Europee: scrivo Giorgia e voto Meloni, il voto è valido

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“Mi candido alle elezioni Europee e chiedo agli italiani di scrivere il mio nome sulla scheda elettorale, usando il mio nome di battesimo perché io sono e sarò sempre una di voi”. Il presidente del consiglio dal  palco di Pescara, nell’annunciare la sua candidatura alle Europee come capolista in tutte le circoscrizioni, ha invitato tutti a scrivere sulla scheda anche solo ‘Giorgia’. Non bisogna aggiungere il cognome: il voto è valido comunque. Ed è possibile perché in Italia vige il principio del ‘favor voti’. E’ previsto dalle norme legislative in tema di elezioni ed è un principio molto semplice: la validità del voto contenuto nella scheda deve essere ammessa ogni qualvolta sia possibile desumere l’effettiva volontà dell’elettore. Naturalmente l’utilizzo del nome proprio deve comparire sui manifesti elettorali e non devono esserci ‘doppioni’, come nel caso della Meloni più persone candidate con il nome Giorgia. In questo caso è obbligatorio scrivere anche il cognome. Dunque tecnicamente è possibile. E lo conferma anche il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. “C’è la possibilità nelle elezioni di ogni tipo di dare all’elettore la scelta se mettere il nome per esteso oppure semplificarlo quando è chiarito in fase di presentazione di candidatura come è sostituibile il nome. Accade in tutte le elezioni, quindi ci sarà scritto ‘Giorgia Meloni detta Giorgia’. È una possibilità che la norma dà proprio per semplificare il concetto”. Questa formula tecnica è stata utilizzata dalla Meloni per essere vista dagli elettori come ‘una di voi’, quindi un’amica, e non una persona chiusa nelle segrete stanze del potere. Insomma, una della porta acconto. Una donna di cui fidarsi. Un escamotage per essere facilmente riconosciuta e quindi votata. Mediaticamente è sicuramente una scelta valida perché dovrebbe servire ad evitare quel distacco tra elettore e candidato che in questo caso è anche presidente del consiglio. La scelta di ‘Giorgia’ non è assolutamente nuova e ci sono casi ‘illustri’ che l’hanno preceduta. Caso esemplare è stato quello di Marco Pannella, che sulla scheda elettorale era ‘Giacinto Pannella detto Marco’: il suo primo nome era Giacinto ma da tutti era conosciuto come Marco. Anche il sindaco di Milano ha utilizzato il diminutivo del suo nome per essere facilmente riconosciuto dagli e elettori e quindi essere votato: sulla scheda elettorale, infatti, era scritto “Giuseppe Sala detto Beppe”.

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