La Francia è sempre la Francia e Macron è sempre Macron. Del resto ognuno ha quel che si merita. L’inquilino dell’Eliseo era precipitato alle elezioni europee che videro crescere esponenzialmente il consenso transalpino in favore dell’estrema destra, cosa che portò il presidente a sciogliere le camere e indire nuove elezioni politiche interne. Dopo due turni elettorali la Francia si trova davanti a un quadro che vede la sinistra trionfare come primo partito e ridimensionata, grazie a un accordo di non belligeranza della compagine presidenziale, la destra della Le Pen. In questa cornice, quindi, occorre affidare a un pittore il compito di disegnare il nuovo quadro governativo francese. E così, Macron non smentendosi per le sue scelte contrapposte decide di affidare l’incarico di primo ministro a Michel Barnier. Una scelta che fa passare il testimone da un giovane 35enne, Gabriel Attal, a un più che maturo 73enne, prima radicale inversione di rotta anche se solo di tipo anagrafico. Ma lo chef dell’Eliseo condisce la scelta del suo piatto servito ai francesi di un altro elemento dal marcato sapore politico, in questo caso, affidando il ruolo ad un esponente del centrodestra gollista, in barba al successo elettorale riscosso dal Nuovo Fronte popolare di sinistra. Ma del resto da un presidente che decide di far disputare le gare olimpiche acquatiche nella melma di un fiume cosa ci si può aspettare? In fondo sempre di melma si tratta che sia fluviale o politica per Macron e i francesi sembra far poca differenza. Non si può dimenticare che si tratta di un popolo che per cambiare le cose non ricorse a una democratica elezione ma a una serie di cruente decapitazioni.