ottenne l’unica vittoria del Pd a Vicenza. Pensate, la segretaria fu pregata dal neo sindaco Possamai a «non farsi vedere in giro».
Giacomo Possamai, 33 anni, nuovo sindaco Pd di Vicenza. Di fatto, l’unica vittoria di rilievo per i dem in questa per loro disastrosa tornata di elezioni amministrative. L’unica vittoria di rilievo che, però, va di traverso ad Elly Schlein, la segretaria che ha messo la firma su questo rovinoso flop e che è già nel mirino della dirigenza del partito. Vittoria che ad Elly va di traverso perché Possamai, nel corso della campagna elettorale, si è affrancato da lei, ne ha preso le distanze, tanto da chiederle di non presentarsi a Vicenza per la campagna elettorale.
Possamai sembra scagliare più di una frecciata ad Elly Schlein e alla sua leadership. Quando gli chiedono come abbia fatto a riunire tutte le anime del centrosinistra, perennemente spaccato, spiega: “Comunicare è fondamentale. Ma per parlare chiaro agli altri, per essere convincente, devi essere unito al tuo interno, altrimenti fuori non ti capiscono. Per farcela devi unire, in nome di un progetto più grande. Ma le alleanze devono essere credibili”.
In questi due anni le sceneggiate dell’Aventino: uscire dall’aula per protesta contro la maggioranza di governo che non è certo la postura di una leader che vuole candidarsi alla presidenza del Consiglio. Poi, analoga realtà sull’alluvione dell’Emilia-Romagna: “da quelle parti s’è vista con clamoroso ritardo, e in una strada deserta dell’Appennino, paura di contestazioni?” disse un alluvionato. Perché — dicono nel Pd— “Elly dà sempre l’impressione di arrivare tardi e sempre un po’ generica”.
Dov’è Elly? divenne poi il tormentone delle redazioni politiche: la Schlein aveva promosso un’estate militante, incontri nelle fabbriche e più di recente incontri con gli imprenditori. Elly riscoprì le piccole e medie imprese, ma sempre fuori tempo massimo. I problemi del Paese? Fa finta che non esistono fino a che non tocca al governo risolverli. E allora lì si trincera nella frase che più ama: “dov’è la Meloni. La Meloni scappa. La Meloni venga a riferire in Parlamento”. Visione, politica estera? Vaga e poco chiara. Ma oggi, dopo due anni di «cura Schlein», qual è lo stato di salute del Pd? Innanzitutto, di correnti se ne contano almeno una decina, conteggiava il Corriere della Sera pochi giorni fa.
Parlando di numeri, il sondaggio di lunedì Swg per Enrico Mentana – ultimo in ordine di tempo- dà Fratelli d’Italia al 30,2% ed il Pd distanziato al 22,2%. In ultimo, il suo libro. Anche questo non l’anno visto arrivare: L’Imprevista, il titolo edito da Feltrinelli, ad ottobre 2024, a un mese dalla diffusione, risultò un flop, assente dalle classifiche: un dato editoriale ma soprattutto politico.
L’ultima “perla” quando parla dell’ennesima “trumpata”, il video su Gaza prodotto dall’IA, Elly delira: “Giorgia Meloni provi un briciolo di vergogna del suo sodalizio politico con chi incita ancora violenza dopo tutto questo sangue”.
Dal palco della direzione del Pd la segretaria spara contro il governo attingendo agli slogan più gettonati delle ultime settimane. Dopo gli insulti alla premier Meloni, Santanchè e Delmastro lancia una grande mobilitazione. Messa all’angolo da Giuseppe Conte tenta di riprendersi la scena. “Noi dobbiamo lanciare al Paese una sfida culturale. Non basta più parafrasare il presente ma costruire il futuro insieme che passa dalle priorità su cui abbiamo profilato il nostro partito, è necessaria una mobilitazione del partito per il progetto del Paese che ci terrà impegnati nei prossimi mesi. Il vocabolario del futuro non lo scriverà la destra. Riapriamolo sulla pagina della democrazia e dei diritti e scriviamo insieme un nuovo capitolo, con un dialogo aperto con la società e le rappresentanze del lavoro e del mondo produttivo, del terzo settore e delle competenze migliori. Aperto anche ai nostri interlocutori politici, naturalmente”.
“Abbiamo chiesto sempre accanto al sostegno al popolo ucraino un più incisivo sforzo diplomatico da parte dell’Europa. Se ci fosse stato forse non ci troveremmo in questa situazione in cui l’ultimo arrivato, Trump, dà le carte. La pace non può essere imposta con ricatti su terre rare e satelliti”. Immancabile la richiesta alla premier di riferire in Parlamento “quale ruolo l’Italia intende svolgere”.
Sul Medioriente Schlein torna a battere il tasto del riconoscimento dello Stato di Palestina. “Gaza appartiene ai palestinesi e i miliardi di Trump e Musk non potranno mai comprarla”. E ancora su bollette e riforma della giustizia. Nel giorno dello sciopero delle toghe la segretaria dem con scarso senso del ridicolo sostiene che la riforma Nordio “porta al sogno malcelato della destra: giudici assoggettati alla politica”. Sul caro bollette, neanche a dirlo “non basteranno pannicelli caldi”. Sul terreno minato dei referendum, che ha spaccato il partito a metà, invece chiede di tenere il punto, imbarazzata nel dover ammettere di essere sotto ‘ricatto’ di Landini e compagni. “Non chiediamo abiure ma un partito deve saper scegliere su un appuntamento così importante. Supporteremo il referendum sul lavoro e sulla cittadinanza”. Sulla destra è promette battaglia: “La batteremo non inseguendola sul terreno che scelgono ogni giorno. Li batteremo se li trasciniamo sul terreno dove stanno scomodi, dove non danno risposte, su quello sociale e economico che spaventa Giorgia Meloni che scappa e non ha il coraggio di ammettere quello che sta facendo”.