Europa malato in prognosi riservata

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Presentato dall’ ex Premier e ex Presidente della BCE, Mario Draghi, il rapporto di oltre trecento pagine sullo stato di ‘salute’ dell’ Unione europea. Indica con la massima urgenza i radicali cambiamenti strutturali, economici, politici , necessari per ritornare ad un UE competitiva , a creare ricchezza e garantire il benessere dei suoi cittadini e ritrovare quel consenso intorno ai suoi valori fondanti: democrazia, libertà, coesione sociale. Senza sconto alcuno , su come i governi dei singoli stati membri, hanno gestito in modo miope le politiche di coesione negli ultimi vent’anni, accumulando ritardi quasi incolmabili. Ma le soluzioni proposte da Draghi, tenendo conto della lentezza elefantiaca con cui si muovono i singoli governi, hanno poche speranze di essere attuate. Nell’ipotesi negativa , come lo stesso Draghi ha detto, l’ UE è destinata ad una lenta agonia. L’ analisi fatta dall’ economista è tanto lucida e tanto impietosa per la gravità che ne emerge. L’ Europa è un malato in prognosi riservata. O si darà un governo unitario in politica estera, economica, difesa, commercio e industria, lasciandosi alle spalle i ritardi cronici dei singoli governi o è la fine. Una sfida, dunque, per la sopravvivenza, che l’ Europa dovrà necessariamente raccogliere. Oggi l’ UE langue in una crisi politica ed economica senza precedenti, con i due Paesi, Francia e Germania, che fino a qualche anno fa erano le forze propulsive, oggi le stesse hanno governi precari e dilaniati da lotte interne e sfiduciati dagli elettori. L’ Italia che un tempo faceva da contraltare all’ asse franco- tedesco e da mediatore, oggi è sempre più isolata nella sua deriva sovranista e populista. La stessa coalizione di centro-sinistra che ha riconfermato la Von der Leyen alla guida della Commissione Europea e’ attraversata da divisioni e guerre intestine. Sul documento di Draghi i tedeschi hanno già fatto sapere che non sono d’accordo sull’ idea di nuove emissioni di debito comune per contribuire a mettere insieme la cifra di ottocento miliardi, necessaria a salvare l’ Europa. Ma proprio la fragilità dei governi e la loro incapacità di opporsi all’ adozione del piano Draghi, potrebbe favorirne la sua adozione. Questo è l’ ultima occasione per favorire lo stato sociale e lo sviluppo economico e riconquistare il consenso perduto. Il futuro prossimo ci indicherà la strada che l’ UE ha imboccato. Auguriamoci che finalmente il convitato di pietra scenda dal piedistallo.

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