Sandokan torna al 41 bis. La Procura di Napoli ha deciso di interrompere il percorso di collaborazione iniziata diversi mesi fa da Francesco Schiavone. Per gli inquirenti le dichiarazioni rese fino ad ora dall’ex capoclan dei Casalesi sono state inutili ai fini delle indagini che avrebbero voluto portare a smantellare quell’ala ‘armata’ della camorra. I pm anticamorra, coordinati dal Procuratore Nicola Gratteri, hanno chiesto al ministro della Giustizia di revocare il programma di protezione cui era sottoposto Schiavone e quindi il ritorno alla detenzione in regime di 41 bis. Il pentimento di Sandokan risale al marzo scorso e gli inquirenti pensavano che le dichiarazioni del 70enne ex boss di Casal di Principe potessero servire a far luce su alcuni misteri irrisolti, come l’uccisione in Brasile nel 1988 del fondatore del clan Antonio Bardellino, o sugli intrecci tra camorra e politica. Ma gli investigatori non hanno ravvisato elementi di novità o di interesse investigativo nei suoi racconti e da qui la necessità di far ritornare l’ex boss al carcere duro. Francesco Schiavone è stato arrestato nel 1998, poi condannato all’ergastolo nel maxi processo Spartacus e per diversi omicidi. Prima di lui avevano deciso di pentirsi il figlio primogenito Nicola, nel 2018, e nel 2021 il secondo figlio Walter. L’altro figlio Emanuele Libero è uscito di cella lo scorso aprile. Resta in carcere l’altro figlio Carmine, mentre la moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa, non è a Casal di Principe.
Francesco Schiavone: stop alla collaborazione con la Procura di Napoli, torna al 41 bis
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