Dario Franceschini, segretario dem dopo Walter Veltroni, più volte ministro e parlamentare, propone quello che potremmo chiamare il lodo franceschiniano, lanciato tramite intervista a Repubblica, che risulta incomprensibile ai dem che si chiedono: dove vuole andare a parare? Tanto che la segretaria ottiene al telefono rassicurazioni: «Non è un messaggio contro la tua leadership, anzi punta a rafforzarla».
Ha fatto discutere il “modulo” Franceschini illustrato a Repubblica qualche giorno fa. ‘Per vincere non serve fare una coalizione che sia d’accordo su tutto’, è il suo pensiero. Basta un cartello elettorale per andare uniti nei collegi uninominali. E un patto tra gli alleati che assegni al partito che arriva primo l’indicazione del presidente del Consiglio. I programmi verranno dopo – la risposta a domanda, precisa Franceschini: “Ci si confronterà e si troverà il punto di mediazione”. Quanto al programma di governo “molte cose si discuteranno dopo il voto”, sostiene Franceschini sposando la tesi – errata- che anche il centrodestra “in fondo” fa così. Non è vero, visto che gli italiani hanno dato fiducia al centrodestra sulla base di un programma condiviso dai singoli partiti, e non il contrario.
Franceschini cerca una strategia per rendere evidente il nodo dell’orientamento politico e programmatico del Pd che, al momento, non è ravvisabile perché non c’è. Elly Schlein rigetta totalmente l’ipotesi Franceschini non entrando nemmeno nel merito dell’ipotesi, affermando di preferire ‘temi concreti’. Temi concreti che, al momento, non ci sono, visto che al dibattito interno nel, e del, Pd la segretaria preferisce la via breve e facile che è niente altro che giocare di rimessa sui temi forniti dalla maggioranza di governo, che consistono semplicemente nell’opporsi all’esecutivo con poche ed inutili e ossessive battute del tipo: “Il governo spieghi”. “Meloni venga in Parlamento”, “Il governo riferisca alla Camere”. “Il ministro xy si dimetta” e altro. Schlein non parla del futuro che immagina per il Pd; parla del caso Visibilia, del caso Almasri, dell’Autonomia, fino al terzo mandato, oltre alla manifestazione visibile del fascismo, in realtà inesistente. La Schlein è simile ad una bambina che intona canti carnascialeschi sfidando l’avversario con spade di plastica.
La segretaria rifugge le problematiche politiche come il battesimo di Comunità democratica, l’ala catto-dem, il confronto o scontro con Delrio, il sindaco Sala, Pierluigi Ernesto Maria Ruffini e Romano Prodi. La segretaria dem replica, come detto, al lodo Franceschini: «Preferisco i temi concreti, non entrerei in questo dibattito», rispondendo in un’intervista al Mattino di Padova.
Il dibattito Franceschini afferma: «Si dice spesso che la destra si batte uniti. Io mi sono convinto che la destra la battiamo marciando divisi. I partiti sono diversi e lo resteranno, è inutile fingere che si possa fare un’operazione come fu quella dell’Ulivo», è la sua analisi. Da qui la proposta: «Si vada ognuno per proprio conto, valorizzando le proprie proposte e l’aspetto proporzionale della legge elettorale. È sufficiente stringere un accordo sul terzo dei seggi che si assegnano con i collegi uninominali per battere i candidati della destra».
Non si tratta, spiega, in un liberi tutti. L’attuale Rosatellum prevede una scheda unica con il candidato del collegio uninominale e le liste dei partiti che lo sostengono, quindi non sono possibili desistenze vecchia maniera: l’alleanza va siglata. Ma un conto è un’alleanza “tecnica”, elettorale, un conto è la costruzione di una coalizione con un capo politico e con un programma dettagliato. Pochi punti in comune, visto che la presentazione di un programma dell’alleanza è prevista dal Rosatellum, e ognun per sé con i suoi temi da proporre agli elettori. Uno schema che per altro presuppone che il partito che prenderà più voti esprimerà il premier in caso di vittoria.