Generale Vannacci, tra borseggiatrici incinte e famiglie queer

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Roberto Vannacci, in un incontro elettorale a Udine  ha rilasciato nuove, controverse dichiarazioni. Parlando di borseggiatrici ha lanciato la proposta del lavoro in fattoria per le ladre incinte, poi ha attaccato il concetto di famiglia queer.

“Non possiamo continuare a tollerare che a Milano ci siano le borseggiatrici nel metrò, che continuano imperterrite la loro attività criminale perché sono incinte“, ha detto il generale Roberto Vannacci.  

“Bisognerà trovare un sistema per comunque garantire la dignità, sia di queste signore sia dei figli che stanno per nascere, ma non possono continuare a nuocere l’attività sociale degli altri cittadini. Potrebbero essere spostate in una bellissima fattoria – ha dichiarato dove lavorando potrebbero anzi contribuire al bene sociale, invece di lasciarle portare avanti queste loro azioni criminose”.

“Nessuno vuole essere dittatoriale – ha precisato -, imporre la galera o qualche norma o principio che potrebbe essere fatto risalire a chissà quale regime del passato. Bisogna prediligere i cittadini che contribuiscono come soggetti attivi alla nostra società e mettere in condizione di non nuocere chi si intralcia con questo principio”.

Il caso delle borseggiatrici responsabili dei furti nella metropolitana a Milano ha riacceso i riflettori sulla questione delle detenute madri e dei figli minori

Oggi la questione delle detenute madri e dei minori è regolata, tra gli altri, dall’articolo 146 del codice penale sul rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena. L’articolo in questione prevede che l’esecuzione di una pena che non sia pecuniaria debba essere differita per le donne incinte, per le madri che hanno un figlio di età inferiore a un anno e per coloro che sono affetti da Aids conclamata o da un’altra malattia grave. Nel caso di interruzione della gravidanza o che la donna venga dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale sul figlio, il differimento non opera o viene revocato.

L’articolo 11 comma 9 della legge n. 354 del 26 luglio 1975, la legge sull’ordinamento penitenziario, prevede che le detenute madri possano tenere con loro i figli fino ai tre anni. La legge in questione, insieme ad alcuni articoli del codice di procedura penale, è stata modificata con l’introduzione della legge n. 62 del 21 aprile 2011. Modificando il comma 4 dell’articolo 275 del codice di procedura penale, infatti, la suddetta legge stabilisce che per le madri con figli di età non superiore a 6 anni conviventi non venga applicata la custodia cautelare in carcere salvo esigenze di eccezionale rilevanza. Inoltre, la legge aggiunge l’articolo 285 bis nel codice di procedura penale, che prevede che per le donne in gravidanza e per le madri con figli di età inferiore ai 6 anni, il giudice possa disporre la custodia presso un istituto a custodia attenuata, un Icam in caso di esigenze di particolare rilevanza. Con un’integrazione dell’articolo 284, invece, la legge n.62 del 21 aprile 2011 aggiunge che gli arresti domiciliari vengano disposti in una casa famiglia protetta.

Secondo l’articolo 2 della legge, la madre condannata, imputata o internata con provvedimento del direttore o del magistrato, ha inoltre diritto a visitare il figlio minore se in gravi condizioni di salute o in pericolo di vita. Inoltre per le madri di figli di età inferiore ai 10 anni anche non conviventi che siano internate, condannate o imputate, hanno la possibilità di assisterlo durante le visite specialistiche se sussistono gravi motivi di salute.

L’articolo 3 della legge, invece, modifica l’articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 che riguarda la detenzione domiciliare, e permette a una donna incinta o con figli di età inferiore ai 10 anni con lei conviventi di scontare la pena in regime di detenzione domiciliare nella sua abitazione, in un luogo di cura e anche in case famiglia protette. Inoltre, l’articolo modifica anche l’articolo 47-quinquies della legge n. 354 del 1975 sulla detenzione domiciliare speciale per le madri con figli di età inferiore ai 10 anni anche nel caso di una pena di lunga durata.

Inoltre, le madri possono espiare un terzo della pena (o 15 anni se condannate all’ergastolo) in un Icam, in un’abitazione privata, in un luogo di cura, assistenza o accoglienza se non sussiste un pericolo di recidiva, in una casa famiglia protetta.

La Lega ha presentato un’altra proposta per cancellare il differimento automatico della pena per le donne incinte e con figli di età inferiore a un anno, proprio in riferimento alle borseggiatrici di Milano.

Il generale candidato con la Lega è poi andato all’attacco delle famiglie queer, contestando il fatto che chi è contrario a questa idea “viene definito un retrogrado e troglodita”.

“Io mi sveglio questa mattina, incontro 3-4 persone per la strada e dico ‘venite, costituiamo una famiglia’, poi domani mi stanco e dico ‘no, tu non ne fai parte, ne entra a far parte quell’altro’, ha detto Vannacci dando la sua personale visione su come nasca una famiglia queer.

“Ecco, questa è in maniera molto semplice – ha aggiunto – quella che è considerata la famiglia queer cioè una famiglia che può essere composta da chiunque sulla base del sentimento della persona, che quella mattina decide come deve essere composta la propria famiglia”.

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